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Brexit, per uscire dallo stallo la decisione passa al Parlamento

Brexit

Da Chequers a Chequers. Il governo britannico è tornato a riunirsi nella residenza di campagna della premier May, a nove mesi dalla precedente riunione in cui fu trovato l’accordo sul cosiddetto White Paper su Brexit, poi divenuto la base del Withdrawal Agreement con l’Ue, che causò le dimissioni dal governo di David Davis e Boris Johnson.

In quel momento la soluzione, nonostante tutto, sembrava a portata di mano, e ben pochi immaginavano che la situazione si sarebbe avvitata come è poi accaduto. Intanto il Whitdrawal Agreement, già approvato dal Consiglio Ue, è stato bocciato per due volte a Westminster e a seguito della richiesta avanzata dalla premier May gli altri 27 Paesi membri hanno concesso una proroga condizionata del termine per l’uscita del Regno Unito.

Dal 29 marzo la data è stata prorogata al 22 maggio, nel caso l’accordo venisse approvato, altrimenti la proroga sarà più breve, fino al 12 aprile, e a quel punto il Regno Unito dovrà presentare un credibile piano B altrimenti sarà Hard Brexit. Ma al momento non è dato sapere se il Withdrawal Agreement passerà per la terza volta per il voto a Westminster.

La scorsa settimana lo speaker della House of Commons John Berckow ha comunicato che senza sostanziali modifiche l’accordo già bocciato due volte non potrà essere messo al voto per una terza prova. E comunque la premier ha dichiarato che per il momento non lo riporterà in aula per un terzo Meangingful Vote poiché ancora non ci sarebbe una maggioranza in grado di approvarlo. Il tutto mentre una petizione a favore di uno stop della Brexit ha raccolto oltre 5 milioni di firme.

La riedizione della riunione di Chequers era stata convocata dalla premier come un vero e proprio “Gabinetto di crisi” per tentare di trovare una soluzione per uscire dall’impasse, in primo luogo con un confronto tra i Conservatives. Le scorse ore sono state infatti caratterizzate da una serie di indiscrezioni, secondo cui un consistente numero di parlamentari appartenenti all’European Research Group (la corrente euroscettica dei Conservatives) sarebbero pronti a sostenere il Withdrawal Agreement in cambio delle dimissioni della premier May, anche se i candidati in pectore per prenderne il posto, Michael Gove e David Lidington, hanno subito smentito. Date le premesse, un esito positivo della riunione risultava essere poco probabile, e infatti una soluzione non è stata trovata.

A rompere l’impasse è stata la House of Commons dove la scorsa notte il governo è stato battuto sull’approvazione di un emendamento, presentato da Sir Oliver Letwin, che dà la possibilità ai parlamentari di prendere il controllo delle operazioni e dei prossimi passi da compiere. Mercoledì si terranno infatti una serie di Indicative Votes su diverse opzioni proposte dai parlamentari. Ed è molto probabile che verranno messe in campo tutte le diverse opzioni che si sono fronteggiate nel dibattito di questi ultimi mesi, dalla revoca dell’art. 50, al nuovo referendum, alla soft Brexit, fino all’uscita senza accordo. Il tutto con l’obiettivo di cambiare il percorso fin qui perseguito dal Governo e uscire dallo stallo. La premier May ha dichiarato che non è detto che il governo sarà legato dall’esito di eventuali proposte che dovessero avere la maggioranza mercoledì e non dispera in un colpo di coda che le permetta ancora di far approvare il Withdrawal Agreement.

I voti di mercoledì potrebbero ancora una volta essere condizionati da una serie veti incrociati. Come è stato finora. Con i sostenitori del Remain che hanno votato contro il Withdrawal Agreement, accettando il rischio di scivolare nella Hard Brexit, confidando che alla fine invece si arrivi ad un nuovo referendum. E con i sostenitori della Hard Brexit hanno votato contro il Withdrawal Agreement nella speranza di arrivare ad un’uscita senza accordo, pur rischiando che il Regno Unito si trovi a dover partecipare alle elezioni europee e che si viri verso un nuovo referendum.

Intanto fonti della Commissione Ue lasciano trapelare che la Commissione ha terminato di mettere in atto tutto quanto necessario ad affrontare un’eventuale uscita senza accordo il 12 aprile. Mercoledì sarà un’altra giornata cruciale, e intanto le lancette scorrono inesorabili.



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