Non sono bastati i tredici minuti televisivi che Emmanuel Macron ha riservato ai suoi connazionali la sera del 10 dicembre per risalire la china dei disastrosi sondaggi che lo tormentano da mesi. L’aver dichiarato apertamente il fallimento della sua politica e l’aver teso la mano ai c facendo promesse che difficilmente potranno essere mantenute, a meno di non sforare il deficit e dunque mettersi contro l’Unione europea, non sembra aver pagato.
Secondo un’inchiesta Ipsos, pubblicata dal quotidiano L’Opinion, se si votasse oggi il Rassemblement national di Marine Le Pen otterrebbe il 24%, mentre la maggioranza presidenziale, vale a dire République en Marche e MoDem, capeggiata da Macron si fermerebbe al 18%. Una catastrofe. A meno di sei mesi dalle elezioni europee, che si terranno il 26 maggio, il responso è impietoso. La “sovranità europea” contro “sovranità nazionale” sembra destinata a soccombere. La Le Pen si giova, dunque, dopo oltre un mese di proteste da parte dei gilets jaunes , della crisi nella quale la presidenza è precipitata insieme con le forze politiche che la sostengono. E non è la sola.
Il fronte sovranista è ben più ampio del bacino di suffragi che otterrebbe il Rassemblement national. Ne fa parte anche il partito relativamente nuovo di Nicolas Dupont-Aignan, Debout la France (Alzati Francia) accreditato di un sorprendente 8%, mentre Florian Philippot, ex-braccio destro della Le Pen e fuoriuscito dal partito, ora leader di Les Patriotes, fa registrare un poco lusinghiero, ma pur sempre utile 1%. Ciò significa che il 33% dei francesi sceglierebbe una coalizione apertamente sovranista, lasciando nel guado tutte le altre forze politiche.
Uno scarto notevole separa la Le Pen tutti gli avversari, compreso ovviamente Macron: i Républicains post-gollisti, completamente allo sbando, sono nettamente distanziati con un magro 11%; lo stesso vale per l’insieme dei partiti di sinistra, dei quali nessuno supera la soglia del 10%: France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon (9%), Europe Écologie-Les Verts di Cohn-Bendit (8,5%), il Partito socialista (4,5%), Génération.s (3,5%); l’Udi (Unione dei democratici e indipendenti che raggruppa ben sette partitini liberal-democratici) guidato da Jean-Christophe Lagarde raggranella circa il 3%. Un quadro che diciannove mesi fa nessuno poteva immaginare.
Sorprende il “sorpasso” della sconfitta del maggio scorso, ma ancor più è clamoroso il risultato, per quanto virtuale, di Dupont-Aignan, a dimostrazione che la destra francese si sta dislocando e radicando in maniera asimmetrica. Il giovane uomo politico francese che rifiutò al primo turno delle ultime presidenziali di confluire nello schieramento della Le Pen, al secondo turno invitò i suoi elettori a sostenerla e lei lo indicò, qualora avesse vinto, come primo ministro.
Debout la France ha un’impronta chiaramente neogollista e sovranista. Per lungo tempo il suo leader è stato il capo di una corrente del partito di Sarkozy e di Fillon, Rassemblement pour la République, dal quale si è reso autonomo nel 2008 denominandosi Debout la République. Nell’ottobre del 2014 assunto l’attuale denominazione. Fa parte dell’Alleanza per la Democrazia Diretta in Europa all’Europarlamento e precedentemente era membro di EUDemocrats. Ha due deputati all’Assemblea nazionale ed un senatore.
Alle elezioni presidenziali del 2012 Dupont-Aignan ottenne l’1,7% dei voti al primo turno e si posizionò al 7º posto tra i vari candidati alla presidenza della Repubblica. Alle presidenziali del 2017 Dupont-Aignan ha ottenuto il 4,75% al primo turno. Risultato non disprezzabile.
La Le Pen, scrivono i giornali francesi, in vista delle europee, competizione nella quale il suo partito ha sempre raggiunto obiettivi ragguardevoli, grazie anche al sistema proporzionale che non lo penalizza, è pronta a cavalcare il malcontento anche se finora in maniera assai discreta ha appoggiato il movimento dei gilets jaunes. E la nuova linea tende ad includere piuttosto che ad escludere come nel passato. Un fronte unitario con Dupont-Aignan ed altri soggetti minori non è un’utopia. È perfino pronta a stringere occasionali patti con la gauche pur di far sentire a Macron il fiato sul collo. Infatti il suo gruppo all’Assemblea nazionale voterà la mozione di censura del governo presentata da France Insoumise di Mélenchon.
“Qualsiasi occasione per ribadire la nostra totale opposizione alle politiche di Macron è buona”, ha dichiarato. E la destra, oltre i confini delle appartenenze, sembra apprezzare. Come la maggior parte dei gilets jaunes che nelle urne potrebbero diventare tricolori.