Si apre una settimana cruciale per Brexit con una nuova seduta a Westminster prevista per mercoledì. Questa settimana che si apre ne segue una estremamente intensa appena conclusa. La scorsa settimana è iniziata con la prosecuzione dei colloqui tra il pool di negoziatori britannici e dell’Unione europea ed è proseguita col nuovo incontro tra Theresa May e Jean-Claude Junker, alla ricerca di una modifica al controverso meccanismo del backstop al confine irlandese contenuto nel Withdrawal Agreement. Al momento, mentre le negoziazioni continuano, ancora non si rileva la disponibilità della Commissione Europea ad apportare modifiche all’accordo già approvato sulla sponda europea della Manica.
Ma la scorsa settimana è stata anche caratterizzata da un piccolo, ma forse non tanto piccolo, “terremoto” politico-parlamentare. Alla House of Commons è stato costituito un nuovo gruppo parlamentare indipendente composto da otto fuoriusciti dal Labour, in aperta polemica con il leader Corbyn, e da tre fuoriusciti dai Conservatives. È questo uno dei primi forti segnali delle lacerazioni che Brexit sta portando nella politica del Regno Unito con la definizione di alleanze trasversali all’interno delle forze politiche, con parlamentari accomunati dalla posizione su Brexit ancora prima che dalle posizioni dei rispettivi partiti di appartenenza sugli altri temi oggetto dell’agenda politica.
Questo nuovo gruppo indipendente è composto, tra gli altri, da due parlamentari piuttosto noti per le loro posizioni contrarie ad un uscita No Deal e favorevoli ad un nuovo referendum, Chuka Umunna arrivato dal Labour e Anna Soubry arrivata dai Conservatives, ma l’intero gruppo indipendente si attesta su queste stesse posizioni.
Ma la settimana non si è conclusa in questo modo. Un altro “colpo di scena”, in realtà in parte preventivato già da diversi giorni, è arrivato da tre ministri del governo May, il ministro del Lavoro Amber Rudd, il ministro delle Attività Produttive Greg Clark e il ministro della Giustizia David Gauke, che in un articolo a sei mani pubblicato sul Daily Mail hanno dichiarato che se mercoledì 27 febbraio non ci sarà a Westminster una maggioranza a favore del Withdrawal Agreement darebbero le dimissioni dal governo per poi votare a favore di un emendamento che chiede di rinviare l’uscita del Regno Unito dalla Ue per scongiurare il rischio di un’uscita senza accordo il 29 marzo. In tal caso sarebbe da verificare la posizione del Regno Unito rispetto alle prossime elezioni europee, ma proprio per evitare questo nodo c’è chi parla di proporre un rinvio del termine proprio fino al 23 di maggio, data di inizio delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo.
Intanto lo stesso Corbyn, indebolito all’interno del Labour da questa scissione determinata dalla posizione su Brexit ma anche da altre divergenze sulla politica interna, in primis le polemiche sul presunto antisemitismo, ha lasciato trapelare un suo cambio di posizione verso una apertura ad un nuovo referendum per far ratificare ai cittadini britannici l’accordo di recesso che dovesse essere approvato a Westminster, e avrebbe quindi dato una disponibilità a votare l’accordo in Parlamento se seguito poi da referendum.
Le prossime ore saranno decisive per sapere quali novità potranno essere portate mercoledì a Westminster dalla premier, che ha già dichiarato che, essendo ancora in corso le negoziazioni con la Ue, non ci sarà un voto sull’accordo. Si terrà invece un nuovo voto sulle mozioni parlamentari, per verificare le posizioni all’interno della House of Commons.
A questo punto si intravede anche un nuovo scenario, frutto di quanto accaduto la scorsa settimana.
Sarebbe infatti possibile il delinearsi di una maggioranza parlamentare in grado approvare l’emendamento per lo slittamento della data di uscita.
Questo tempo in più verrebbe utilizzato per continuare le negoziazioni con la Ue nel tentativo di apportare modifiche al Whitdrawal Agreement, ma non è da escludere che si possa determinare in parlamento una maggioranza oltre che per lo slittamento del termine anche per approvare il Withdrawal Agreement, con o senza modifiche in conseguenza dell’esito delle negoziazioni con la UE, a condizione che venga poi sottoposto a referendum. In tal caso, nelle intenzioni dei Remainers una eventuale bocciatura referendaria potrebbe aprire la strada ad una retromarcia su Brexit.
Se invece questa maggioranza trasversale per il rinvio del termine non dovesse determinarsi, allora un voto sull’accordo, con o senza modifiche, si terrà entro il 12 di marzo, come dichiarato da Theresa May, e in caso di bocciatura, l’uscita No Deal e la conseguente Hard Brexit potrebbero diventare realtà il 29 marzo. La settimana che sta iniziando è certamente importante, ma la sensazione è che non sarà ancora decisiva.