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Ecco perché serve una vera riforma delle relazioni industriali. Parla Ronchi (Valore)

Ora che la manovra può finalmente poggiare su un accordo politico tra Italia ed Europa, ogni ipotesi di riscrittura si è dissolta. E allora perché non provare a vedere il bicchiere mezzo pieno? Bruxelles ha di fatto fermato la macchina della procedura di infrazione, accordando all’Italia il permesso di usufruire di un deficit pari al 2,04%, compensato però dalla più tardiva entrata in funzione di quota 100 e reddito di cittadinanza.

Inoltre, una certa convergenza c’è stata anche sul saldo strutturale, visto che da un peggioramento dello 0,8% si è arrivati a zero. Uno sforzo sufficiente a bloccare la procedura. C’è un altro aspetto da considerare. Negli ultimi sei mesi sulla legge di Bilancio è stato detto di tutto e di più. Buona, cattiva, così e così. Ora che l’ex finanziaria è finita in cassaforte, tanto vale aspettarne gli eventuali benefici. Proprio questo l’approccio di Stefano Ronchi,  imprenditore e fondatore di Valore, società da sempre vicina al mondo del welfare e della previdenza. Prudenza, cautela, perché forse non è proprio tutto da buttare.

“Per un imprenditore che lavora sul campo, quello che davvero conta sono gli effetti nel lungo periodo. E francamente cinque mesi di tempo mi sembrano un po’ poco per giudicare l’operato di un governo. Sarebbe come se i soci di un’azienda valutassero l’azione di un manager in sei mesi. Le considerazioni si possono trarre dopo due o tre anni non prima”, spiega Ronchi. “Tutto questo per dire che il dibattito relativo alla trattativa con l’Europa mi è sempre sembrato molto marginale. Qualcosa di politico che però è lontano da quello che davvero conta, i contenuti della manovra. Credo fermamente che dovremmo essere più cauti: la flat tax è solo all’inizio, il reddito di cittadinanza anche, la quota 100 pure. Aspettiamo di capire se queste misure porteranno qualcosa di buono o no”.

A corroborare la tesi della prudenza e della necessità di non saltare a conclusioni troppo affrettate, c’è un altro aspetto, sollevato da Ronchi. “Non mi pare a voler essere sinceri, che le manovre precedenti abbiano inciso più di tanto sull’economia. L’imprenditore, che è anche un osservatore, sa bene quanto contino i fatti. E i fatti raccontano che questa manovra non è meno bella o brutta rispetto alle ultime tre o quattro. Non ancora almeno”. Secondo Ronchi, per il quale la legge di Bilancio gialloverde non è da buttare tutta a mare, sono due le riforme alle quali bisognerebbe lavorare.

“Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, l’altro giorno intervenendo a un convegno sul welfare (promosso da Unipol, qui l’articolo, ndr) ha puntato l’accento sulla mancanza di competenze in Italia. Mi spiego, oggi si fa un gran parlare di grandi opere, di infrastrutture, di investimenti. Eppure credo che sempre oggi manchi una vera cultura attrezzata con le necessarie competenze tecniche. A questo problema se ne aggiunge un altro: il bisogno di una vera riforma delle relazioni industriali. Perché è vero che ci sono parecchi imprenditori arrabbiati, scontenti, ma questo perché non riescono più ad avere un vero dialogo con il governo”.

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