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Lo stadio della Roma e lo studio del Politecnico di Torino

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Lo studio commissionato da Roma Capitale al Politecnico di Torino verte sulla compatibilità tra il futuro stadio della Roma e il traffico nell’area sud-ovest della città. Affronta pertanto uno dei problemi, forse il principale, ma non l’unico che la città dovrà risolvere per compiere l’opera.

Ci siamo in precedenza soffermati sulla necessità di individuare la leva finanziaria che permetta di ricavare benefici diretti e indotti dalla realizzazione dell’impianto sportivo. Trovare il giusto equilibrio tra interesse pubblico e vantaggio privato non è semplice, tuttavia è proprio qui che si concretizza il valore dell’intera operazione: raggiungere quella condizione ottimale in cui il guadagno dell’impresa coincide con il punto di maggior beneficio per la collettività. Da questo equilibrio ci si può allontanare per eccesso o per difetto. Compito dell’amministrazione pubblica è pertanto quello di calibrare le giuste quantità autorizzative per pretendere dal privato la copertura delle spese necessarie per le dotazioni infrastrutturali derivanti dall’incremento delle utenze e, contestualmente, per estendere i benefici, soprattutto nel campo dei trasporti, alle aree urbane limitrofe.

Eccedere nelle concessioni rappresenta un vantaggio diretto per l’impresa, ma anche comprimerle può risultare nocivo all’interesse pubblico. In questo secondo caso infatti l’amministrazione, per garantire l’efficienza dell’intera operazione, sarebbe costretta a realizzare con fondi pubblici quelle opere infrastrutturali che avrebbero dovuto costituire un onere per il privato che, invece, ne trarrebbe un beneficio diretto.

Lo studio del Politecnico di Torino pone in premessa l’esigenza, come da normativa europea, di contenere i consumi di CO2, e quindi predisporre le dotazioni per un traffico a energia pulita, e di incrementare il trasporto collettivo, privilegiando quello ferroviario al fine di ridurre, o perlomeno contenere, la congestione delle auto sulle strade. A questo suggerimento di potenziare un’offerta di trasporto plurimodale fanno seguito analisi dettagliate, anche se non incentrate, per assenza di dati, sui momenti di maggior affluenza di persone in entrata e in uscita, che dimostrano le gravi carenze del servizio ferroviario. Carenze che comporteranno, ma in realtà già comportano, l’intasamento su alcuni tratti stradali e nei nodi di maggior traffico.

Lo studio chiarisce inoltre, nella parte centrale del rapporto, che la situazione che si determinerà è da considerarsi “catastrofica” perché basata sostanzialmente su “infrastrutture stradali”, in assenza di interventi importanti sulle alternative modali. L’uso del termine catastrofico posto tra virgolette denuncia quindi un quadro che si consiglia fortemente di evitare, nella consapevolezza che si tratta di problemi di traffico, e non occasionali, con un impatto rilevante sull’inquinamento e sulla salute.

Attraverso una serie di interrogativi emergono le difficoltà che impediscono di fornire “un giudizio positivo in merito alle possibili ricadute sul traffico stradale capitolino; traffico già normalmente in stato di forte congestione, e che, nel complesso, non vede trarre beneficio dagli interventi infrastrutturali a carico della rete: la sola unificazione della viabilità in corrispondenza dell’intervento ed il ponte dei congressi non possono risolvere le criticità già ora presenti, che in futuro verrebbero acuite da tale eventuale intervento” (cfr. pag. 36 del Documento).

La costruzione dello stadio della Roma è fattibile, però deve essere preceduta da quegli interventi che favoriscano la mobilità elettrica e collettiva, soprattutto ferroviaria, affinché le operazioni di trasporto siano “valide, funzionali e fidelizzate”. L’area in oggetto è capiente per le nuove attrezzature, ma queste, se realizzate con investimenti pubblici, non andrebbero a favorire il privato a danno del pubblico? Non si determinerebbe quella condizione di squilibrio per cui, proprio per eccesso di contenimento delle concessioni, verrebbe a mancare la leva finanziaria e, di conseguenza, il privato si troverebbe dispensato dal fornire infrastrutture e la collettività non ricaverebbe vantaggio dall’intera operazione?

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