C’era grande attesa per il giudizio di Fitch, l’agenzia di rating chiamata a valutare lo stato di salute dell’economia italiana. Ma anche grande preoccupazione. Non solo è non tanto per quanto avesse potuto dire. Meglio naturalmente se non avesse infierito. Ma perché nelle prossime settimane vi sarà il bis di Moody’s e poi di Standard & Poor’. Una raffica di giudizi che, se avviati partendo con il piede sbagliato, avrebbero potuto produrre conseguenze più che spiacevoli.
Fitch ha invece salvato l’Italia, confermando il suo giudizio passato. Il rating sui titoli pubblici resta marchiato dalla tripla B, con outlook negativo. Ancora due punti sopra del junk (spazzatura): il confine estremo oltre il quale i titoli di stato non hanno più mercato. Sono rifiutati dai grandi operatori economici, non possono essere utilizzati come “collaterale” di garanzia, ma destinati a vagare come anime morte in un limbo senza speranze.
Gli elementi che hanno pesato sul giudizio, sono quelli noti da tempo: un debito pubblico fin troppo alto e, forse, destinato ad aumentare ulteriormente. Una crescita asfittica, impastoiata in troppi anni di mancate riforme, che il Governo giallo – verde, ma in questo caso più giallo che verde, non riesce a favorire. Una finanza pubblica sempre in bilico tra un deficit insostenibile ed il rischio di manovre correttive dall’andamento pro-ciclico. Una cura peggiore del male che si vorrebbe combattere. Banche, ancora in sofferenza, nonostante gli sforzi compiuti per ridurre il peso degli NPL. Che sono, tuttavia, pari a circa tre volte le medie europee.
In compenso qualche nota positiva. Come quella di un’economia fortemente diversificata, capace di avere produzioni ad alto valore aggiunto. Un debito privato molto più contenuto rispetto ai Paesi, con le stesse caratteristiche. Un sistema pensionistico che Fitch considera ancora sostenibile, nonostante le cassandriche visioni di “quota cento”. Un debito pubblico, indubbiamente alto, ma, comunque, con una lunga durata media (6,7 anni) che tranquillizza. Un rapporto con l’estero più che positivo. Ma soprattutto – questa è almeno la nostra idea, nel leggere il giudizio complessivo – l’ipotesi che questo stato di cose non possa e, forse, non debba durare.
“Le tensioni nella coalizione di governo – è scritto nel report – e la possibilità di elezioni anticipate aggiungono incertezza sulle politiche economiche e di bilancio. Le differenze ideologiche tra il Movimento Cinque Stelle e la Lega probabilmente aumenteranno queste tensioni. Non ci aspettiamo che il governo italiano duri l’intero mandato e vediamo un aumento delle probabilità di elezioni anticipate dalle seconda metà di quest’anno».
Nel frattempo, tuttavia, le previsioni di crescita sono state abbassate. Il Pil italiano nel 2019 crescerà solo dello o,3% (contro una precedente previsione dell’1,2). L’anno successivo andrà leggermente meglio, con un più 0,6%. Sempre che il deficit di bilancio non vada oltre le previsioni formulate: 2,3 nel 2019 e 2,7 nel 2020. E che, quindi, si renda necessaria una manovra correttiva.
Come c’era da aspettarsi, il Governo ha incassato. Muovendosi sulla linea che lo stesso presidente del Consiglio aveva enunciato il giorno prima, durante il question time al Senato. Le cose andranno meglio nel secondo semestre dell’anno, il governo non si farà imporre l’agenda politica dall’esterno e via dicendo. “Le valutazioni di Fitch – si legge in una nota di Palazzo Chigi – confermano la solidità economica del nostro Paese e, come era prevedibile, risentono del rallentamento economico transitorio che sta investendo tutto il continente europeo. Andiamo avanti con la strada tracciata nella manovra per assicurare sviluppo ed equità sociale all’Italia, prestando attenzione ai rischi provenienti dal contesto internazionale».
Nota in cui l’aspetto meno rassicurante è proprio quell’incipit dell’andare avanti. Come se nulla fosse.