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Quando la credibilità di uno sport passa anche attraverso una scommessa

Negli ultimi giorni si è letto e parlato nuovamente di scomesse sportive illegali, di infiltrazioni della Camorra (da parte di schegge impazzite dei “Casalesi”) e di una serie di elementi negativi, che, a corrente alternata, tornano ad occupare spazi sui giornali italiani (spesso nelle pagine della “nera”). Una riflessione ulteriore arriva da un interessante workshop che si è svolto di recente a Roma sul tema del match fixing. I numeri che sono emersi soprattutto a livello internazionale devono far riflettere sulla credibilità del mondo del calcio nel suo complesso.

Cinquecento miliardi di euro all’anno scommessi nel mondo, fino a un miliardo sulla finale di Champions League puntati in Asia: il mercato globale delle scommesse non conosce crisi e – grazie a Internet – consente di aggirare i controlli in ambito nazionali, evitando i sospetti dei bookmaker locali e delle Autorità di vigilanza, che hanno una visione dei flussi di gioco limitata al proprio ambito territoriale. L’International Integrity manager di Sportradar, Marcello Presilla ha spiegato che “Gli effetti della globalizzazione sono tangibili anche riguardo al match-fixing: le dimensioni del mercato del betting sportivo, su scala mondiale, esercitano una forza attrattiva notevole verso gli appetiti dei gruppi criminali.

Circolano quantità di denaro enormi, la gran parte delle quali, occorre sottolinearlo, vengono raccolte nei Paesi del lontano sud-est asiatico, in luoghi come Singapore, Hong Kong, Shangai, Manila, dove la consistenza e le dimensioni del mercato del betting hanno, ormai, raggiunto livelli non comparabili con quelli europei”. Tra i marchi più in vista, Presilla ha citato i “big” asiatici: “Ci sono operatori che superano ampiamente i 50 miliardi di euro di volume di giocate l’anno, come ad esempio IBCbet o 188bet, o come il gigante SBObet, con sede a Manila, nelle Filippine, che raggiunge da solo l’incredibile cifra di circa 200 miliardi di euro di turnover l’anno, sfiorando il 40% dell’intero mercato mondiale del betting sportivo”.

Questi giganti – ha proseguito – come tutti gli altri operatori di scommesse, in Italia, in Europa e nel resto del mondo, “temono il match-fixing e ne sono la prima vittima, insieme allo sport, perché sono quelli che, molto semplicemente, ci rimettono i soldi: sono usati come una sorta di bancomat da parte delle organizzazioni criminali per fare cassa illecitamente”. Presilla ha anche rivelato che in Asia su una partita di Lega Pro, i volumi medi scommessi oscillano tra i 100 mila ed i 200 mila euro, mentre su una partita di Serie A possono arrivare anche a valori compresi tra i 30 ed i 50 milioni.

Alla luce di ciò mi chiedo come si possa oggi avere la certezza assoluta che una partita di calcio sia realmente regolare o meno, ricordando che, ormai, la bontà di uno sport come il calcio passa inevitabilmente dall’attenta analisi dei flussi di scommesse sportive all’interno di questo “contenitore sportivo”.

Non capirlo vuol dire regalare spazi enormi alla criminalità organizzata, sia italiana che straniera. Si pensi che in Bulgaria un operatore di scommesse sportive, SKS365, che ha sempre operato seguendo le regole ha visto morire un suo funzionario che stava lottando proprio contro il match-fixing nel suo Paese. Quando si arriva ad uccidere una persona è chiaro che in gioco c’è molto più di un risultato di una partita.


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