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Cari amici della sinistra, il Pd non basta più

di maio, Pd partito democratico

Perché vi dico in modo pacato e sentito: “Cari amici della sinistra, il Pd non basta più”. E inviterei tutti, anche gli avversari interni al partito di cui resto iscritto, a una riflessione spassionata. Per almeno 20 anni (e poi dal 2007 con la nascita del Pd) la strategia della sinistra democratica è stata quella dell’evoluzione bipolare della politica italiana (centrosinistra versus centrodestra). Il Pd nacque per realizzare questo obiettivo. Questo obiettivo è morto il 4 dicembre 2016 e con l’abbandono dell’Italicum. L’Italia è tornata proporzionale. E lo rimarrà. Lo sanno tutti. Cosa significa questo essenzialmente? Che il bipolarismo è tramontato. Anche nella forma che vagheggiano molti nel Pd: un blocco Pd/5 Stelle opposto a tutto il centrodestra. Una velleità. Con il proporzionale il bipolarismo non si adatta. Perfino oggi, con una maggioranza amplissima e un’opposizione debole abbiamo instabilità. Figuriamoci se l’attuale maggioranza dovesse scomporsi. E dar vita a due poli in competizione. Avremmo maggioranze più deboli, egemonia dei populisti in entrambi i poli e maggiore radicalizzazione e ingovernabilità. Il maggioritario non tornerà e oggi, con due partiti prevalenti (la Lega, sulla carta ha già superato il Pd ) antisistema e populisti non è, forse, nemmeno auspicabile che torni.

E allora? Dobbiamo abbandonare l’obiettivo di oltre 20 anni, il bipolarismo (perfino in Gran Bretagna sarà abbandonato e in Europa è finito dappertutto) e misurarci col problema vero del Paese: come dare al proporzionale le condizioni per una maggiore stabilità e governabilità. Cosa manca nel sistema politico italiano perché si vada in questa direzione? Io credo che occorra prendere atto che l’attuale assetto tripolare, del sistema politico, con 5 Stelle, Lega e Pd che si distribuiscono l’80% dei voti (Forza Italia viaggia verso l’estinzione) è insostenibile. Direi per tutti. È uno schema che non regge. E può, persino, peggiorare. Questo schema tripolare costringe alle coalizioni ma in un assetto di bipolarismo forzato: due contro uno. Che, in ogni caso, dà vita a maggioranze radicalizzate e opposizioni incattivite.

In teoria il sistema potrebbe diventare più flessibile ed efficace se una delle tre forze (Lega, Pd, 5 Stelle) accettasse di evolvere verso una collocazione centrista. E accedesse all’idea di rappresentare un polo alternativo a entrambi gli altri due ma disposto, alternativamente, alla coalizione con ambedue. E non solo con uno di essi. Chi nei tre poli potrebbe ragionare così? Solo i 5 Stelle. Ma diventare una forza moderata, equilibratrice, pro-sistema e centrista sarebbe una rivoluzione inimmaginabile per i grillini. Non resta che una ulteriore ristrutturazione del sistema politico e la nascita di una forza, effettivamente, in grado di funzionare come formazione capace di coalizione, di equilibrio e di moderazione nella lotta politica. Io credo che questo obiettivo, la nascita di una tale forza, una quarta gamba moderata del sistema, sia nell’interesse sia della Lega sia del Pd. Basta una semplice riflessione per capirlo. Occorre iniettare, nel sistema politico italiano, una robusta dose di equilibrio e stabilità. Quello che manca, tra il Pd e la Lega, è una vera “terza forza”. Che corregga il “bipolarismo forzato” attuale di oggi (Pd versus gialloverdi), ma anche ogni altro del futuro. Compreso quello sognato da mezzo Pd (destra contro Pd e Cinque Stelle). Senza il ridimensionamento e il rimpicciolimento drastico dei 5 Stelle, la vera anomalia perversa del tripolarismo attuale, non c’è soluzione alla crisi politica e alle imperfezioni dell’attuale sistema politico. C’è bisogno di una quarta forza. Che sia realmente di interposizione tra la sinistra attuale (il Pd più gruppuscoli lontano dalla maggioranza) e la destra attuale (vicina alla maggioranza ma egemonizzata dalla Lega).

Questa situazione fa sì che oggi non esiste una vera possibilità di coalizione né per Salvini e né per il Pd. Serve come il pane una formazione né di destra, né di sinistra; un centro forte che dia equilibrio e contenuti di stabilità ai programmi e agli obiettivi di ogni coalizione di governo. Una volta, quando era un leader ragionevole, questo tema lo pose Massimo D’Alema (il modello tedesco). Poi fu rubricato per tendere al bipolarismo secco (imploso con la sconfitta del referendum del 2016). Oggi torna di attualità il tema della “terza forza”, di equilibrio, adatta al governo e flessibile nelle alleanze. Una tale forza dovrebbe sfuggire alla camicia stretta destra/sinistra. Dice qualcuno: volete rifare la Dc! Sciocchezze. Una forza di centro non potrebbe essere oggi una formazione confessionale. Neppure nel senso della Cdu. Dovrebbe collocarsi in Europa nel campo delle formazioni liberal-democratiche e del federalismo europeo. In modo da rappresentare anche il polo della unità europea e della riforma “tranquilla” dell’Europa che influenza qualunque coalizione possibile. C’è lo spazio e l’elettorato a cui una tale formazione può ambire? Ovviamente sì. E sarebbe pure grande se guardiamo agli elettori che non si sentono rappresentati, che non votano o si sentono malamente rappresentati dai tre partiti esistenti (perfino nei 5 Stelle). Qualcuno, nelle settimane scorse, li ha definiti il “partito del Pil”. È quello che si mobilita sul “fare”, contro la decrescita e contro l’alta tassazione che finanzia l’alto indebitamento del Paese. Fossi nei leader di destra e di sinistra una tale novità nel sistema politico, addirittura, la auspicherei.

Ma in Italia purtroppo due parole sono invise dai politici di ogni colore: liberal democrazia e moderazione. Ognuno ambisce ad essere più “radicale” (non nel senso di Pannella, che era radicale in quanto liberale intransigente) dell’altro… e il sistema politico è allo sballo.



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