Il progetto denominato “vettori di precisione” dei missili iraniani, soprattutto del modello Zelzal, oggi operanti in Libano, è arrivato a un grave punto critico. Il “partito di Dio” è, oggi, il più importante attore militare non-statuale al mondo, che è certamente anche più potente dello stesso esercito libanese, con almeno 30.000 circa combattenti a tempo pieno e altri 25.000 elementi della riserva. Tutti molto bene addestrati dai pasdaran iraniani, che li fondarono direttamente, nel 1982, con una decisione personale dell’Imam Qomeini Gli Zelzal, (e quelli in dotazione oggi a Hezbollah sono soprattutto gli Zelzal 3) poi, (si noti qui che “zelzal” vuol dire terremoto, in farsi) sono missili a propellente solido, da terra a terra, un modello nato ufficialmente nel 2007 e che ha un raggio di azione stabile di oltre 250 chilometri. La sua scheda ufficiale dei governi iraniano e libanese afferma che esso ha un range tra i 180, minimi, e i 250 chilometri massimi, ha una lunghezza di 9600 millimetri, un diametro di mm.616, un peso massimo della testata armata di 900 chilogrammi, un errore medio all’arrivo di meno di cinque metri e un peso del propellente Htpb (un oligomero del butadene, (con una formula quale la un peso che ha un peso massimo di 1980 chili, opera al massimo in 20 secondi di viaggio e ha una durata massima di servizio di sette anni. Per ora, il progetto iraniano in Libano, e solo per Hezbollah, implica la trasformazione di oltre 14.000 missili Zelzal 2 e 3 in vettori di alta precisione. Il progetto per le infrastrutture missilistiche può convertire vettori Zelzal-2 in missili ad alta precisione con un costo unitario, e nel tempo di poche ore, di circa 5000-10.000 Usd per pezzo; una operazione che l’Iran svolge da tempo, anche per la guerriglia Houthi in Yemen.
Ovviamente, questa riconversione rapida mette in estremo pericolo e immediato sia le reti commerciali, informative e militari israeliane nel Mar Rosso, ma anche, e direttamente, tutte le basi statunitensi nel grande Medio Oriente. All’inizio, l’Iran ha cercato di mandare questi missili in Libano direttamente via Siria, sulla linea del “corridoio” sciita Iraq-Libano; ma Israele ha messo in atto, e da tempo, molti e precisi raid aerei, tali proprio da rendere del tutto insicuro il vecchio “corridoio” dall’Iraq al Libano, vero obiettivo della guerra in Siria di Teheran e, anche, tali soprattutto da rendere inefficace anche la produzione di Zelzal 2 e 3 in Siria. Per tutta risposta, l’Iran ha lanciato una sua operazione tecnica e di intelligence, al fine di rendere possibile una guida autonoma e evoluta di tipo Gps ( e anche Glonass russo) per gli Zelzal 2 e 3 già presenti in Libano, che dovrebbero essere oggi poco oltre i 14.000. I componenti più importanti di questi vettori sono ancora trasportati, ovviamente smontati, dall’Iran e dall’Iraq al Libano, nelle fabbriche coperte di Hezbollah, sia per via di terra, nella rete parallela del “corridoio” Iraq-Libano, sia via aerea da Damasco, utilizzando le linee commerciali private di proprietà dei pasdaran. Quando i vettori arrivano nelle fabbriche libanesi, spesso collocate sottoterra, in mano a Hezbollah (e ai pasdaran iraniani), gli Zelzal 2 e 3 vengono modificati nel loro settore di controllo-comando intermedio; e viene loro inserito un sistema per la guida Gps o per il sistema satellitare russo, un ulteriore nuovo sistema di comando e controllo integrato; e tutto ciò riguarda, sostanzialmente, la trasformazione di uno Zelzal 2 in un nuovo Fateh 110. Il Fateh 110 è appunto un missile iraniano a corto raggio, utilizzabile su lanciatori mobili terrestri, sempre a propellente solido. Probabilmente, esso incorpora anche sistemi di guida di fabbricazione cinese, ha comunque una lunghezza di 8,86 metri, un diametro di 0,61 metri, un peso al lancio di 3450 chili, una carica massima di 500 chili, un raggio operativo, al massimo, di 300 chilometri. Quanti ne abbia ora a disposizione Hezbollah, di Zelzal 2 modificati in Fateh 110, non è ancora del tutto chiaro, ma si pensa che il “partito di Dio” disponga oggi di circa 150 vettori ad alta precisione. Ma gli Zelzal 2 libanesi non ancora modificati dovrebbero essere già 14.000.
Hezbollah, lo ricordiamo, ha già attentato con dei missili alla raffineria di Haifa, fortunatamente senza ripetere la strage del 1947, ad alcune basi aeree israeliane, alle vicinanze del reattore nucleare di Dimona, al Kirya delle FF.AA. israeliane, alla direzione dell’Idf a Tel Aviv. Ecco quindi il problema: se è certamente vero che Israele ha la massima copertura possibile sul piano missilistico, è anche vero che la protezione assoluta non è più possibile. E’ quindi tragicamente probabile che la Difesa di Gerusalemme possa, in futuro, essere messa nelle condizioni di dover scegliere tra la protezione delle infrastrutture critiche e quella dei centri maggiormente popolati. La soluzione strategica migliore, per Israele, può essere o un attacco preventivo diretto dentro il Libano, il che porterebbe ad una conflagrazione completa con il Libano, ma anche con la Siria, con i gruppi sunniti operanti in Siria, con l’Iran e con una quota di militanti sciiti, provenienti dall’Iraq e già installati sul confine della Bekaa-Golan. Una delle strategie di Gerusalemme è oggi, comunque, quella di mantenere un focus di attenzione internazionale e informativa sui missili di Hezbollah e di rivelare, al contempo, molti e esatti dati di intelligence, tali da verificare il pericolo di questa nuova composizione delle forze ai confini di Israele. Ma, detto tra parentesi, siamo proprio sicuri che Teheran voglia, per pura e sciocca follia antisemita, iniziare a distruggere lo stato ebraico, mettendo a ferro e fuoco l’area per fare alla fine un favore, probabilmente, ai soli suoi nemici sunniti? E per favorire alla fine un completo clash contro gli interessi iraniani in Libano e Siria delle forze occidentali, che entrerebbero facilmente da un Israele destabilizzato verso il territorio iraniano? Gli europei, se solo fossero meno sciocchi, potrebbero esercitare una pressione credibile anche nei confronti di Hezbollah, facendo sapere al nuovo governo di Hariri, che appare ancora come un amico degli occidentali, che tutto questo è una evidente e pesantissima violazione della Risoluzione ONU 1701. Tale da costringere anche la Federazione Russa e la Cina a ben più miti consigli. Certo, la situazione è sempre più complicata. Hezbollah possiede, lo abbiamo già detto, circa 140.000 missili di fabbricazione iraniana, nascosti in case private sul confine libanese verso Israele, con almeno 14.000 tra di essi, che sono certamente degli Zelzal 2 e 3, vettori che possono essere lanciati, secondo le statistiche dell’ultimo conflitto tra il “partito di Dio” e Israele del 2006, tra i 180 al giorno fino ai 1200.
Ovvio che la saturazione dei lanci dal Libano è tale da produrre danni, contro-risorse o contro-forze, danni che possono mettere in pericolo la risposta militare di Israele e la sua tenuta sociale interna. Il “progetto precisione” di Hezbollah è, oggi, lo ripetiamo, organizzato direttamente dalle Guardie della Rivoluzione iraniana. Data la composizione interna di Israele, basta colpire alcune infrastrutture critiche (aeroporti, anche civili, industrie, centri abitati) e, poi, tanto più sono precisi i missili, tanto meno ne occorrono per raggiungere un effetto seriamente distruttivo. Ma ricordiamo che Hezbollah ha a disposizione anche degli ScudD 2, sempre posizionati in Libano, che avrebbero un raggio di azione tra i 200 e i 400 chilometri. Il “partito di Dio” ha anche acquistato, dalla Siria di Bashar el Assad, alcuni pezzi dell’M-600 Tishreen, la versione siriana del missile, già qui citato, Fateh 110. Con diversi sistemi di guida e controllo. La precisione Gps dei missili è però critica per il loro effetto strategico. I missili di precisione sono tali soprattutto perché hanno una bassa Cep, Circular Error Probability. Il Cep è il raggio del cerchio che dovrebbe racchiudere il 50% dei punti di arrivo dei missili lanciati. Tanto più piccolo il Cep, quindi, tanti meno missili occorrono per distruggere un obiettivo. I missili con il Gps e il Glonass arrivano sul loro obiettivo tramite meccanismi di tipo inerziale. Con le principali coordinate dell’obiettivo che sono inserite nel vettore, al momento del lancio, via computer portatile. Il Gps e il Glonass utilizzano accelerometri e giroscopi che muovono ali e sostegni esterni sulla superficie del missile. Con un feedback immediato sulla rotta e la quantità di inerzia-combustibile che viene valutata immediatamente, e in modo automatico, dallo stesso vettore.
Il motore a propellente solido dura, comunque, circa 30 secondi, per poi far andare il missile per inerzia. Le correzioni alla rotta sono possibili fino al momento dell’impatto. Tutti questi missili iraniani a disposizione di Hezbollah sono, comunque, mobili su strada. La dimensione non trascurabile del missile lo rende passibile, per un breve periodo, a poter essere colpito prima del lancio, ma certo è una operazione particolarmente difficile. Zelzal 2 e Fateh 110 sono quindi simili, quindi il loro refitting con il Gps o il Glonass è relativamente facile e comporta parti aggiuntive piccole, di facile trasferimento. L’Iran usa, ed è bene notarlo ancora, come sensore satellitare, sia l’occidentale Gps che il russo Glonass. Bastano poche ore, 2-3 per missile, con la sostituzione del sistema di guida, le nuove alette in superficie, il sistema di controllo inerziale, per trasformare un vecchio Zelzal in un vettore di precisione. I militanti libanesi del sistema missilistico di Hezbollah, per alcune centinaia, sono addestrati in una sezione speciale della Imam Husseyn University di Teheran, l’università ufficiale delle Guardie della Rivoluzione, ma solo per modificare i missili, e molti del “partito di Dio” sono già ritornati in Libano. I materiali di ricambio sono inviati in Siria e in Libano tramite, lo ripetiamo, via terra o delle linee aeree formalmente civili, di proprietà delle Guardie della Rivoluzione iraniana.
I pezzi nuovi sono mantenuti e controllati soprattutto nei magazzini dell’aeroporto di Damasco, ma le fabbriche siriane di pezzi missilistici sono state poste, tutte, sotto il controllo diretto dei pasdaran fin dal dicembre 2016. La logica di Hezbollah è quindi, probabilmente, quella secondo la quale più missili sono a disposizione, anche a bassa precisione, meno sarà possibile che Israele scelga una strategia preventiva di distruzione degli arsenali prima che essi vengano utilizzati. Quanti danni può fare un missile come questi, rielaborati dall’Iran per gli sciiti libanesi? Il Fateh 110 ha un Cep di 100 metri, e quindi può distruggere un obiettivo standard con la probabilità del 75%. E, per obiettivi urbani in aree ad alta densità, il Cep di Fateh 110 diminuisce ulteriormente. Israele è piccolo e densamente popolato, con una distribuzione di obiettivi critici tra la gente residente e i sistemi urbani che è elevatissima. Centri della massima importanza sono collocati molto vicini tra di loro, in un’area che, mediamente, è larga circa 20 chilometri e profonda circa 100. Israele ha 20 aree di produzione dell’energia, tre porti commerciali, un grande aeroporto internazionale. Poi, le basi militari: la Palmahim, la Tel Nof, la Nevatim, la Hatzor, Dimona, la raffineria di Haifa, il quartier generale dell’Idf nel centro di Tel Aviv. La copertura operativa delle fabbriche dei missili di Hezbollah in Libano è poi svariata: sotto un campo di calcio, subito a nord dell’aeroporto di Beirut, vicino al canale Uza’i. E in molte case private, spesso di elementi non segnalati come militanti del gruppo sciita. Poi vi sono depositi missilistici libanesi a Latakia, proprio nei pressi delle postazioni russe e, probabilmente, in modo tale da renderle anche obiettivo di una contro-operazione israeliana, poi ancora a Safita, a Hisya e, lo abbiamo già detto, a Damasco.
Ma, lo ricordiamo, tutte le campagne aeree di Israele contro i siti di lancio, le fabbriche e le aree di modifica dei missili iraniani di Hezbollah, da quella del novembre 2017 a Hisya a quella su Jamaraya, nel febbraio 2018, fino alla operazione su Latakia, del settembre 2018, tutte queste azioni aeree sono state però compiute da Gerusalemme in pieno accordo con la Federazione Russa. Ma, diversamente da quanto è accaduto in Siria, Israele non ha ancora intenzione di compiere stabili azioni preventive sul territorio libanese, in un’area che potrebbe rapidamente innescare un conflitto maggiore con la Siria, l’Iran, i gruppi sunniti, altri ancora. Sul piano della protezione e della risposta missilistica, Israele può contare, a tutt’oggi, sull’Iron Dome, una rete di sensori e di batterie missilistiche da early warning, con ulteriori batterie di mortaio evolute, operativa fin dal 2012, ma soprattutto operante contro i vecchi razzi Qassam o le Katiusce di antica origine sovietica. Funziona in modo ottimale per obiettivi intorno ai 70-100 chilometri. Poi, Gerusalemme ha in azione, fin dal 2017, anche la Fionda di Davide, una rete di missili a medio raggio e a medio-alta carica, operante fino ai 300 chilometri, che è utile proprio contro i Fateh 110, gli Zelzal 2 e 3, contro i siriani M-600, anche quelli modificati con il GPS-GLONASS iraniano; ma Israele possiede anche la rete Arrow 2, con missili balistici a lungo raggio che abbiano un raggio oltre i 200 chilometri, attiva dal 2000, infine è attiva anche la Arrow 3, una rete di sensori e missili con raggio oltre i 200 chilometri e con direzione spaziale nella loro fase finale di traiettoria, e questa attiva dal 2017.
Ma c’è comunque ancora un problema. Le reti antimissile, anche le più specializzate e moderne, come quelle israeliane, possono essere rapidamente saturate da una altissima quota di lanci quasi simultanei e da azioni di decodifica in volo dei vettori, che possono accecare o comunque limitare la pienezza della risposta antimissile. Se è vero che Israele non ha alcuna difficoltà a selezionare i missili diretti verso le aree critiche del proprio territorio, o quelli inviati in zone irrilevanti, ma è anche vero che gli intercettori sono estremamente costosi da porre in sito, infinitamente più cari degli stessi missili che devono intercettare, soprattutto se si tratta di vettori a breve raggio. Quindi, lo stato ebraico potrebbe essere costretto a scegliere di difendere, in un tragico futuro, le sole infrastrutture critiche, lasciando alcuni centri abitati sovra-esposti. Scelta politicamente suicida per qualsiasi governo. Naturalmente, una opzione inevitabile, per Gerusalemme, sarà anche quella di portare la guerra, probabilmente non solo aerea, in Libano, con evidenti effetti a cascata per tutte le forze presenti nell’area. Quindi, è del tutto razionale che il governo israeliano abbia compiuto la scelta di costituire un nuovo “corpo missilistico” dell’Idf, per contrastare specificamente questo nuovo tipo di minaccia, che sarà da Nord ma, anche, da Sud, dalla Striscia di Gaza e, magari, dalle reti jihadiste ormai padrone del Sinai. La tecnologia dell’Iran, nel campo della guida di precisione dei missili, deriva comunque dal Paveway IV statunitense, (Cep 15 metri, 70.000 usd a missile) il quale è un vettore che incorpora un sistema duale di comunicazioni che fa anti-jamming sulla rete GPS (ma non su quella Glonass) e ha una guida semi-attiva a laser. Gli inglesi usano, oggi, il Brimstone, con Cep a meno di un metro e un sistema di guida laser particolarmente evoluto. Poi, sempre gli inglesi, hanno a disposizione l’Exactor 2, con un raggio di 30 chilometri e multiruolo. Un sistema, peraltro, quasi completamente automatizzato. Tutte tecnologie disponibili anche agli iraniani. Il rapido reverse engineering dei materiali alleati e occidentali trovati in Siria ha fatto miracoli, per Teheran. Il costo del nuovo progetto iraniano sui missili di precisione in Libano dovrebbe essere, secondo le fonti di Gerusalemme, un totale di 17 miliardi di usd, tutti investiti nelle sole reti di Hezbollah. Il costo finale unitario, per missile, dovrebbe essere, oggi, di 10.000 usd l’uno. Il programma libanese, però, come ci rivelano varie fonti di intelligence, ha ancora solo 250 missili già operativi, come peraltro ha dimostrato lo stesso documentario, prodotto proprio dal gruppo sciita libanese, in cui si vede una pattuglia di confine dell’Idf, la 401° brigata corazzata, colpita in un incidente avvenuto quattro anni fa. La cosa è strana: la pattuglia israeliana aveva a disposizione un carro armato M4 Windbreaker, che ha una rilevante difesa passiva e attiva antimissile; ma quindi Hezbollah ha dedotto, del tutto correttamente, che Israele ha tutte le capacità, oggi, di inviare unità via terra in territorio libanese per portare lo scontro all’interno dell’area sciita nel Paese dei Cedri. Che è esattamente proprio quello che Hezbollah non vuole in alcun modo.
Sia i Servizi militari di Gerusalemme che le Forze armate israeliane hanno, comunque, esplicitamente affermato che Hezbollah “non ha ancora la capacità industriale per rendere missili di precisione quelli forniti dall’Iran”. Per ora, comunque, il “partito di Dio” avrebbe a disposizione, in tutto, dai 90 i 250 missili, già predisposti per azioni ad alta precisione. Non è quello che serve, né all’Iran nè a Hezbollah, per compiere l’operazione di saturazione missilistica che è nei loro progetti. Se poi mettiamo anche in conto che il “partito di Dio”, normalmente, fallisce almeno il 10% dei lanci, con uno standard internazionale che è oggi invece del 4% nel settore dei vettori piccoli e medi. Allora, con il 50% dei missili bloccati alla partenza on in volo dalle forze israeliane, come sempre accade allora, alla fine, solo 50 dei 250 missili aggiornati dall’Iran potrebbe oggi essere lanciata e divenire davvero pericolosa per Gerusalemme. Ma rimarrebbe comunque l’effetto politico e strategico, data la densità demografica e la complessità del sistema difensivo e infrastrutturale israeliano. Quindi, il problema non si risolve comunque aspettando. Quindi, sia l’Iran che Hezb’ollah hanno recentemente deciso di limitare il programma di aggiornamento ai soli 14.000 missili Zelzal 2 già presenti e operativi, senza aggiornamenti, nell’arsenale del gruppo sciita libanese. Ma, anche qui, ci sono molti problemi. Occorrono allora nuove fabbriche, con un processo pezzo per pezzo che trasforma uno Zelzal 2 o 3 in un Fatteh 110, che ha, lo ricordiamo, un raggio di azione di 300 chilometri. Il che è esattamente quello che serve, nella prima salva missilistica, agli sciiti iraniani e libanesi. Però, se l’Iran ha già prodotto, nei centri di ricerca universitari che abbiamo citato a Teheran, 4000 nuovi settori di missili ad alta precisione, ma solo 1000, fino ad oggi, hanno raggiunto tranquillamente il Libano. Altro problema, per Hezbollah e la Guardie della Rivoluzione iraniana, è quello degli spazi, sempre inevitabilmente rilevanti, che sono necessari per aggiornare i missili, sia in Siria che in Libano. Aree peraltro tutte già colpite dagli attacchi israeliani, ma che sono comunque ancora limitate e ben note. E le poche fabbriche operative, ma da poco tempo, in Siria e in Libano sono già state colpite dagli attacchi aerei israeliani.
Di conseguenza, Hezbollah ha risolto il problema, per ora, distribuendo i missili da aggiornare in piccole, artigianali e molto diffuse fabbriche, presenti in tutto il territorio meridionale del Libano e, pochissime, ancora in Siria. Il che significa che il processo di rielaborazione e aggiornamento dei missili diviene più lento, difficoltoso e, allora, meno qualitativamente importante. I costi, poi, a cui prima accennavamo, aumentano allora in proporzione alla difficoltà dell’aggiornamento tecnico e, quindi, se i missili riqualificati costeranno almeno 11.000 usd l’uno, allora il totale dell’upgrade tecnologico dei vettori di Hezbollah varrà, oggi, almeno 145 milioni di usd. Quindi, tutto si risolve nei tempi standard di aggiornamento iraniano e di risposta da parte di Israele e, certo, di un nuovo, possibile accordo indiretto Israele-Siria, non mediato oggi, come allora, erano gli anni ’90, dagli Usa. E un accordo tacito che valga, oggi, in un quadro di accordi tra la stessa Siria, che ha allungato le mani sul Libano e oggi non può più certo tenerlo, e lo stesso Israele, che potrebbe accettare, previa minaccia credibile su Hezbollah, una mediazione dei russi o, perfino, degli Usa, sugli attuali equilibri in Libano.