Prima o poi doveva accadere ed è accaduto tra due caratteri fumantini come quelli del procuratore di Torino, Armando Spataro, e del ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Nelle prime ore del mattino nel torinese è scattata un’operazione della Polizia per eseguire una quindicina di arresti di nigeriani per un’associazione a delinquere di stampo mafioso e poco dopo Salvini con un tweet ha omaggiato le forze dell’ordine, con riferimento anche agli arresti siciliani operati dai Carabinieri contro la nuova cupola di Cosa nostra. Stavolta, però, il procuratore di Torino ha replicato con una nota contestando al ministro la diffusione della notizia a operazione in corso con “rischi di danni al buon esito”.
Spataro ha ricordato che nel circondario di Torino la prassi seguita prevede un coordinamento con la polizia giudiziaria prima della diffusione della notizia e si augura che “per il futuro” Salvini eviti analoghe iniziative “rispettando le prerogative dei titolari dell’azione penale in ordine alla diffusione delle relative notizie”. La replica non si è fatta attendere: “Se il procuratore capo a Torino è stanco, si ritiri dal lavoro: a Spataro auguro un futuro serenissimo da pensionato. Se il capo della Polizia mi scrive alle 7.22 informandomi di operazioni contro mafia e criminalità organizzata, come fa regolarmente, un minuto dopo mi sento libero e onorato di ringraziare e fare i complimenti alle forze dell’ordine”.
Fin qui i fatti e, mentre su Twitter si scatena una gara tra sostenitori dell’uno e dell’altro, l’episodio fa emergere un problema che finora era nascosto o, meglio, noto solo agli addetti ai lavori. Salvini fa sempre così e non si rende conto che qualche volta può creare problemi. Soprattutto, almeno in pubblico, non può ammettere di essere in errore.
La prassi ricordata da Spataro è ovvia da sempre in tutta Italia ed è già successo più volte che le forze dell’ordine abbiano dovuto spiegare al procuratore di turno che non era la polizia giudiziaria a voler strafare quando era il ministro ad aver scritto un tweet. Che il capo della Polizia informi il titolare del Viminale di tutto ciò che accade è altrettanto ovvio, ma la risposta di Salvini è parsa sopra le righe: non può sentirsi libero di commentare qualcosa solo perché ne è informato.
La sua buona fede è scontata e, visti i caratteri dei due, non poteva che finire con un botta e risposta. Resta la domanda più ingenua: che cosa cambierebbe se Salvini scrivesse un tweet solo dopo il via libera del pm titolare del caso? Arriverebbe sempre prima del comunicato stampa di Polizia o Carabinieri, i suoi elettori inneggerebbero lo stesso, gli applausi alle forze dell’ordine sarebbero sempre graditi. Al prossimo sms del capo della Polizia tenga ferme le dita e digiti un po’ più tardi. Twitter non scappa.