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A M5s conviene (ri)mettere al centro le sfide ambientali. L’opinione di Zanchini (Legambiente)

Di Edoardo Zanchini
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‎Viviamo tempi di cambiamenti vorticosi. In cui ogni giorno esplodono questioni, si aprono polemiche che poi altrettanto velocemente scompaiono dall’attenzione mediatica e politica. I temi ambientali sono al centro di questo scenario di conflitti quotidiani in cui le posizioni dei partiti diventano flessibili, adattandosi al dibattito in corso, per cui quello che sembrava impossibile fino a pochi mesi fa diventa improvvisamente scontato.‎ Attenzione a sottovalutare la portata di quanto sta avvenendo. Perché certifica da un lato la centralità della questione ambientale, trasversale a larga parte delle vicende di cronaca e di alcune delle più grandi questioni aperte nel nostro Paese: dall’emergenza rifiuti agli impatti dei cambiamenti climatici, dalla Tav al Tap, passando per l’Ilva e il blocco degli autoveicoli diesel in Pianura padana. Ma tra le ragioni di questa improvvisa attenzione per i temi ambientali nel nostro Paese c’entra anche molto la novità portata dal Movimento cinque stelle nella politica italiana. Perché mai un partito che aveva fatto dell’ambiente un tratto così distintivo della sua iniziativa politica era riuscito a raggiungere un successo come quello raggiunto alle elezioni del 4 Marzo scorso.

La sensibilità e l’interesse verso questi temi è da tempo in crescita tra i cittadini, come la preoccupazione per le conseguenze dell’inquinamento sulla salute, e questa scelta partigiana ha sicuramente pagato in particolare catturando voti a sinistra. E questi temi sono risultati poi al centro del programma del governo del cambiamento, con chiari impegni che riguardano la tutela e valorizzazione ambientale e la lotta ai cambiamenti climatici, l’economia circolare, le bonifiche, la riqualificazione edilizia, la mobilità elettrica e i pendolari. Non solo, una volta definita la compagine di governo si è creata una situazione senza precedenti, con i ministeri dell’Ambiente, dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture in mano al Movimento Cinque Stelle. Per cui davvero la strada sembrava spianata per un cambiamento dell’agenda politica in una direzione ambientalista.

A quasi sei mesi dalla nascita del governo sono più i mal di pancia e i conflitti aperti che i segnali di una reale inversione di rotta. I condoni edilizi introdotti per gli abusi realizzati ad Ischia e nel Centro Italia, inseriti nel decreto per Genova, hanno rappresentato una inversione a U clamorosa per un Movimento che aveva fatto della battaglia per la legalità un suo tratto identitario. Ma ancora più incredibile è risultata l’assenza dalla Legge di Bilancio di qualsiasi provvedimento di carattere ambientale. Non c’è un euro in più per i pendolari o per le bonifiche, per le rinnovabili o per la mobilità elettrica. E a certificare questa situazione, per diverse ragioni inaspettata, sono i dati del ministero dell’Economia che raccontano una ulteriore riduzione nel 2019 della spesa primaria per la protezione dell’ambiente e l’uso e gestione delle risorse naturali. Saranno 2,4 i miliardi di Euro impegnati, pari allo 0,4% del bilancio dello Stato. Sono 100 milioni di Euro in meno di quanto previsto dal governo Gentiloni lo scorso anno e in continuità con i tagli realizzati negli ultimi dieci anni.

Proprio intorno alla Legge di Bilancio si aprirà un passaggio parlamentare di particolare interesse da un punto di vista politico. Perché fino ad oggi i parlamentari hanno lavorato soprattutto su Decreti urgenti provenienti da Palazzo Chigi, con pochissimi margini di manovra perché frutto dell’accordo politico tra i due partiti che compongono la maggioranza per cui si votano i rispettivi provvedimenti di interesse e senza modifiche. Decreto sicurezza, legittima difesa e pensioni che interessano al partito di Salvini. Anticorruzione, condono edilizio e reddito di cittadinanza al Movimento fondato da Beppe Grillo.

Bisognerà vedere se con la Legge di Bilancio i parlamentari cinque Stelle saranno capaci di introdurre quanto promesso in campagna elettorale per l’ambiente. O se nelle prossime settimane i ministeri guidati dal generale Costa, da Di Maio e Toninelli saranno capaci di lanciare segnali davvero di discontinuità per cui oltre a fermare quanto trovato negli uffici si comincia a dare gambe a un modello alternativo in settori strategici come sono l’energia, i rifiuti, la mobilità, la riqualificazione urbana. Oltretutto non ci sarebbe neanche bisogno di aprire nuovi fronti di scontro con Bruxelles. Perché le direttive già spingono da tempo in quella direzione di marcia e il taglio dei sussidi alle fonti fossili o il via libera ai provvedimenti per l’economia circolare e per l’autoproduzione da fonti rinnovabili non solo non determinano impatti sul bilancio, ma addirittura liberano risorse per investimenti. Chissà che l’emorragia di consensi di cui soffre il Movimento 5 Stelle non possa essere bloccata proprio puntando a un rilancio del Paese che metta al centro le sfide ambientali.

 

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