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Ecco come Roberta Lombardi tende la mano al Pd (di Zingaretti)

Lombardi

Non sarebbero molte le differenze programmatiche tra i tre candidati alla segreteria del Partito democratico, Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti, scrive Antonio Polito sul Corriere, commentando il dibattito che ha visto scontrarsi i tre dem in diretta televisiva. Su una cosa, però, c’è distanza, anzi due. La prima, la possibilità di dialogare con il Movimento 5 Stelle per un eventuale governo futuro; la seconda, che include anche la prima, il renzismo o l’antirenzismo, che avvicina e allontana i tre contendenti.

Sia Giachetti che Martina, infatti, hanno escluso nel corso di questi mesi la possibilità di accordo con il Movimento 5 Stelle, qualora dovesse cadere il governo, e sono i candidati che si contendono i voti dei renziani di ferro (come Boschi, che si è schierato a favore di Giachetti, e Lotti, che invece si è detto vicino a Martina) mentre Nicola Zingaretti, benché abbia più volte dichiarato di non cercare nessuna alleanza con i 5 Stelle, ha alle spalle l’esperienza di dialogo con la forza guidata da Luigi Di Maio nella Regione Lazio. A testimoniare la bontà del modello di dialogo tra Zingaretti e i grillini, dalle pagine del Fatto Quotidiano di oggi, è proprio una esponente storica del Movimento 5 Stelle, Roberta Lombardi, che aveva partecipato alle consultazioni in streaming del lontano 2013 insieme a Beppe Grillo e Pier Luigi Bersani.

Non fu un errore, quello del 2013 di rifiutare di andare al governo col Pd, spiega la già deputata grillina, ora consigliera regionale, perché “Bersani, non ci propose di fare un governo assieme, ma di adottare tecniche parlamentari per far nascere un suo esecutivo. Insomma, di far alzare un po’ di nostri senatori al momento del voto di fiducia. Un’offerta non proprio irresistibile, anche se oggi sarei più diplomatica”. Oggi, però, le cose son cambiate, perché un dialogo con il centrosinistra c’è già stato e si è dimostrato fruttuoso, spiega Lombardi.

“In Regione dopo il 4 marzo si era verificata una situazione inedita, con Zingaretti vincitore di un soffio e senza maggioranza in Consiglio. Così provai a fare un discorso al centrosinistra, partendo dal fatto che c’erano diversi punti in comune tra i nostri programmi. Per questo proponemmo al governatore di lavorare assieme su alcuni temi condivisi. E ci siamo riusciti, su ambiente, lavoro e trasparenza”. Insomma, il modello Lazio potrebbe funzionale anche sul nazionale se e quando il governo gialloverde dovesse cadere: “Non si può escludere che un domani il Movimento torni a dialogare con il Pd come è avvenuto nel Lazio, dove Zingaretti ha avuto l’intelligenza di capire che il renzismo era morto, e di assorbire alcuni dei nostri temi”.

Torna protagonista, anche se indirettamente, Matteo Renzi. Perché Lombardi chiarisce anche un punto: non è stato il Movimento 5 Stelle a scegliere la Lega, all’indomani delle elezioni politiche del 4 marzo, ma lo stesso Pd. “È falso dire che abbiamo preferito la Lega. L’accordo con il Pd era praticamente chiuso, ma Matteo Renzi lo fece saltare”. Insomma, sul tavolo delle primarie del Partito democratico la carta dell’antirenzismo e del dialogo con i 5 Stelle sembra ancora l’unica a tenere banco.



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