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Giorgetti riavvicina Italia ed Usa. Vocazione atlantica possibile piattaforma comune tra Lega e M5S

Visite pentaleghiste a Washington. La naturale vocazione atlantica dell’Italia può forse creare le premesse per trovare una comune piattaforma tra le due compagini parlamentari governative che appaiono sempre più divise. Il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Giancarlo Giorgetti, è di ritorno dagli States dove ha partecipato negli ultimi giorni ad incontri bilaterali di alto livello con la controparte americana, ma entro la fine del mese potrebbe essere lo stesso vicepremier M5s, Luigi Di Maio, a recarsi in visita nella capitale statunitense. Se su Tav, politiche sociali e autonomie regionali, le due gambe che sostengono il governo sono costantemente ai ferri corti, potrebbe ben presto svilupparsi un’intesa tra leghisti e grillini sulla necessità di coltivare proficue relazioni con gli States. E il 7 marzo – ancora a Washington – arriverà il sottosegretario alla Difesa, Angelo Tofalo, per una conferenza organizzata dall’ambasciata italiana sul delicatissimo, quanto attuale, tema della cybersecurity.

Tante le sponde possibili tra Italia ed Usa, soprattutto sul fronte economico. Da Washington è stata chiesta più che altro concretezza e, ovviamente, gli americani hanno trovato una sponda naturale in Giorgetti, “l’uomo del fare” del governo, apprezzato da tutti per la sua naturale capacità di trovare una sintesi comune nelle guerre intestine dell’esecutivo italiano. Gli americani sono disponibili ad investire nel nostro Paese, ma chiedono in cambio di avere adeguate certezze dagli italiani. Gli stop and go del governo sulla Tav, il repentino ritiro delle licenze ad Autostrade, il cambio dei patti in corsa sono questioni giunte fino Oltreoceano. Ecco perché Giorgetti, durante le sue visite a Washington e New York ha dovuto abilmente operare per infondere fiducia nei partner statunitensi anche incontrando i settori produttivi statunitensi, oltre che quelli istituzionali. Nella capitale Usa il sottosegretario leghista ha avuto un proficuo scambio di battute alla Casa Bianca con il genero del presidente Trump, Jared Kushner, e il segretario al Tesoro Mnuchin per rinsaldare l’asse italo-americano.

Ma la visita di Giorgetti è servita anche per stabilire nuove intese tra i due Paesi nel settore dell’aerospazio e nei trasporti. Gli Usa, tra le altre cose, si sono detti propensi ad investire sulle infrastrutture portuali italiane, ma anche qui chiedono chiarezza al nostro esecutivo: a Trieste o Venezia, ad esempio, mal si concilierebbero gli interessi manifestati dalla Cina per rilevare imprese italiane o avviare progetti di costruzione, con la disponibilità promessa dagli americani. Stesso discorso per le infrastrutture critiche del Paese nel campo delle comunicazioni con l’apertura ai cinesi di Huawei e Zte per l’avvio del 5g italiano.

Giorgetti ha rassicurato i partner americani preparando probabilmente il terreno alla visita che farà Di Maio negli States entro la fine di marzo. Un progresso nei rapporti bilaterali tra i nostri Paesi che ha fatto seguito alle recenti visite di esponenti del nostro governo Oltreoceano: dal sottosegretario leghista Guglielmo Picchi, al ministro dell’Economia Giovanni Tria al titolare della Farnesina Enzo Moavero Milanesi. Un’impronta maggiormente improntata all’atlantismo che potrà probabilmente serrare le fila del governo giallo-verde attorno al comune obiettivo di far crescere l’economia italiana ferma al palo anche con l’aiuto dello storico partner Usa. Ecco perché i membri dell’esecutivo hanno preso, progressivamente, posizioni sempre più decise sul fronte internazionale. Più decisi sulle sanzioni all’Iran e alla condanna della dittatura di Maduro. C’è poi il fronte libico, lì dove Haftar sta conquistando sempre più terreno aiutato da russi e francesi e dove solo gli americani potrebbero venire in soccorso. Nuove prove di dialogo internazionale per il governo pentastellato e nuove, possibili, piattaforme comuni per rinsaldare l’alleanza all’interno dell’esecutivo.


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