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Diplomatico canadese arrestato in Cina. Rappresaglia per il caso Meng?

L’ex diplomatico canadese Michael Kovrig, dallo scorso anno in forza all’International Crisis Group, è stato arrestato in Cina. La non-profit di Bruxelles, diretta da Robert Malley (americano e consigliere della presidenza Clinton e Obama), ha diffuso una nota. “L’International Crisis Group è a conoscenza delle notizie secondo le quali il consigliere senior per il Nord-Est asiatico, Michael Kovrig, è stato detenuto in Cina […] Stiamo facendo tutto il possibile per garantire ulteriori informazioni sul luogo in cui Michael si trova e sul suo rilascio rapido e sicuro”.

Per ora il motivo della detenzione non è affatto chiaro, e il ministero della Pubblica sicurezza e quello degli Esteri cinesi non hanno voluto rispondere a una richiesta di chiarimenti avanzata dalla Reuters, la prima a diffondere la notizia attraverso due fonti; lo stesso ha fatto l’ambasciata canadese in Cina. È un caso diplomatico su cui tutti cercano di andarci piano, per ora.

Il fermo di Kovrig, che da anni lavora tra Pechino e Hong Kong (in precedenza per incarichi diplomatici: in Cina è stato vice-console, ad Hong Kong console), potrebbe essere una sorta di rappresaglia per l’arresto a Vancouver della direttrice finanziaria di Huawei, Meng Wanzhou, detenuta dalle autorità canadesi su richiesta di Washington. Negli Usa è accusata di aver facilitato una triangolazione illegale per consegnare in Iran tecnologia americana che la ditta per cui lavora aveva in mano, eludendo le sanzioni contro Teheran.

Mentre gli Stati Uniti hanno già avviato le pratiche per la richiesta di estradizione della manager cinese (figlia del fondatore della Huawei), Pechino ha reagito in modo feroce all’arresto di Meng, scagliandosi soprattutto contro il Canada – la scelta del bersaglio è pragmatica, perché con gli americani sono ricominciati i colloqui per trovare, sotto un ultimatum di 90 giorni imposto dall’amministrazione Trump, un qualche genere di quadra per sospendere la guerra commerciale (almeno in via ufficiale).

Pechino ha minacciato il Canada di rappresaglie e punizioni: un editoriale pubblicato dal People’s Daily, il quotidiano organo stampa del Partito comunista di governo, ha scritto che i canadesi avrebbero pagato “un prezzo salato” per aver incarcerato Meng, un’azione umiliante, e denunciava oltretutto le pessime condizioni di detenzione a cui la concittadina era sottoposta. I cinesi dicevano di “non voler creare problemi […] ma la Cina non li teme (eventuali problemi, ndr)”: “Nessuno dovrebbe mai sottovalutare la sicurezza, la volontà e la forza della Cina”.

Qualche anno fa c’era già stato un episodio simile a quello di Kovrig successo a una famiglia canadese, i Garratts, che da anni vivevano in una città meridionale della Cina: con un blitz, le forze di sicurezza cinesi avevano rapito e portato in carcere moglie e marito senza alcun preavviso, sottoponendoli all’accusa di spionaggio e obbligandoli alla detenzione. Ma quello che accade oggi con l’ex diplomatico, sovrapposto all’arresto di Meng, e al generale clima di scontro tra un blocco occidentale capitanato dagli Stati Uniti e il Dragone, è molto più grave.

Poche ore fa, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha scritto su Twitter sui contatti negoziali con il governo cinese in ambito commerciale: “Conversazioni molto produttive [sono] in corso con la Cina! Seguitemi per alcuni annunci importanti!”, ha detto l’americano, apparentemente ignorando che mentre twittava un ex diplomatico canadese e analista di un think tank europeo è stato incarcerato in Cina e la seconda funzionaria più alta in grado di una delle più grandi aziende cinesi è in prigione in Canada sotto accuse americane.

Dal Fortune Global Forum di Toronto ha parlato oggi Justin Trudeau, il premier canadese ha detto che adesso che le trattative per l’Usmca sono finite, il Canada è pronto ad aprirsi alla Cina e ad aumentare gli scambi commerciali. L’Usmca è l’accordo nordamericano a tre con Stati Uniti e Messico, che Trump ha voluto rinegoziare dopo aver affondato a parole il precedente, noto come Nafta.

Dopo aver preso le distanze dall’arresto di Meng – dicendo che il sistema giudiziario canadese è indipendente da lui – le parole che Trudeau ha rivolto a Pechino, dove l’interesse economico-commerciale fa da guida alle relazioni internazionali, sembrano un’ulteriore apertura, davanti a un crisi in cui Ottawa è finita invischiata anche per la necessità di mantenere buone le relazioni con l’America di Trump, presidente con cui il premier canadese ha un pessimo feeling personale.

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