“La Legge di Bilancio avrebbe potuto fare molto di più per portare l’Italia su un percorso in linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, anche perché il ritardo accumulato dal nostro Paese è molto ampio”. Lo dice con tono calmo Enrico Giovannini, già ministro del Lavoro con il governo di Enrico Letta e oggi portavoce dell’Asvis, Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, la più grande rete di organizzazioni della società civile creata in Italia con oltre 200 organizzazioni associate. “Presentiamo questa mattina – spiega in questa intervista a Formiche.net – un documento al governo e ai parlamentari per denunciare i ritardi italiani. Appaiono preoccupanti l’assenza di interventi “sistemici” per l’economia circolare, la transizione ecologica dei sistemi produttivi, l’occupazione giovanile e femminile, così come sembrano ancora timidi i provvedimenti nel campo della lotta al cambiamento climatico e al degrado ambientale. Il cambiamento a favore dello sviluppo sostenibile è auspicato da oltre l’80% degli italiani, non dimentichiamocelo”.
Come spiega i ritardi italiani?
Dal punto di vista della governance siamo all’anno zero o quasi, rispetto a quanto firmato nel settembre 2015 per l’attuazione dell’Agenda 2030. Sono infatti passati tre anni e mezzo dove si è fatto poco o nulla. E’ stata approvata a dicembre 2017 la Strategia nazionale dello sviluppo sostenibile che prevedeva una serie di impegni, tra cui lo spostamento a Palazzo Chigi del coordinamento per le politiche di sviluppo sostenibile, l’ex presidente Paolo Gentiloni ha firmato lo scorso marzo una direttiva che dà attuazione a quella strategia ma il nuovo governo in tutti questi mesi non l’ha attuata.
Perché?
Disattenzione, complessità della materia ma anche scarsa volontà politica di fare dell’Agenda 2030 il vero collante e motore della trasformazione dell’Italia.
Che benefici si possono avere?
Parliamo di uno sviluppo sostenibile che non sia soltanto ambientale ma anche economico, sociale e delle istituzioni. È chiaro che nel momento in cui le previsioni dell’economia sono per i paesi industrializzati di bassa crescita, bisognerebbe puntare maggiormente ad un’economia circolare che previlegi una transizione ecologica dei sistemi produttivi. L’Ambiente infatti continua a deteriorarsi con costi elevatissimi per la società e per l’economia.
Ma si può fare una stima ad esempio in rapporto al pil approvando gli obiettivi dell’Agenda 2030?
No è impossibile e anche sbagliato ragionare in questi termini. L’economia circolare porta benefici diretti e occupazionali ma quantificare tutto questo è sbagliato perché queste politiche vanno oltre al prodotto interno lordo. Ad esempio non potremmo mai contabilizzare i 60mila morti l’anno che abbiamo in Italia per malattie legate all’inquinamento.
Volete una cabina di regia a Palazzo Chigi, perché?
Perché queste politiche di cui stiamo parlando riguardano la povertà, l’educazione, la salute, la crescita economica, l’ambiente cioè tutte le materie di cui si occupa il governo. Allora chi se non il presidente del Consiglio potrebbe fare questo? Avviene ad esempio in Spagna e in molti altri paesi. In questo caso Palazzo Chigi assicurerebbe il coordinamento e l’indirizzo.
Rispetto agli obiettivi Onu, sembra migliorare in Italia la lotta alla povertà. Come giudica in tal senso il reddito di cittadinanza?
Il miglioramento è dovuto in parte alla ripresa economica e in parte alle politiche fatte in precedenza. Al di là della difficoltà di attuazione del reddito di cittadinanza che è enorme, sono assolutamente d’accordo che ci sia uno strumento diretto, di ultima istanza, che favorisca il reinserimento non solo lavorativo ma anche sociale di chi è fuori dai circuiti sociali. Si può molto discutere sull’attuazione ma, certamente, è uno strumento che va nella direzione giusta e molto simile a quello che avevo disegnato io quando ero ministro del Lavoro.
Cosa manca in definitiva per dare un colpo di reni a tematiche così importanti come lo sviluppo sostenibile in Italia?
Non abbiamo più tempo da perdere, la legge di bilancio 2019 come dimostriamo nel documento che presentiamo ha alcuni interventi che vanno nella direzione giusta ma, mancando una visione completa e coerente sulla strada da prendere, viene meno anche quel messaggio al settore privato che poi ha un ruolo fondamentale nell’attuazione dell’Agenda 2030 proprio sul dove investire, in che direzione andare e sul come far crescere un’Italia migliore e sostenibile.