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Moderati e cattolici, lo spazio c’è ma è cambiato il campo politico. L’opinione di Risso

Elezioni, pasquino

In Italia c’è uno spazio per una nuova forza politica moderata, uno spazio che ruota attorno al 15%, ma che deve trovare il modo per tornare a parlare con i ceti medio bassi, i quali al momento hanno come unico punto di riferimento Lega e Movimento 5 Stelle. Un partito cattolico? La domanda è posta male: il campo politico ormai è cambiato, l’asse su cui ci si muove è ormai tra comunità aperta-comunità chiusa, visione dal basso-visione dall’alto, ed è su questo che i moderati dovrebbero concentrarsi. È, in estrema sintesi, l’analisi di Enzo Risso, direttore scientifico dell’Istituto di sondaggi Swg, che in una intervista con Formiche.net traccia una linea che parte dai risultati delle elezioni regionali in Abruzzo fino a passare in rassegna la terra di mezzo dell’astensionismo, quel 54% di cittadini che nella prima domenica di febbraio hanno preferito non andare alle urne e quindi non esprimere la propria preferenza per la guida della regione. Un dato su tutti, spiega Risso, è che le due forze di governo continuano a dominare, e l’assente è, ancora una volta, l’opposizione.

Le elezioni in Abruzzo sono la prima prova per le forze di governo. Cosa si può evincere dai risultati?

In primo luogo che le due forze di governo restano le forze principali del Paese, perché la Lega dall’Abruzzo esce decisamente rafforzata se si pensa che alle scorse elezioni regionali non si era neanche presentata in questa regione. È evidente che il cambio di identità della Lega da “partito padano” a “prima gli italiani” sta portando questo partito a diventare realmente un partito nazionale, con il 27% di consensi in una regione del centro sud come l’Abruzzo. La seconda cosa è che l’altro partner di governo, il Movimento 5 Stelle, mantiene le solite difficoltà storiche nelle competizioni locali, per un problema di personale politico. La ragione è che è un partito poco radicato nel territorio, con pochi uomini nei vari gangli e tessuti della società locale. Inoltre l’offerta politica solo basata sul cambiamento, sullo scontro tra elite e popolo, non è sufficiente ad attirare l’interesse maggioritario delle persone in questo tipo di competizioni.

L’opposizione, invece, come esce da queste elezioni?

Per quanto riguarda le altre forze, ossia Partito democratico e Forza Italia, quest’ultima esce ulteriormente idebolita nonostante in Abruzzo il suo leader (Silvio Berlusconi, ndr) si sia ampiamento speso, a dimostrazione del fatto che l’offerta politica di Forza Italia in questo momento è appannata, che manca di una sua identità specifica e che è entrata nell’orbita della nuova identità del centrodestra che è “prima gli italiani”. Per quanto riguarda il Pd il successo del centrosinistra è strettamente legato a una strategia politica, ossia la capacità del Pd di mettere in campo, attraverso le liste civiche, la parte migliore del suo personale politico locale, capace di esprimere un governo locale e territoriale. Il Pd in sé come partito non va bene neanche in Abruzzo e permane un partito che ha bisogno di un leader e di una identità che dica chiaramente dove andare. Quindi in questo momento le elezioni in Abruzzo ci dicono che la maggioranza attuale di governo continua a non avere un’opposizione.

C’è anche il dato dell’astensione oltre il 50%. Dal 1992 si è ristretto il centro e progressivamente è scesa anche l’affluenza al voto. È una coincidenza o ci può essere una correlazione?

Il dato sull’astensione deve essere preso con una certa cautela, per un motivo molto semplice. Se guardiamo al passato, alle ultime elezioni in Emilia Romagna nel 2014 ad esempio andò a votare il 37,71% degli elettori, così come alle elezioni suppletive per il collegio di Cagliari dello scorso gennaio, in Sardegna, l’affluenza è stata del 15,6%. La ragione, in entrambi i casi, è che questo tipo di consultazioni non erano associate a una competizione nazionale, e questo penalizza l’affluenza. Per quanto riguarda il restringimento del bacino dei voti al centro, uno studio recente di Swg (febbraio) sulle potenzialità di un partito cattolico in Italia non è particolarmente ottimistico.

Ci spieghi meglio.

In termini di spazio puro, attualmente, un partito cattolico varrebbe dal 2 al 3%, ma il dato più significativo è che oggi il 68% degli italiani pensa che parlare di un partito cattolico sia anacronistico e solo l’8% sente il bisogno di sentirne parlare. Di più: solo il 12% degli italiani sceglie in base al proprio credo, quindi il fatto di essere cattolico condiziona le sue scelte politiche, per il restante 80% non è assolutamente condizionante.

Uno spazio per una forza di medizione, però, tra gli estremi di Lega e 5 Stelle, esiste? Una forza che parta dal basso, dalla società?

Sì, ma bisogna intendersi su cosa sia un partito dal basso. Esiste uno spazio politico per una forza moderata, perché l’ampio numero di persone che si astengono, e anche una parte delle persone che votano in questo momento altri partiti, potrebbe essere interessata a una forza politica moderata. Stiamo parlando di uno spazio possibile che ruota attorno a un 15%, quindi uno spazio interessante. Il tema è che questo spazio del 15% è collocato non nella parte bassa della società, ma in quella alta.

Un elettorato non massivo, quindi?

L’offerta moderata in questo momento incontra l’interesse non dei ceti medio bassi, ma di quel ceto medio che ancora mantiene una sua posizione economica stabile, che vive soprattutto nei medi e grandi centri del nostro Paese, che ha un buon livello di istruzione, che ha professioni che gli consentono una qualità di vita migliore di quella della media nazionale e che è, ovviamente, spaventato dalle soluzioni estreme. Ma questo non sarebbe l’elettorato di un partito dal basso, perché questo tipo di ceto è un ceto medio aspirazionale, colto ed evoluto (ossia aperto, non chiuso e serrante). È vero che le liste civiche e il civismo hanno una presa, ma è anche vero che spesso e volentieri rappresentano segmenti della società. Insomma, uno spazio vero c’è, ma non ha le stesse dimensioni del passato, perché in questo momento non riesce a parlare alle masse. C’è un problema di contenuti e di leadership, però un partito moderato in una fase come questa ha bisogno di contenuti che comincino a saper riparlare ai ceti medio bassi. Il solo fatto di essere moderati in questo momento parla invece solo a quelli medio alti.

Quali potrebbero essere i temi su cui un partito moderato dovrebbe puntare?

Il nostro sondaggio identifica e assegna a un partito cattolico temi come la dignità delle persone, la famiglia, il diritto alla vita e le diseguaglianze. Non è detto, però, che parlare però della difesa della famiglia tradizionale porti dei voti, anche perché è un tema ampiamente coperto dalla Lega di Matteo Salvini. Sicuramente parlare di nuove eguaglianze, di identità, di acogglienza può essere importante, ma temi come il diritto alla vita, aborto, eutanasia, potrebbero creare delle difficoltà. Su questi fronti, inoltre, la maggioranza dell’opinione pubblica non è per visioni chiuse o di riduzione.

Insomma, la società si è molto secolarizzata.

Esatto. Il 12, 13 % di elettori che si sente condizionato nella sua scelta politica in base al suo creo cattolico è molto ridotto, una fetta molto piccola della società e fortemente segnata dal punto di vista generazionale. Per i giovani questo aspetto è molto marginale. Sul tema di un nuovo partito cattolico, io credo che sia posta male la domanda.

Cosa intende?

Il problema oggi non è più se ci debba essere o no un partito cattolico, perché i cattolici sono sparsi nei vari elettorati. Il problema è se ci deve essere un partito che pensa alla costruzione di una comunità aperta, a una nuova dimensione di comunanza, a quella che potremmo definire con un termine inglese “good society”, a una buona società armonica, con meno disuguaglianze, con la contemplazione tra giusto diritto al profitto di chi fa impresa e giusto diritto allo stipendio di chi lavora in una impresa, alla riduzionedella flessibilità, questo sono i temi. È una domanda posta male, perché è una domanda vecchia, una domanda del ‘900. Il tema non è se si è cattolici o non cattolici, ma se si va verso una comunità chiusa o una comunità aperta. Questo è il nuovo asse politico su cui si sta strutturando il campo politico, non c’è più il campo destra-sinistra e quindi cattolici-atei, ma c’è un campo comunità aperta-comunità chiusa, e l’altro asse è visione dal basso-visione dall’alto. Un partito moderato ci sta, ma se capisce che è cambiato il campo politico, il terreno di gioco. Se uno continua a pensare di giocare su un terreno che è col prato verde e non si accorge che è diventato di ghiaia non potrà mai sperare di vincere, se non proprio di partecipare.



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