Tempo scaduto. O quasi. Sulle infrastrutture qualcuno comincia a perdere la pazienza e quel qualcuno sono le imprese, il motore dell’economia italiana. Nulla più delle parole del presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia ha reso l’idea circa lo stato d’animo delle tremila imprese riunite in 12 associazioni (rappresentative del 65% del pil italiano) presso del ex Officine grandi riparazioni di Torino per dire ancora una volta che sì, la Tav si deve fare. Dopo la prima mobilitazione del 3 novembre, un altro appello, forse l’ultimo, all’esecutivo gialloverde.
“Se siamo qui è perché la nostra pazienza è quasi limite, per mettere insieme 12 associazioni tra cui alcune concorrenti tra loro. Se siamo qui tra artigiani, commercianti, cooperative, industriali, qualcuno si dovrebbe chiedere perché. La politica è una cosa troppo importante per lasciarla solo ai politici. Siamo dodici associazioni che rappresentano tre milioni di imprese. È un segnale importante che si vuole dare al governo. Si parte dalla Tav, si pone la questione infrastrutture in senso largo, grandi e piccole, e si pone un auspicio che è quello di attenzione alla crescita”.
Il senso della manifestazione indetta dalle imprese accorse a Torino per la Tav è molto semplicemente l’alter ego di una profondo disagio che negli ultimi mesi si è impadronito del sistema industriale italiano. Finito in debito di ossigeno non solo per colpa dello spread che ha reso più complicato chiedere un prestito bancario ma anche per l’assenza di visione sul piano delle infrastrutture. In Confindustria sanno fin troppo bene che senza opere come la Tav non solo non lavorano le grandi aziende ma nemmeno quelle minori, a cominciare dai fornitori di materia prima. Insomma, nessuno. “Il messaggio di oggi è un richiamo alla politica e al governo da parte dei corpi intermedi dello Stato: avere il senso del limite. Il governo ha convocato i vertici torinesi delle associazioni fattoriali e non quelli nazionali. Questo la dice lunga sul l’idea che ha il governo della Torino- Lione come fosse un fatto locale. mentre al contrario l’opera è una questione nazionale”.
La protesta nazionale degli imprenditori per chiedere un secco e sonoro sì alla Tav, sì alle grandi infrastrutture europee è salita in termini di partecipazione mano a mano che trascorrevano i giorni, dal 3 novembre a questa parte. I lavori sono stati aperti dalla relazione di Roberto Zucchetti, professore alla Bocconi di Milano che a settembre aveva calcolato in 9 miliardi gli effetti positivi dell’opera. Ma c’è qualcosa che proprio non va giù agli industriali. Il fatto di non essere, per la prima volta in tanti anni, non più l’interlocutore principale del governo. Accusato per questo di provincialismo. “Il 5 dicembre non siamo stati convocati dal governo che incontrerà solo i vertici locali delle nostre associazioni. Oggi siamo qui per determinare che la Torino- Lione è un fatto nazionale e non locale e il fatto che l’esecutivo convochi solo i vertici locali la dice lunga sulla visione localistica di questo governo”.