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Panama Papers, perché la polizia ha perquisito Deutsche Bank

Proseguono le indagini sul caso Panama Papers, il fascicolo riservato composto da 11,5 milioni di documenti confidenziali creato dallo studio legale panamense Mossack Fonseca e fuoriuscito, secondo la società, a seguito di un attacco hacker. Nell’ambito delle investigazioni sul dossier, circa 170 funzionari della Procura, l’Ufficio federale di polizia criminale (Bka), il dipartimento di investigazione fiscale e la polizia federale sono entrati in sei uffici della Deutsche Bank a Francoforte (dove c’è il quartier generale del gruppo), Eschborn e Gross-Umstadt, tutti nella Germania occidentale. Il sospetto della Procura è che alcuni dipendenti della prima banca tedesca possano aver “aiutato dei clienti a creare società in paradisi fiscali” per riciclare denaro “proveniente da attività criminali”.

LA NOTA DI DEUTSCHE BANK

Con una nota, il colosso bancario (che oggi soffre in Borsa) ha confermato la relazione tra le perquisizioni e l’inchiesta sui Panama Papers, precisando di stare “collaborando pienamente con le autorità” e che fornirà ulteriori dettagli appena saranno disponibili.

COSA RACCONTA LA STAMPA TEDESCA

Nel frattempo la stampa tedesca aggiunge dettagli alla vicenda. Le indagini, scrive la Bild online, riguarderebbero due dipendenti di 45 e 50 anni, e altri non identificati. Sempre secondo la testata, si sospetta che questi abbiano supportato alcuni clienti nel fondare società offshore in paradisi fiscali; i clienti avrebbero poi trasferito soldi dai conti illeciti alla Deutsche Bank, e questa non avrebbe segnalato il sospetto di riciclaggio. Attraverso una società con sede nelle Isole Vergini britanniche, solo nel 2016, sarebbero stati assistiti oltre 900 clienti, per un volume di affari di 311 milioni di euro.

IL CASO PANAMA PAPERS

Ma il caso Panama Papers non riguarda solo la Germania. All’interno del file uscito dalla Mossack Fonseca c’erano informazioni dettagliate su oltre 214mila società offshore, materiale che includeva le identità degli azionisti e dei manager coinvolti, nonché le menzioni di leader di cinque Paesi ma anche di funzionari di governo, parenti e collaboratori stretti di vari capi di governo di più di 40 altri stati. La raccolta di oltre 2,6 terabyte, contenente documenti risalenti fino agli anni settanta (quasi 5 milioni di e-mail, 3 milioni di file in formato database, oltre due milioni di pdf, più di un milione di immagini, circa 300mila file di testo e oltre 2mila file in altri formati), venne consegnata al Süddeutsche Zeitung nell’agosto 2015 e conseguentemente al Consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi (Icij), con sede negli Usa, affidandosi a chat ed e-mail criptate. I fascicoli furono poi distribuiti ed analizzati da circa 400 giornalisti di 107 organizzazioni informative di oltre 80 paesi. Il primo report basato sul file è stato pubblicato, assieme a molti documenti stessi, il 3 aprile 2016.



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