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Europee, nel Ppe non si mescoli la lana con la seta

lega

Capita ormai sempre più spesso che esponenti politici in giro nelle varie trasmissioni televisive ripudino l’etichetta destra e sinistra, preferendo collocarsi in caselle contrassegnate da nuovo lessico, temendo di essere rinchiusi in spazi politici antidemocratici e totalitari come fascismo, nazionalsocialismo, comunismo. E allora optano per un nuovo vocabolario che legittima, attraverso anche il bombardamento dei mezzi di informazione, la moderna terminologia che utilizza parole come sovranisti, populisti, qualunquisti a destra; progressisti, democratici a sinistra. Nonostante però la riformulazione lessicale, la sostanza non cambia. Lo abbiamo constatato proprio su Formiche.net.

Dalle colonne di questo giornale qualche giorno fa, nell’intervista rilasciata dal presidente del Partito Popolare Europeo al bravo Francesco Bechis, Daul ha chiarito in modo inequivocabile che lui ha un’idea chiara di chi deve restare fuori dalle trattative per nuove maggioranze al prossimo Parlamento Europeo: un’alleanza con il Fronte delle Libertà di Matteo Salvini e Marine Le Pen “non è un’opzione per il Ppe”. Un pensiero da condividere senz’altro. Non si possono confondere i fomentatori di odio, come gli appartenenti ai gruppi dell’estrema destra francese e italiana, coi veri costruttori e difensori della democrazia. È necessario rimarcare fermamente questo aspetto, in Europa come in Italia, per evitare che in prossimità delle prossime elezioni europee non ci siano equivoci, bisogna vigilare che in maniera subdola si agevoli la vulgata tendente a confezionare macedonie avariate, indigeste per i genuini elettori democratici.

I populisti o sovranisti non hanno niente in comune coi “popolari”, per cui è doveroso distinguerli con estrema nettezza. Insomma, Salvini alleato in Europa con la Le Pen e Orban, mai potrà avere diritto di accesso al Ppe. E le parole di Daul, rispecchiando un comune sentire, sono molto eloquenti e rasserenanti. Non a caso in molti si stanno spendendo per ricostruire un partito che ritorni al “popolarismo”, cultura politica tuttora apprezzata e valida, per strutturare le varie espressioni che guardano a disegni riformatori, sia in campo politico che economico.

Esistono forze politiche non più ispirate culturalmente, senza solidi fondamenti etici, che vivono la politica come pratica di transazione continua, e non come esercizio del buon governo. È ignoto l’ubi consistam di Pd, Forza Italia, M5S, Lega di Salvini che avendo forse scarsa considerazione di sé e della storia di appartenenza o della loro non storia cercano con fare tartufesco di camuffarsi dietro genericità e anonimato. L’unica cultura che può vantare elementi di modernità, concretezza, stima e originalità è quella che si richiama al “popolarismo” in Italia e in Europa.

Il Ppe dopo Maastricht ha subito profonde involuzioni, al punto da avallare eterogeneità perniciose per l’identità dello stesso gruppo popolare a Strasburgo. Sono pertanto incoraggianti le dichiarazioni di Joseph Daul, non solo per il ritorno all’identità vera del gruppo dei Popolari, ma soprattutto per correggere tramite i suoi esponenti illuminati gli errori sin ad oggi compiuti dai vari organismi europei di governo a Bruxelles e a Strasburgo.


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