Nuovo episodio anti stabilizzazione istituzionale in Libia: dopo l’attacco al ministero degli Esteri di Tripoli, ecco quello dei mercenari contro le truppe del generale Khalifa Haftar a Taraghin che causano tredici feriti e un morto. Continua a snodarsi quindi la strategia anti stabilizzazione istituzionale della Libia, dopo che molti passi sono stati fatti dalla Conferenza di Palermo in poi.
TARAGHIN
Sono 13 i miliziani feriti oltre ad un morto dopo l’attacco condotto alla decima Brigata dell’ esercito di Khalifa Haftar a Taraghin, nel sud della Libia, a 900 chilometri a sud di Tripoli. Ha perso la vita l’ufficiale Khalid Masoud dopo l’attacco portato da veicoli blindati simili a quelli usati dalle forze di Haftar come una sorta di mimetizzazione.
I feriti sono stati soccorsi all’Ospedale di Taraghin, due sono in pericolo di vita, tra cui il vice comandante della decima brigata Jumua Thabet. Secondo il sindaco di Taraghin Abdelsalam Shangla gli aggressori erano mercenari ciadiani.
FORMENTINI
Ma chi ha interesse a sabotare il processo che conduca a elezioni regolari in Libia? Secondo Paolo Formentini, capogruppo della Lega in Commissione Esteri della Camera, “nessuno dovrebbe avere interesse a sabotare delle elezioni democratiche, la situazione in Libia è estremamente complessa, con una gestione del potere molto frammentata”. E a Formiche.net affida il suo auspicio, “che nei prossimi mesi, quando le condizioni di sicurezza lo consentiranno, si possano tenere le elezioni”.
Un passaggio che si lega al possibile rafforzamento dell’azione dell’Onu in un momento in cui Al Serraj sta faticando a coordinare strategie e cronoprogramma con il generale Haftar. “Confidiamo molto nel grande ruolo di mediazione tra le parti che sta svolgendo il nostro paese, – aggiunge – ma l’Italia e la Libia per continuare nel percorso iniziato a Palermo non devono però essere ostacolate da attori che soffino sul fuoco, alimentando divisioni”.
Uno schema in cui l’elemento di novità nelle ultime settimane è stato rappresentato da Saif Gheddafi che scalda i motori in vista delle urne: può essere il nome di una stagione nuova in Libia? Secondo Formentini “tocca ai libici decidere quale sarà il loro leader, a questo servono le elezioni”.
SCENARI
Proprio sul nome di Saif si sta sviluppando un dibattito, non solo interno al paese. Secondo alcune analisi alcuni gruppi che negli utimi mesi hanno acquisito uno status legale, avrebbero molta più influenza e opportunità di Gheddafi Jr. in vista di una competizione elettorale. Inoltre l’Esercito Nazionale Libico (Lna) guidato da Khalifa Haftar al momento resta una influente struttura grazie al controllo non solo della parte orientale della Libia ma anche di alcuni punti a sud.
Certo, Haftar nonostante queste premesse non ha il controllo assoluto del suo territorio, come dimostra l’episodio di Taraghin. Di contro Al Serraj in questo momento ha dalla sua parte le tribù della Libia occidentale, come i Big Four di Tripoli, le Brigate di Misurata e le Brigate Zintan.
PETROLIO
Intanto ecco i dati della produzione petrolifera e di gas di novembre a comporre un quadro d’insieme: sono scesi infatti a 2,4 miliardi di dollari rispetto ai 2,87 miliardi di ottobre, ma si prevede che le entrate possano aumentare del 76% fino a 24,2 miliardi di dollari con i dati di dicembre.
Secondo Noc le entrate di novembre sono state il terzo maggiore incasso dell’anno. Secondo il numero uno di Noc, Mustafa Sanalla, “Noc continuerà a guidare la ripresa economica e fornirà i fondi necessari per garantire un’equa distribuzione della ricchezza e della giustizia economica in tutto il paese”. La Libia attualmente produce circa 1,15 milioni di barili al giorno di petrolio e sul tema si sta sviluppando un ragionamento che preveda la partecipazione ampia di tribù e province rendendoli parte attiva del business.
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