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L’industria non sarà toccata dai tagli alla Difesa. Parola del ministro Trenta

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Preoccupazioni dal comparto per gli annunciati tagli alla Difesa? “Tutto ciò che è strategico non sarà toccato, come l’industria”. È la risposta del ministro Elisabetta Trenta ai timori giunti nelle scorse settimane da esperti e addetti ai lavori, preoccupati per una possibile nuova riduzione del budget (già risicato) destinato al settore, elemento che sarebbe in controtendenza rispetto al contesto internazionale. Nell’intervista a Il Giornale, la titolare di palazzo Baracchini ha toccato tutti i temi caldi del momento, dal dossier migratorio alle missioni internazionali, per cui ha annunciato il rafforzamento della presenza in Niger proprio nel giorno della visita del premier Giuseppe Conte.

I TAGLI NON TOCCHERANNO L’INDUSTRIA

Nella legge di bilancio, ha ricordato il ministro, c’è “un piano di recupero di 500 milioni, ottimizzando rispetto alle priorità del momento”. Nelle passate settimane, la Trenta aveva ribadito la linea a più riprese: nessun taglio, ma solo razionalizzazioni. Ora, ha aggiunto un’altra indicazione: “Tutto ciò che è strategico per il Paese non sarà toccato, come l’industria”, facendo dunque presagire che non si inciderà sulla parte Investimenti del bilancio della Difesa. In ogni caso, il riferimento ai 500 milioni di euro è alle riduzioni che riguardano il Fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, istituito con la legge di Bilancio per il 2017 e rifinanziato nel 2018 per 36,1 miliardi complessivi in sedici anni. In tale ambito, si legge nella finanziaria, “le spese militari sono ridotte di 60 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019 e di ulteriori 531 milioni di euro nel periodo dal 2019 al 2031”.

I NUMERI

Poi, all’Allegato 3 della legge di Bilancio (riferito all’articolo 1, comma 1118) si prevedono accantonamenti per il ministero della Difesa pari a 150 milioni di euro nel 2019, relativi alla “Pianificazione generale delle Forze armate e approvvigionamenti militari”. L’accantonamento dovrebbe avere una verifica a luglio in base all’andamento tendenziale dei conti pubblici. Certo, a tutto questo vanno aggiunte le riduzioni che arriveranno dal fronte Mise, dicastero da tempo contributore indispensabile dei programmi militari. Come si legge nel Documento programmatico pluriennale della Difesa (Dpp), già nel 2016 gli stanziamenti dello Sviluppo economico hanno superato gli investimenti del ministero di palazzo Baracchini.

IL DOSSIER MIGRANTI

Oltre le risorse, la ministra è intervenuta anche sul dossier migranti che nelle scorse settimane ha fatto discutere le due compagini dell’esecutivo. La Trenta rifiuta l’idea di “scontro” all’interno del governo. “Diciamo le cose in maniera diversa”, ma l’obiettivo è lo stesso: “Sensibilizzare l’Europa, perché un’Europa che non sia solidale sul settore delle migrazione è un’Europa che perderà nel futuro”. D’altra parte, “come Paese non siamo in grado da soli di farci carico dell’emergenza”. Proprio per questo, lo scorso agosto, il ministro aveva portato a Vienna, di fronte ai colleghi dell’Unione europea, una proposta di modifica dell’Operazione Sophia (EuNavFor-Med) che consisteva sommariamente in tre punti: rotazione dei porti, rispetto delle zone di ricerca e soccorso (Sar) e creazione di un’unità di coordinamento comune. Proposta che non è riuscita a trovare consenso, ma su cui l’Italia ha continuato a fare un lavoro puntale nelle sede opportune.

REINTRODURRE LA LEVA OBBLIGATORIA?

Dentro in confini non sembra invece esserci spazio per l’ipotesi di reintrodurre la leva militare obbligatoria, idea portata avanti a più riprese da Matteo Salvini. “È un’idea romantica”, ha detto la Trenta, ma “inadeguata rispetto ai tempi che stiamo vivendo”. D’altronde, ha spiegato la titolare di palazzo Baracchini, “abbiamo un esercito di professionisti che deve restare tale e non abbiamo neanche le caserme, le risorse, ma soprattutto non c’è la necessità”. C’è tuttavia in programma un aumento del personale civile: “Grazie alle assunzioni straordinarie autorizzate dalla legge di bilancio, nel triennio 2019-2021 sono ora garantite alla Difesa almeno 1.147 assunzioni di personale civile con profilo tecnico, in linea con il piano emergenziale tracciato”. In tal senso, “i tagli che ci sono stati in passato (per il personale, ndr) sono stati lineari, fatti per esigenze di bilancio e non dopo aver fatto una attenta valutazione di quelle che sono le effettive necessità rispetto alle caratteristiche del Paese e della minaccia a livello internazionale”. La legge 244 del 2012, anche nota come riforma Di Paola, ha previsto una riduzione generale, entro il 2024, a 150mila unità (da 190mila) per il personale militare delle Forze armate, a cui si aggiunge una riduzione a 20mila (da 30mila) per quello civile. In tal senso, il ministro ha dato la sua “disponibilità a rivedere le effettive esigenze”.

IL CAPITOLO MISSIONI

Circa il tema della postura militare all’estero, “è cambiata la prospettiva”, ha rimarcato il ministro. “Tutte le missioni (che impegnato attualmente circa 6mila soldati, ndr) vanno riviste rispetto all’interesse nazionale dell’Italia”, un punto evidenziato dallo stesso contratto di governo. In particolare, alcune vedranno “un graduale disimpegno”, mentre altre “saranno rafforzate”. Nella prima categoria, sicuramente gli impegni iracheni e afgani. Per l’Afghanistan la rimodulazione complessiva coinvolgerà circa 200 unità sulle attuali 900 dispiegate nel Paese, già nei primi mesi di quest’anno. Per l’Iraq, dove si trovano oggi circa 1.400 soldati italiani, il ridimensionamento dell’impegno riguarda i militari impegnati nell’operazione Praesidium, finalizzata alla protezione della diga di Mosul. “Il Califfato è stato sconfitto e non esiste più il pericolo per la diga”, ha spiegato il ministro Trenta presentando a dicembre il decreto di proroga per gli ultimi tre mesi del 2018 (su cui mancava copertura giuridica e finanziaria da settembre).

LA MISSIONE IN NIGER

Tra le missioni da rafforzare c’è invece il Niger, con un impegno “che punta a ridurre i flussi migratori verso l’Italia”, ha notato il ministro. Dopo mesi di titubanze del governo di Niamey (su cui in molti hanno notato l’influenza francese), la missione è stata sbloccata lo scorso settembre, con un impegno medio (dichiarato dalla Trenta) “di 70 unità” per l’ultimo periodo del 2018, articolate in Mobile Training Teams per la formazione delle forze nigerine al fine di rafforzare il controllo sul territorio. Eppure, il pacchetto missioni dello scorso anno prevedeva uno sforzo ben più cospicuo, con un dispiegamento massimo di 470 militari italiani, 130 veicoli e due aerei. Probabile dunque che il “rafforzamento” inteso dalla Trenta riguardi un aumento del contingente nel Paese, capitolo su cui il presidente del Consiglio Giuseppe Conte potrà da subito confrontarsi con i vertici istituzionali nigerini. Il premier è infatti in visita in Ciad e Niger, con l’obiettivo dichiarato di rafforzare le partnership e contrastare lo sfruttamento dei flussi migratori. Dopo Etiopia ed Eritrea, alla strategia italiana per l’Africa si aggiunge un nuovo tassello.



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