Sua moglie, marocchina, ha un permesso di soggiorno; i quattro figli vanno regolarmente a scuola. Lui, invece, non lavorava e aveva un altro progetto: avvelenare l’acqua in qualche zona della Sardegna. Lo sapevamo già e le conferme continuano ad arrivare: l’Isis è in Italia. Le armi chimiche, quelle più facili da trovare e più difficili da intercettare, sono quelle che Amin Alhaj Ahmad, 38 anni, libanese di origine palestinese residente a Macomer (Nuoro), ha cercato e tentato di acquistare sul web. L’uomo, giunto in Italia in aereo per ricongiungimento familiare proveniente da un campo profughi in Libano, è stato arrestato dalle Digos di Cagliari e Nuoro, coordinate dal Servizio per il contrasto dell’estremismo e terrorismo esterno della Direzione centrale della Polizia di prevenzione, con l’intervento del Nocs che l’ha bloccato appena salito su un furgone. Il tutto in orario insolito per un blitz, mattutino, una scelta fatta per tutelare i bambini e si è agito dopo che erano andati a scuola. L’accusa è di associazione con finalità di terrorismo internazionale come appartenente allo Stato islamico e perché stava pianificando un attacco in Sardegna, contestata dalla procura distrettuale di Cagliari coordinata dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.
LA NOTIZIA DAL LIBANO
Tutto nasce da un analogo attentato sventato in Libano dove il cugino dell’arrestato stava pianificando l’avvelenamento con la ricina di una cisterna d’acqua a servizio di una caserma dell’esercito libanese, progetto al quale ha collaborato lo stesso Ahmad che aveva intenzione di replicarlo in Italia. Il 17 settembre attraverso l’Interpol è arrivata la notizia della procura generale presso la Corte suprema libanese e sono partite le indagini con una perquisizione, intercettazioni telefoniche, informatiche, ambientali, senza perdere di vista l’uomo la cui individuazione a Macomer è avvenuta con il supporto dell’intelligence.
“ASPETTO CHE RIFONDINO ROMA”
Le indagini hanno svelato una diretta appartenenza all’Isis, una totale adesione al pensiero di Abu Bakr al Baghdadi e Ahmad aspettava che “i fratelli musulmani rifondassero Roma”, una conferma che il centro della Cristianità resta un obiettivo geografico, ideologico e religioso per i terroristi. Quella frase era stata scritta su un forum di jihadisti, ghuraba.top, e “apprezzata” dall’arrestato. Il procuratore nazionale antiterrorismo, Federico Cafiero de Raho, ha parlato di ricina e di antrace per un’ipotesi di avvelenamento da attuare durante una festività, ma su questo finora non ci sono riscontri. Così come, finora, non c’è nessun collegamento con la sede della Brigata Sassari di stanza a Macomer, nonostante in Libano l’attentato sventato riguardasse una cisterna utilizzata dall’esercito libanese.
“EPISODIO SIGNIFICATIVO E PREOCCUPANTE”
Il direttore della Polizia di prevenzione, Lamberto Giannini, ha definito “veramente significativo e preoccupante” quanto emerso dalle indagini perché dimostra “un passo in avanti non del singolo, ma di un soggetto che segue le indicazioni dello Stato islamico” relative anche al reperimento sul web di sostanze da avvelenamento. Ahmad ha cercato e in qualche caso cercato di acquistare sostanze tossiche biologiche come Aflatossina 1 e chimiche come Metomil. Anche una sola molecola di aflatossina può causare un’emorragia o un cancro. Riguardo al Metomil, il pesticida può essere acquistato legalmente solo con un patentino e con percentuale di sostanza tossica non superiore al 25 per cento, mentre il palestinese ne stava cercando confezioni con il 90 per cento di tossicità. Dunque, un soggetto estremamente pericoloso, del tutto dedito all’ideologia jihadista da cui era affascinato.
POCHI SOLDI E L’IPOTESI DELLA FUGA
La moglie e i figli non sapevano niente delle intenzioni dell’uomo, molto introverso, che per i due mesi di controlli 24 ore al giorno non è mai uscito di casa per compiere qualunque tipo di lavoro. Il reddito era basato sul sussidio previsto per famiglie indigenti: la famiglia abita in un alloggio popolare assegnato alla donna prima della convivenza con l’arrestato, dal quale ha avuto altri figli oltre a quelli di una precedente unione. Eppure nei giorni scorsi Ahmad ha ritirato 5.700 euro dal conto corrente, svuotandolo, e ha cercato il proprio passaporto perché secondo gli inquirenti era vicino a compiere un attentato e pensava di fuggire. Maurizio Romanelli, capo del pool antiterrorismo della Dna, ha rimarcato non solo la collaborazione tra le varie componenti italiane del sistema sicurezza, ma anche la cooperazione giudiziaria internazionale come Giannini ha sottolineato quella con la polizia libanese. Soprattutto, Romanelli ha ribadito che “bisogna tenere alta l’attenzione anche se il fenomeno è silente”.