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Per Gasparri Salvini non va processato. Ma nel M5S restano i mal di pancia

Maurizio Gasparri

Un movente esclusivamente governativo che deve portare a negare l’autorizzazione a procedere per Matteo Salvini, chiesta dal Tribunale dei ministri di Catania sulla vicenda della Nave Diciotti: si è trattato di “un preminente interesse pubblico”. È la posizione del presidente Maurizio Gasparri (Fi) che l’ha proposta alla Giunta per le immunità perché la faccia propria e chieda all’Aula del Senato di fare altrettanto. Gasparri ha anche deciso di inviare alla procura di Catania la memoria del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e quella congiunta del vicepresidente Luigi Di Maio e del ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli: in entrambe si sostiene che lo scorso agosto la decisione di impedire lo sbarco dei 177 migranti in attesa delle decisioni europee fu di tutto il governo e non del solo ministro dell’Interno. La richiesta di inviare a Catania quegli atti era stata fatta subito da Pietro Grasso (LeU) informalmente in dichiarazioni alla stampa: Gasparri, infatti, ha tenuto a precisare che nella Giunta non ci sono state richieste e che è stata sua la decisione di scrivere al presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, per il successivo invio degli atti.

La relazione che Gasparri ha presentato alla Giunta giunge alla conclusione dopo un lungo excursus giuridico sulla natura ministeriale del reato, sostenendo che “la valenza governativa degli interessi pubblici” perseguiti è dimostrata dal fatto che “solo dopo che siano stati esperiti i tentativi in sede europea e all’esito negativo degli stessi, il governo abbia autorizzato lo sbarco degli immigrati, evidenziando implicitamente che il divieto allo sbarco costituiva pertanto un mezzo scelto, nell’autonomia della funzione di Governo, per esercitare una pressione sulle istituzioni europee e per indurle a concordare un piano di riparto degli immigrati”. Gasparri, soprattutto, attribuisce un ruolo fondamentale a tutti gli interventi ufficiali del presidente Conte in sede europea e in Parlamento nei quali ha sempre confermato la linea sull’immigrazione sostenuta da Salvini. “In particolare – è scritto nella sua relazione – se il presidente del Consiglio, che ha compiti di coordinamento della politica del governo, avesse assunto una posizione di distanza o di contrarietà rispetto alle decisioni del ministro Salvini sul caso “Diciotti”, allora avremmo potuto ipotizzare un interesse partitico e non governativo. Ma questo non è avvenuto nella vicenda in esame”.

Secondo il Tribunale dei ministri l’atto compiuto da Salvini non sarebbe politico (in questo caso l’autorità giudiziaria non potrebbe intervenire) bensì atto amministrativo e quindi sindacabile dal giudice penale. Secondo Gasparri, invece, la legge costituzionale del 1989 non consente alla Giunta per le immunità di sindacare i mezzi scelti dal governo per le proprie finalità in quanto “l’autonomia della funzione di governo presuppone anche un’autonomia nella scelta dei mezzi e non solo dei fini da perseguire”. Nel caso specifico, perciò, il concetto di interesse pubblico va parametrato solo alle finalità governative perseguite dal ministro dell’Interno.

Dotte disquisizioni giuridiche a parte, resta la scelta politica di fondo. La relazione di Gasparri ha confermato l’interpretazione di Forza Italia, contraria all’autorizzazione a procedere come Fratelli d’Italia. Nello stesso tempo da sinistra Francesco Bonifazi (Pd) ha ironizzato sull’insistenza del ruolo di Conte che “da burattino diventa scudo umano” con riferimento alle accuse rivolte nell’aula di Strasburgo al presidente del Consiglio. E il Movimento 5 Stelle? Ancora non decide e sarà una decisione difficilissima. Se Michele Giarrusso, componente della Giunta per le immunità, continua a garantire una posizione definita al momento del voto, in altri casi si passa da Gianluigi Paragone che ipotizza un referendum degli iscritti sulla piattaforma Rousseau a Francesco Urraro, altro membro della Giunta, per il quale l’interesse pubblico emergerebbe “solo in parte”. Segni evidenti di mal di pancia che dovranno passare entro il 20 febbraio, data entro la quale la Giunta emetterà un verdetto che passerà all’Aula di Palazzo Madama.



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