Collaboratore di Paolo VI, in particolare nella stesura di una delle sue più importanti encicliche, la “Octagesima adveniens”, protagonista del confronto culturale italiano, e non solo, degli anni Ottanta, quale direttore della Civiltà Cattolica e poi dell’Istituto di Formazione Politica Pedro Arrupe, nome di punta della riflessione ecclesiale post-conciliare, padre Bartolomeo Sorge ha brevemente commentato il decreto Sicurezza, con un tweet, e un lettore ha parlato di “immensa ignoranza”. Questo onestamente non può che sorprendere. Già nel 1971 nella Octagesima Adveniens, Paolo VI, coadiuvato da padre Sorge, scriveva: “Utilizzando gli strumenti moderni della pubblicità, una competizione senza limiti lancia instancabilmente nuovi prodotti e cerca di attirare il consumatore, mentre i vecchi impianti industriali, ancora in grado di produrre, diventano inutili. Mentre vasti strati di popolazione non riescono ancora a soddisfare i loro bisogni primari, ci si sforza di crearne di superflui. Ci si può allora chiedere, con ragione, se nonostante tutte le sue conquiste, l’uomo non rivolga contro se stesso i risultati della sua attività. Dopo aver affermato un necessario dominio sulla natura, non diventa ora schiavo degli oggetti che produce?”.
Sono passati 47 anni, non sembrano osservazioni spazzate vie dalla storia. Non solo per i credenti, ma anche per loro, visto che poco dopo si legge in quell’Enciclica: “Agli uomini ammassati in una promiscuità urbana che diviene intollerabile, occorre portare un messaggio di speranza, attraverso una fraternità vissuta e una giustizia concreta. Che i cristiani, coscienti di questa nuova responsabilità, non perdano coraggio davanti all’immensità della città senza volto, ma si ricordino del profeta Giona, il quale percorse in lungo e in largo Ninive, la grande città, per annunciarvi la buona novella della misericordia divina, sostenuto nella sua debolezza dalla sola forza della parola di Dio onnipotente. Nella Bibbia, invero, la città è sovente il luogo del peccato e dell’orgoglio: orgoglio di un uomo che si sente abbastanza sicuro per costruire la sua vita senza Dio e persino per affermarsi potente contro di lui. Ma essa è anche Gerusalemme, la città santa, il luogo dell’incontro con Dio, la promessa della città che scende dall’alto”.
La recente legge contro gli immigrati è disumana non meno della legge razziale di 80 anni fa contro gli ebrei. Come allora, noi oggi siamo obbligati in coscienza a soccorrere ed accogliere come meglio possiamo i nostri fratelli “scartati”.
— Bartolomeo Sorge (@BartolomeoSorg1) 5 dicembre 2018
Dunque il tweet di padre Bartolomeo Sorge ci impone di capire: cosa è successo? È successo che in questi giorni il gesuita che ha diretto anche “Aggiornamenti Sociali” ha scritto che questa legge per lui contro gli immigrati è disumana. Ricordando la disumana legislazione razziale di 80 anni fa, ha scritto del dovere di soccorrere e accogliere. Per alcuni lettori il suo discorso ha paragonato la Shoa all’eliminazione del permesso per motivi umanitari. Mentre lui ha detto tutt’altro. Ha ricordato “l’umanità”, il dovere in coscienza di soccorrere e accogliere. Il discorso ricorda dispute che datano secoli: la legge ritenuta ingiusta va applicata ugualmente? Ad esempio; se una legge prevede ciò che alla mia coscienza appare ingiusto l’obiezione di coscienza mi salva, ma se una legge che in coscienza ritengo ingiusta mi obbliga a un comportamento per me disumano, o ingiusto, quale opzione rimane per la coscienza? Nel suo discorso appaiono così gli accolti con permesso umanitario: una volta che hanno perso quel permesso non dovrebbero più essere accolti? Come si salverà la coscienza di uno che ha accolto un bambino davanti alla novità che non gli consente più di accogliere? Non è certo l’Olocausto il tema sollevato da padre Bartolomeo Sorge. Così qualche altro lettore ha osservato che lo scartato non è necessariamente nero, cosa deve fare costui per essere accolto? Sorge non gli ha risposto che l’accoglienza della Caritas, ad esempio, è per tutti, non c’è un patentino “riservato agli stranieri”. Ma non c’è neanche quello con scritto “esclusi gli stranieri”.
Il suo tweet ha interessato anche ambienti anti-conciliari, come potrebbe essere l’utente che ha ricordato una frase attribuita a Pio X, il papa prescelto dagli scismatici lefebvriani dando vita alla Fraternità Sacerdotale San Pio X: “I modernisti predicano una carità senza fede, tenera assai per i miscredenti”. Che moltissimi immigrati, quasi tutti gli eritrei ad esempio, siano cristiani in questo confronto non appare.
In questo periodo padre Sorge sta lavorando a un nuovo volume e non ha tempo per tornare sul suo pensiero e sull’umanità del soccorrere e accogliere. Ma alla domanda su come si sia arrivati a questa divaricazione tra le percezioni di cosa sia giusto e cosa “umano”, quando pochi anni fa l’operazione “Mare Nostrum” sembrava godere consenso, un accenno di risposta lo dà: ricorda che le frane, o le valanghe, non arrivano mai improvvise. C’è sempre un processo nel tempo che le precede, magari non notato, non evidente. E questo processo in politica può determinare la perdita dell’anima. L’impressione ascoltandolo è di un corpo politico senz’anima che rischia la decomposizione, come accade ai corpi che non hanno più anima. Perché? Perché un tempo – riflette- c’erano le grandi ideologie, compreso il comunismo, erroneo in radice, ma tutte le grandi ideologie avevano in sé passione civile. C’era un’etica nella politica di quel tempo. Perse quelle c’è il rischio di avere una “politica” che perde l’anima. “Il discorso – osserva padre Bartolomeo Sorge – meriterebbe di essere approfondito”. È auspicabile che presto ci sia il modo di farlo.