Enrico Letta è un uomo delle istituzioni. Pur essendo considerato giovane, ha un curriculum denso di incarichi, in Parlamento, nel partito e nel governo. Il presidente incaricato non è però un professionista della politica, perlomeno non nel senso negativo. Ha invece passione e curiosità per il dibattito e non è un caso che abbia, nel corso della sua carriera, sempre partecipato alle attività di fondazioni e associazioni. Dall’Arel fondata da Beniamino Andreatta sino al think tank Vedrò, Enrico Letta ha sempre coltivato una idea virtuosa di “rete”, non solo di relazioni fra le persone ma anche e soprattutto di idee e proposte di governo. Questa premessa è fondamentale per comprendere le ragioni di fondo per cui il suo nome è stato proposto, con larghissimo consenso, per Palazzo Chigi.
Il percorso che ha portato allo sblocco dell’impasse istituzionale che si era determinata con il cortocircuito Quirinale-governo ha però un protagonista chiarissimo, anche se rimasto sempre distante dai riflettori dei media. Il suo nome è Letta, Gianni Letta. Il più stretto e fidato collaboratore di Silvio Berlusconi appare infatti come l’artefice di una strategia politica che ha portato il leader del Pdl ad essere player centrale e determinante di questi ultimi due mesi, dalle elezioni ad oggi. Anche il più strenuo detrattore del Cavaliere non può che riconoscere come il centrodestra si sia mosso in questa delicatissima fase storica senza commettere errori o sbavature. Senza nulla togliere alle capacità personali di Berlusconi, la strategia dell’armonia suggerita dall’ex sottosegretario è risultata l’arma vincente per evitare il baratro di nuove elezioni in un contesto da guerra civile.
Il fatto che il gioco ad incastro si sia chiuso sul nome di Enrico probabilmente non favorirà Gianni. Anzi, la parentela non rende giustizia ai meriti di entrambi. Per l’ex direttore del Tempo soluzioni come quella di Giuliano Amato o di Matteo Renzi probabilmente sarebbero state, dal punto di vista egoistico, preferibili. L’interesse di una intesa politica piena ha condotto però verso il Letta più giovane e così è stato. Se in queste ore decisive Berlusconi è potuto partire per gli Stati Uniti con una certa serenità è perché a Roma è rimasto colui che viene definito come “l’eminenza azzurra”. D’altra parte, nel tempo lo stesso ex premier ha imparato a conoscere la differenza fra king e king-maker. Quest’ultimo è senz’altro un abito che sembra essere stato fatto su misura per lui, Gianni Letta. Ispiratore di quello che per il centrodestra si profila come un vero e proprio capolavoro politico.