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Perché presto l’Italia dovrà scegliere fra Cina e Usa. Parla Ian Bremmer (Eurasia Group)

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“Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore” cantava Francesco De Gregori nel 1982. Traslato il celebre brano nel linguaggio della geopolitica, i fatti che vedono il nostro Paese al centro dei riflettori internazionali in questi giorni potrebbero suonare così: “non è mica da un memorandum con il governo cinese che si giudica l’alleanza con gli Stati Uniti”. Ne è convinto Ian Bremmer, analista politico, fondatore e presidente dell’Eurasia Group, che ai microfoni di Formiche.net butta acqua sul fuoco. Nel breve periodo la passione cinese del governo gialloverde non avrà conseguenze. Presto o tardi però Roma sarà chiamata a scegliere, senza mezze misure.

Ian Bremmer, l’Italia ha infine firmato il memorandum con il governo cinese. Sorpreso?

Non è il primo che firmano i cinesi, stanno costruendo infrastrutture in tutta l’Eurasia e nell’Europa dell’Est. Di certo non sono sorpreso che l’Italia sia attratta dai cinesi. Il debito italiano è alle stelle e il governo ha fatto promesse importanti alla sua base elettorale.

La firma è giunta dopo mesi di avvertimenti dall’alleato statunitense…

Anche il Regno Unito sta iniziando a rigettare i moniti statunitensi sulla questione del 5G, già George Osborne si era fatto portavoce di questa linea perché a suo parere l’economia britannica aveva bisogno di un boom. La Germania forse non sarà d’accordo con questa scelta del governo italiano. Però quando gli Stati Uniti chiedono al governo tedesco di lasciar perdere il North Stream 2 con i russi, i tedeschi vanno su tutte le furie.

Insomma, c’è un doppiogiochismo degli Stati membri Ue?

Il vero problema è che gli europei sono davvero divisi sulla geopolitica. Hanno una strategia ma questa è il risultato di tante posizioni diverse e non di un concerto europeo. Dalla crescita economica cinese nel Vecchio Continente alle mire russe sul settore energetico passando per le migrazioni dal Sud, l’Europa fatica sempre più a elaborare un piano d’azione congiunto. La visita di Xi Jinping in Italia si inserisce in questa debolezza.

È da considerare una vittoria per i cinesi?

L’Italia è un Paese del G7 e dunque la sua adesione è la più grande vittoria simbolica per i cinesi nel progetto One Belt One Road. Sì, la Cina è già riuscita a portare dalla sua parte i Paesi dell’Europa dell’Est, che incontra ogni anno nel format 16+1. Ma si tratta di Stati politicamente ed economicamente molto più deboli dell’Italia, e spesso illiberali. In questo caso parliamo di una consolidata democrazia industriale. Anche se il governo italiano si professa euroscettico, l’Italia rimane un Paese fondatore dell’Unione Europea e questo per i cinesi è un guadagno non da poco.

Ma lei ci crede a questa storia dei cinesi che comprano il debito italiano o è solo un’illusione?

Non bisogna dare troppo credito agli annunci dei cinesi, c’è sempre un solco fra i numeri sbandierati e gli investimenti che effettivamente sono messi in campo. Quel che davvero gli italiani possono aspettarsi dall’intesa con i cinesi è quanto hanno ottenuto i greci. L’acquisto del porto del Pireo ha creato lavoro, è stato fatto nel pieno rispetto delle tempistiche, ha trasformato quel terminale in una potenza del Mediterraneo mettendo in ombra tutti gli altri porti greci, a partire da Salonicco che è gestito dai francesi.

In molti hanno fatto notare che gli investimenti cinesi hanno sempre un costo politico…

È vero, ma se gli Stati Uniti avessero avanzato la stessa offerta l’Italia non ci avrebbe pensato su due volte. La verità è che in questo momento i cinesi sono gli unici a firmare grassi assegni, anche hanno un prezzo politico e non sempre rispettano tutte le aspettative.

L’amministrazione Trump farà scontare all’Italia questa passione per la Cina?

Non credo Trump voglia vendicarsi. Ci sono diversi problemi fra Ue e Usa a cominciare dal commercio. Se, come credo, gli americani presto firmeranno un accordo commerciale con la Cina, sarà Bruxelles, non Pechino, il nuovo focus dell’amministrazione Trump, che metterà alle corde l’Ue, soprattutto sull’automotive. Ritengo molto improbabile che il memorandum firmato dagli italiani abbia conseguenze nel breve periodo.

Che dire invece del lungo periodo? Nel memorandum si fa riferimento alle telecomunicazioni, e in Italia le aziende cinesi sono in fila per implementare la rete del 5G.

Questo è un problema. Circa il 50% delle telco europee è in mano ai cinesi e il loro 5G promette di arrivare prima, e a un prezzo inferiore, di quello degli americani. Posso capire dunque perché il governo italiano non si sia focalizzato troppo sulla questione sicurezza delle telecomunicazioni e del settore hi-tech e fino ad oggi abbia avuto testa agli affari. Ovviamente questo ha un costo nel lungo periodo. Ci sono solo due superpotenze al mondo in questo settore: gli Stati Uniti e la Cina. Arriverà il giorno in cui l’Italia sarà costretta a decidere.



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