Doveva essere la spina nel fianco di Bruxelles e adesso rischia la rielezione proprio in nome di quell’Europa che voleva cambiare e alla quale è stato costretto a obbedire per quattro anni. Rimane il fatto che Alexis Tsipras è l’unico che a questa Unione Europea, a pochi mesi da elezioni chiave per suo futuro, abbia donato un raggio di speranza.
Il Parlamento di Atene oggi, dopo una seduta fiume e una settimana carica di tensioni, ha approvato con 153 voti su 300, l’accordo con la Macedonia di Zoran Zaev, firmato a Prespes lo scorso giugno. Il nome della piccola Repubblica jugoslava cambierà e si chiamerà “Repubblica di Macedonia del Nord”. In cambio, otterrà da Atene il via libera per avviare i negoziati ed entrare in Unione Europea e nella Nato.
In linea teorica, finisce così una disputa nata da un semplice toponimo, che dura da decenni e che continua a infiammare i Balcani meridionali. Atene non ha mai riconosciuto in sede internazionale la ex Repubblica jugoslava. Il nome Macedonia infatti corrisponde a quello di una regione settentrionale dell’Ellade. Non solo. Skopje ha sempre anche rivendicato di essere la patria natale di Alessandro Magno e di suo padre Filippo il Macedone. Una deformazione della realtà inaccettabile per Atene, che ha sempre dato battaglia in tutte le sedi internazionali.
Tsipras e l’omologo macedone, il socialdemocratico, Zoran Zaev, sono riusciti a convincere i rispettivi Parlamenti, seppure per il rotto della cuffia, ad appoggiare l’accordo, che si può a buon diritto definire storico e che, in un’epoca di crisi diplomatiche, sembrerebbe appianarne una.
Il condizionale, purtroppo, è d’obbligo. La situazione in Macedonia, ma soprattutto in Grecia, è molto delicata. Tsipras se la deve vedere con un’ondata nazionalista e sovranista che, dopo l’emergenza migranti, sta utilizzando questa dolorosa pagina storica per mietere nuovi consensi. Il premier ellenico è a picco nei consensi e alle prossime elezioni politiche se la dovrà vedere con una Nea Dimokratia avanti di 10 punti e con i neonazisti di Alba Dorata che attualmente si aggirano attorno al 9% delle preferenze contro il 7% di quattro anni fa.
Non ci sono solo gli equilibri interni a preoccupare, ma soprattutto gli equilibri internazionali. I Balcani sono da sempre un territorio di incontro-scontro fra mondi diversi, dove il loro controllo scatena l’appetito di molti. Anche quello della Russia di Vladimir Putin, che potrebbe portare la questione macedone anche in consiglio di sicurezza dell’Onu per cercare di bloccare la decisione di due Parlamenti sovrani.
Se il popolo greco abbia compreso la maturità e l’importanza della scelta di Tsipras si capirà nei prossimi mesi. Intanto, seppure il premier riceverà indietro qualcosa per questo sforzo, la Ue deve una buona notizia proprio a chi la voleva demolire e che si è riscoperto molto più europeo, nel senso più moderno del termine, di tanti altri.