Muro contro muro. Sembra questa la parola chiave della politica di Trump. Dal muro miliardario col Messico a quello gratuito con l’Europa. Un muro via Twitter, che il Presidente degli Stati Uniti ha verbalmente già innalzato con la perentoria richiesta, da molti definita un ultimatum, avanzata a Gran Bretagna, Francia, Germania e agli altri alleati europei di delocalizzare nelle loro carceri oltre 800 combattenti dell’Isis catturati in Siria e di processarli nelle capitali europee.
In quello che, con un neologismo, si può definire un WallTwitter, Donald Trump è diretto come una cannonata: “Ci stiamo ritirando dopo una vittoria al 100% sul Califfato che sta per cadere. Gli Stati Uniti – scrive l’inquilino della Casa Bianca – non vogliono guardare come questi combattenti dell’Isis entreranno in Europa, perché è lì che vorrebbero andare. Facciamo così tanto, e spendiamo così tanto – ha aggiunto in un altro tweet a seguire Trump – adesso è il momento che gli altri facciano un passo avanti e facciano quello che sono così capaci di fare”. Quindi, ha annunciato Trump, in caso di mancato accoglimento della richiesta di imprigionare e processare in Europa i militanti dell’Isis in fuga o che si arrendono: “L’alternativa non è buona ed è che saremo costretti a rilasciarli”.
I più critici, però, hanno osservato che l’Isis non è stato definitivamente sconfitto e che il ritiro americano potrebbe determinarne a una rinascita, con gli alleati degli Stati Uniti nella regione non equipaggiati per gestire da soli la minaccia.
“Trump si rivolge essenzialmente a Gran Bretagna, Francia e Germania che, complessivamente, hanno oltre mille foreign figheters che combattono in Siria” spiega l’editorialista Mauro Indelicato esperto di strategie politiche e militari.
Concretamente, sul piano operativo, cosa comporta la richiesta di Trump?
La situazione non è diversa da quanto annunciato da Trump nei primi giorni della Presidenza circa il contributo degli alleati europei da dare per mantenere in vita la Nato: come si ricorderà, il tycoon newyorkese ha chiesto a tutti di pagare di più, di versare maggiori somme perché gli Usa da soli non vogliono più spendere per tutti. Il principio delle recenti richieste di Trump sull’Isis è lo stesso: l’Europa si faccia carico delle proprie responsabilità. In parole povere, dalla Casa Bianca si chiede di farsi carico dei processi ai terroristi di casa propria catturati tra Siria ed Iraq, senza lasciare tutto in mano agli Usa. Quello di una maggiore richiesta di responsabilità agli alleati è un elemento presente nella retorica politica di Trump già dall’inizio del suo mandato e che fa leva, di fatto, sull’idea secondo cui gli americani fanno il lavoro sul campo a favore degli alleati, senza però poi ricevere solidarietà da questi ultimi. Una circostanza, a dire il vero, non sempre veritiera.
L’Italia rientra nella eventuale ripartizione dei terroristi dell’Isis da processare?
Per il lavoro fatto in questi anni dalla nostra intelligence e per il numero esiguo di nostri foreign figheters impegnati all’interno del califfato, l’Italia è “colpita” marginalmente dalle parole di Trump. Per dare un’idea della situazione, noi abbiamo 13 foreign fighiters attualmente schedati dati per organici allo Stato Islamico tra Siria ed Iraq. La Francia invece ne ha 271, la Gran Bretagna 425, la Germania 300. L’Italia quindi ha pochi suoi cittadini arruolati nell’Isis, il problema è più facilmente gestibile e le nostre forze di sicurezza peraltro riescono a monitorare molto bene la situazione. Chi verrà preso, verrà processato per terrorismo e sconterà la relativa pena nelle nostre carceri. Certo, nel resto d’Europa andare a prendere e processare decine di terroristi non sarà affatto semplice, forse sta proprio in questo la richiesta/provocazione di Donald Trump.
Ma l’Isis è davvero sconfitto definitivamente o può rigenerarsi, per esempio in Africa?
Spesso si fa confusione tra Stato Islamico ed Isis. Il primo, quello che oramai volge al tramonto sotto gli ultimi colpi dei filo curdi in Siria, è un’entità territoriale costituita dai miliziani dell’Isis. La fine di questa entità territoriale collegata all’Isis, non segnerà certamente la fine dell’Isis come gruppo terroristico. I miliziani hanno ancora molte cellule attive, in primis sempre tra Siria ed Iraq. Poi risultano ramificati in Africa e, in particolare, nel sud della Libia e nel Sahel. Difficilmente qui comunque riusciranno a ricostituire un’entità territoriale come quella dello Stato Islamico, ma riusciranno sempre ad essere pericolosi sia per gli Stati africani che per l’Europa.
L’intelligence inglese ha lanciato l’allarme su eventuali colpi di coda con attentati in Europa dell’Isis. Come scongiurarli?
Con la costante attenzione dei soggetti già segnalati come pericolosi. In alcune zone del vecchio continente è difficile, perché negli ultimi anni è aumentato il fenomeno del “terrorismo fai da te”, con miliziani radicalizzati autonomamente e pronti ad immolarsi altrettanto autonomamente. I cosiddetti “cani sciolti” sono un pericolo maggiore per le forze di sicurezza, in quanto riescono a “mimetizzarsi” più facilmente ed a dare meno nell’occhio. Per prevenire più facilmente questi rischi, occorrerebbe una maggiore collaborazione tra le varie forze d’intelligence europee: gli attentati in Francia od in Belgio negli anni passati, hanno evidenziato come un non sufficiente scambio di informazioni tra le forze di sicurezza ha contribuito a far perdere di vista gruppi pronti a colpire.