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Di Maio e il futuro del Movimento. Una sincera autocritica (sperando che basti)

di maio

Chi è andato a votare in Abruzzo domenica scorsa sarà anche solo l’equivalente di un quartiere di Roma, ma ha creato uno sconquasso nel Movimento 5 Stelle. L’autocritica che Luigi Di Maio ha affidato al Blog del Movimento è apprezzabile perché dimostra coraggio e perché mette per la prima volta politici ed elettori di fronte alla realtà: ammettere che ci sono problemi di fondo quando finora si diffondeva un messaggio di perfezione contrapposto agli errori degli altri è una svolta dalle conseguenze imprevedibili. La svolta immediata sarà rappresentata dal confronto con le realtà locali, dove finora “siamo rimasti nella nostra zona di confort”; significa smettere di improvvisare e adottare le stesse strategie delle elezioni politiche, significa arrivare a dire che “dove non siamo pronti dobbiamo smetterla di presentarci”. Lo schiaffo abruzzese è arrivato dopo quelli siciliano e molisano, ricorda Di Maio, e se i candidati non ce l’hanno fatta nonostante gli sforzi vuol dire che ci sono problemi di fondo.

Naturalmente il capo politico del Movimento rassicura i militanti annunciando una consultazione online sulle proposte riguardo all’organizzazione nazionale e locale e precisando che ci vorranno mesi di lavoro per concludere un processo che si annuncia di rinnovamento se non di rifondazione. E li rassicura sulla durata quinquennale del governo Conte, sulla quale forse non credono più neanche i militanti più duri. Colpisce però che quelle che Di Maio chiama “Riflessioni sul futuro del Movimento 5 stelle” arrivino a 10 giorni dalle elezioni regionali in Sardegna e a 40 da quelle in Basilicata: forse i sondaggi sono negativi al punto che una così marcata ammissione di debolezza non possa peggiorarli?

Non c’è dubbio che all’interno del Movimento sia in corso una lunga seduta di autoanalisi con ruoli non tanto definiti. Beppe Grillo sembra ormai da parte se Di Maio garantisce che continueranno a regalare ambulanze quando il comico fondatore aveva con dubbio gusto chiesto agli abruzzesi di restituire i soldi devoluti per quei mezzi. Alessandro Di Battista, dal canto suo, ha annunciato che nei prossimi mesi si dedicherà a tematiche europee, lasciando a Di Maio le rogne italiane e, forse, creandone altre fuori dai confini. Tutto invece continuerà a ruotare intorno al totem Rousseau, al mito della democrazia diretta. Anche qui i vertici del Movimento dovranno fare attenzione: tra i tanti commenti apparsi sul blog subito dopo la pubblicazione delle riflessioni di Di Maio è quasi impossibile trovarne uno di adesione convinta mentre si va dalla critica feroce alla delusione per quanto fatto finora, dall’invito a rompere con Matteo Salvini a quello di smetterla con le “inutili ideologie come la decrescita felice” dicendo invece sì alla Tav.

Il Movimento sembra essere diventato all’improvviso come l’Apollo 13 che non arrivò mai sulla Luna per un guasto. Celebre la battuta di Tom Hanks che impersonava il comandante James Lovell: “Houston, abbiamo un problema”. Alla fine ce la fecero a tornare, quello che spera Di Maio-Hanks chiedendo aiuto a Rousseau-Houston.

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