Le giurie di Sanremo, se hanno premiato la diversità del vincitore, non hanno reso un buon servizio alla causa dell’integrazione. Il vincitore del Festival è un ragazzo italiano, mussulmano, figlio di madre italiana e padre egiziano. La sua vittoria è stata determinata dalle giurie di Sanremo, che hanno sconfessato il televoto e, per quanto appare e contestato da più parti, avrebbero premiato non la canzone migliore ma il cantante simbolo dell’integrazione e del multiculturalismo.
Se la ricostruzione è corretta, si è verificata una strumentalizzazione del voto delle giurie per l’affermazione non di un valore artistico ma di un messaggio politico; si è mancato di rispetto ai telespettatori e agli utenti del servizio pubblico, ma anche allo stesso Mahmood, un cantante con un suo largo pubblico, che chiede riconoscimento artistico, non sociopolitico; e, quel che è peggio, si sono inseriti elementi discriminatori nella vicenda del festival. La discriminazione sta prima di tutto negli occhi di chi guarda e forse negli occhi delle giurie la condizione personale del vincitore era così diversa da quella degli altri concorrenti, al punto da divenire il parametro di giudizio del voto. Mentre così non era negli occhi dei telespettatori, che hanno preferito altri cantanti al vincitore del festival, non a causa di una diversità di Mahmood ma di una valutazione artistica.
Per le giurie invece, a quanto pare, non aveva importanza che Mahmood fosse un bravo cantante italiano, figlio di madre sarda, perfettamente integrato. Quel che contava era il padre egiziano e la religione musulmana, cioè elementi di una diversità etnica e religiosa prevalente su ogni altro parametro, artistico e sociale. Quel voto delle giurie ha evidenziato elementi di diversità che altrimenti sarebbero stati irrilevanti, quali semplici caratteristiche di un cantante più o meno bravo. Ma se è vero che l’hanno premiato non perché sia stato il più bravo ma perché “diverso”, non hanno reso un buon servizio alla causa dell’integrazione. Anzi, hanno alimentato una contrapposizione ideale verso gli stranieri, anche in parte tali, che ormai è diventata materia di propaganda politica.
Di fronte alle evidenti incongruenze della politica migratoria degli anni passati, basata su una accoglienza senza dignità e senza integrazione, parte della cultura e della politica cerca di accreditare l’idea che chiunque sia contrario all’immigrazione di massa irregolare sia, per ciò stesso, contrario all’accoglienza dei migranti e alla loro buona integrazione. E sfrutta le occasioni che ha per dichiarare il proprio sostegno agli stranieri in Italia, per acquisire un credito politico e condannare indirettamente le politiche di contenimento dell’immigrazione.
Ma tali posizioni non hanno riscontro nella realtà. La verità è che la grande maggioranza degli italiani, di ogni orientamento politico, ha per storia e cultura la massima disponibilità e apertura verso gli stranieri, a condizione che il loro arrivo e la loro permanenza siano conformi a legalità e consentano l’integrazione. Il resto è polemica politica, anche a Sanremo.