Ha ragione Paolo Gentiloni oggi su Repubblica: “Se uno interpreta l’attività istituzionale e parlamentare con un rifiuto pregiudiziale del confronto, meglio che cambi mestiere”. La “politica del pop-corn” appartiene a chi non è abbastanza preoccupato per la situazione dell’Italia e pensa che c’è ancora tempo. Ma il tempo si sta consumando. Non mi riferisco solo alla situazione economica, alla tenuta del bilancio e alla possibilità concreta di procedura di infrazione. Ciò che è peggio è il clima del Paese, diventato cattivo in pochi mesi. Non mi pare utile usare parole come fascismo o simili: i paralleli storici sono sempre azzardati. Ma ciò che abbiamo sotto gli occhi è un cattivismo dilagante, che giustifica atti di razzismo e di antisemitismo.
È necessario mettere subito un argine a questa deriva che ci fa diventare tutti violenti. Se per farlo occorre un dialogo tra M5S e Pd, ben venga ad iniziare dal Migration compact come auspica lo stesso Gentiloni. Giustamente rincara la dose Carofiglio sul Fatto Quotidiano, immaginando una nuova maggioranza. Sostenere che se si persegue tale strada “molti dei nostri ci lasciano subito”, come dicono certi dirigenti del Pd, vuol dire arrendersi all’onda emotiva e rinunciare a guidare la propria comunità politica. Va invece spiegato che la piega che hanno preso gli eventi è più grave di ciò che si pensa. Un’inversione va fatta subito. La violenza diffusa si è impadronita dell’animo del popolo italiano, presentandosi come sola soluzione ai nostri mali. Invece essi sono storici e tutti ne siamo in parte responsabili. Vittimismo aggressivo, ricerca del capro espiatorio, utilizzo di parole volgari e insultanti, deviazione di concetti… Tutto questo anche nei talk show con conduttori che non intervengono, compiaciuti. Si tratta di una diseducazione civica enorme, che scende dall’alto e contagia tutti: se lo dice chi comanda perché non io?
L’Italia è in piena ondata emotiva cattiva, un’onda che ha contaminato tutti, anche la sinistra. Forse questa è la ragione del pop-corn. Infatti l’attacco alle Ong, a chi aiuta gli altri, a chi spende la sua vita per servire il prossimo, è stato avallato anche a sinistra. Si è iniziato criticando le Ong del mare per poi criticarle tutte, favorendo la politica della destra. Ecco perché oggi Silvia Romano viene insultata mentre rappresenta la parte migliore del Paese. Un po’ tardi ora ci si rende conto che la fine dell’accoglienza diffusa provoca un disastro e aumenta l’illegalità, mentre già ieri occorreva concentrarsi sull’integrazione, di cui solo la società civile parla. Comunque meglio tardi che mai. Ora sappiamo che anche nel M5S c’è malumore per il nuovo “decreto sicurezza”, così come per altri provvedimenti di impronta leghista.
È dunque giunto il momento di parlarsi, ad iniziare dal Migration Compact. Altrimenti “meglio cambiare mestiere”. Chi, come me a DemoS, è impegnato nella costruzione di un nuovo soggetto di centrosinistra, dove trovino spazio e rappresentanza tutti coloro, di qualunque sensibilità, che hanno a cuore il futuro sociale e ambientale del Paese, e che si impegnano negli innumerevoli temi del sociale e dell’ambiente, sa che l’urgenza è grave. Non è più tempo di lotte tra ceti politici e correnti. Chi perde tempo in questi giochetti, non si rende conto delle sofferenze già provocate dagli attuali provvedimenti. Non serve aspettare la procedura di infrazione: basta andare nelle periferie squallide o nei centri storici intasati, tra le famiglie numerose o di chi ha un malato di Alzheimer o di Sla, tra gli anziani, tra gli ultimi e i penultimi, nelle zone montane, nei Paesi spopolati ma anche nei borghi isolati, nelle scuole senza riscaldamento ecc. e si capisce tutto. O vi si trova un sordo odio e rancore sociale senza sbocchi, che facilmente si trasformerà in cieca violenza. Oppure si trova la depressione dell’abbandono, il non ascolto delle esigenze quotidiane.
È facile da intuire: se oggi leggiamo ovunque che sono preoccupati gli imprenditori, significa che già ieri lo erano moltissimi altri, solo con minor capacità di farsi ascoltare. Per ora urla una minoranza ma che rischia di trasformarsi in maggioranza se non si mette mano alla manutenzione del Paese, che di questo ha bisogno cioè che le cose funzionino meglio. È tempo che nel Pd ci si renda conto che nessuno in Italia è più interessato alle loro battaglie intestine. È anche tempo che accanto al Pd nascano soggetti dal basso, capaci di aiutarlo a non tradirsi con il pungolo della memoria quotidiana sui temi del sociale, dell’ambientale e della solidarietà.
Abbiamo scelto come nome DemoS proprio per questo: Democrazia solidale. Una forza dall’identità distinta che faccia della solidarietà il programma e sia da pungolo. Chiunque è sensibile a tale avventura o esigenza troverà ascolto. E troverà gente che crede nel dialogo. Dialogo con tutti: basta che vogliano lavorare davvero, coi valori della nostra Costituzione, per un’Italia che non ha nemici. E che operino per il futuro dell’Europa, il valore della solidarietà umana e politica, per la salvaguardia del pianeta e per la pace (sociale, culturale e politica).