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Il caso M5S secondo Italiastatodidiritto. Parla la presidente Viola

roma, swg

Stato di diritto come cardine della democrazia rappresentativa e liberale, è su questo principio che è nata a dicembre l’associazione Italiastato di diritto da un gruppo di giuristi, avvocati, notai, docenti universitari e amici che si sono incontrati per dare vita a quella che ora è una realtà di cui fanno parte novanta componenti, provenienti da più ambiti (e non solo appartenenti al mondo del diritto). Formiche.net ha parlato con Simona Viola, avvocato amministrativista del foro milanese e presidente dell’associazione, (di cui si possono vedere qui il sito e qui le pagine social), che domani partirà con la prima iniziativa, “Il caso Movimento 5 Stelle, paradossi della democrazia digitale”, a cui parteciperanno giornalisti, avvocati e docenti universitari per discutere delle nuove prospettive di rappresentanza, democrazia diretta e interna ai partiti. “Abbiamo bisogno di un assetto liberal-democratico – ha detto Viola -, il Presidente della Repubblica è un argine formidabile alla difesa dell’assetto costituzionale. Basterebbe applicare e difendere questo concetto e non ci sarebbe bisogno di un’associazione chiamata Italiastatodidiritto”.

Come nasce l’idea dell’associazione Italiastatodidiritto e perché ora?

Italiastatodidiritto nasce a dicembre, ed è cominciata come una confessione reciproca di inquietudine tra un gruppo di amici, avvocati, notai, docenti universitari, giuristi di impresa. Eravamo una decina a dicembre, ci siamo costituiti e oggi siamo quasi novanta. Siamo professionisti di varie aree, collegati dal tema del diritto ma non solo, si sono iscritti anche personalità come Franco Marozzi, uno dei maggiori esponenti della medicina legale, si è iscritto un chimico che si è avvicinato a prendere il Nobel nel 2016, insomma l’amore per il diritto e lo Stato di diritto non è circoscritto ai soli giuristi. Il tema è quello della difesa delle regole del gioco, che sono messe in discussione non solo di fatto, ma anche a parole. Ormai il tenore di come sta andando il Paese è quello di chi mette veramente in discussione anche teoricamente le regole dello Stato democratico, della rappresentanza e della liberal democrazia. È in questo contesto che si colloca il convegno di domani.

Ecco, parliamo del convegno di domani: di cosa si parlerà e quali sono gli obiettivi?

Il nostro convegno vuole illuminare quello che sta accadendo in termini di rappresentanza parlamentare. Per la prima volta nella storia repubblicana un partito, e non un partito qualunque ma il partito di maggioranza relativa, mette in discussione teoricamente e giuridicamente il principio costituzionale del divieto del vincolo di mandato. Il divieto del vincolo di mandato è un caposaldo della democrazia, fa parte delle conquiste del moderno Stato repubblicano, quelle prevedono di non tenere legato a un guinzaglio il rappresentante della collettività che deve essere libero di esprimere il proprio voto e le proprie opinioni, perché altrimenti il Parlamento diventa inutile. Possiamo dire che questo principio sia patrimonio comune.

Ci spieghi meglio.

Se i parlamentari non solo liberi di esprimere le proprie opinioni, ma dipendono completamente da qualcuno che li può costringere, coartare, ricattare, sanzionare, per le opinioni che esprimono, tutto sommato cinque minuti dopo il Parlamento diventa inutile. Tanto vale che ci contiamo, stabiliamo quanti voti uno dispone in Parlamento e poi basta che sia uno solo a schiacciare il bottone per tutti. Il Parlamento, nelle democrazie liberali, serve per parlare, appunto un “parlamento”, perché ci si scambia le idee e ci si convince reciprocamente. Invece, il regolamento del Movimento 5 Stelle ha introdotto, in violazione dell’articolo 67 della Costituzione, un insieme di sanzioni mano a mano più gravi per il caso in cui il parlamentare si discosti dalle indicazioni del partito.

Di che sanzioni parliamo?

Queste sanzioni possono giungere fino all’espulsione dal gruppo, e devo dire la verità, su questo non credo ci siano particolari problemi, non mi sembra sia violativa dello Stato di diritto, perché nel nostro ordinamento esiste il gruppo misto che gode di facoltà quasi pari a quelle dei gruppi parlamentari e quindi è una sanzione politica: se tu non voti la fiducia o una legge che io ritengo sostanziale dal punto di vista della posizione politica allora vai in un altro gruppo. Poi, però, c’è la sanzione di 100mila euro che viola la sfera dei diritti patrimoniali dell’eletto. Quello che il convegno mira a capire è come tutto questo incida sulla rappresentatività del Parlamento: sono nostri rappresentati gli eletti 5 Stelle, in un contesto in cui hanno il timore della sanzione? Come votano? Votano in piena libertà, in coscienza, oppure la sanzione da 100mila euro incide sulle loro decisioni? Il fatto che la sanzione non sia fin qui mai stata comminata perché il Movimento è ben consapevole che un giudice la annullerebbe il giorno dopo perché violativa dell’articolo 67 è un’altra cosa, nel frattempo però i deputati e i senatori del Movimento 5 Stelle sanno che se si esprimono con piena libertà in difformità dalle indicazioni di partito rischiano delle sanzioni. Questo incide sulla loro rappresentatività.

Le istanze del Movimento 5 Stelle, dalle origini, partono dal concetto di rappresentanza introducendo l’idea che debba essere, appunto, “diretta”. Un dibattito su questi temi, anche tra i giuristi, non sarebbe opportuno per trovare punti di convergenza tra la democrazia diretta e la democrazia rappresentativa?

Altroché, ma non è una democrazia “più diretta” che potrebbe migliorare lo stato del nostro rapporto tra la nostra democrazia e quella diretta. È più democrazia diretta. Mi spiego meglio, la democrazia diretta esiste ed esisteva nel nostro ordinamento già come forma di complemento e completamento della democrazia rappresentativa. Non può essere concepita come sostituto della democrazia rappresentativa, perché se no si tratta di dittatura della maggioranza. Solo la democrazia diretta come la pensava Rousseau, che non a caso ha dato il nome alla piattaforma del Movimento, era una dittatura della maggioranza. Invece i nostri costituenti, e tutti quelli dell’Europa democratica, hanno pensato a un sistema saggio nel quale la maggioranza non si fa dittatura sulla minoranza, ma al contrario nella quale le istanze di tutti trovano composizione nei partiti. I partiti sono il momento in cui si rappresentano gli interessi dei cittadini che si organizzano per fare politica e nel rapporto tra i partiti si organizza la mediazione tra gli interessi all’interno del Parlamento. È in questo modo che si fanno gli interessi di tutti, e non solo della maggioranza.

Insomma, un conto è rappresentare il proprio elettorato e un altro tutto il Paese, come forza di governo?

Quando i 5 Stelle si chiamano “cittadini portavoce” sono portavoce dei loro eletti, e non per caso quando pensano di non avere la maggioranza smettono di farsi portavoce e propugnatori della democrazia diretta. A Roma il referendum sull’Atac l’hanno boicottato, ed era un referendum, niente di più vicino alla democrazia diretta. Vediamo anche cosa stanno facendo a Torino e in Piemonte sulla Tav. Prima di tutto, politicamente, io sono molto diffidente nei confronti di chi la democrazia diretta la invoca a singhiozzo, solo quando pensa di avere la maggioranza. La democrazia diretta, lo ripeto, è un complemento della democrazia rappresentativa per talune questioni, questo è il punto: che si può e si deve, in democrazia rappresentativa, talvolta rivolgersi all’intero corpo elettorale per chiedergli di risolvere questioni importanti e di dire direttamente la propria senza l’intermediazione dei partiti, ma a talune condizioni.

Cosa pensa della riforma costituzionale di M5S che introduce il referendum propositivo?

Personalmente sono contrarissima al referendum propositivo. Trovo pericolosissimo il disegno di legge, perché contrariamente al modello del referendum abrogativo, mette direttamente contro, in competizione tra di loro, il Parlamento e i cittadini. Il voto dei cittadini finisce per essere un voto che smentisce il Parlamento e si pone in concorrenza, svilisce quindi il ruolo stesso del Parlamento. Noi dobbiamo rafforzare il ruolo della nostra assemblea, Italiastatodidiritto è preoccupata dai segnali di progressivo svuotamento delle prerogative parlamentari (penso alla votazione del Def presentato ai parlamentari solo 24 ore prima del voto, la presentazione di 10 disegni di delega legislativa su tutto lo scibile umano da parte del governo con richiesta di delega legislativa al Parlamento). I partiti sono quel luogo in cui si mediavano gli interessi, le posizioni, si assumevano le decisioni e si deliberava la linea politica, ma i due partiti di governo non fanno congressi in cui si stabiliscono tutte queste linee. Quello che preoccupa, dunque, è che si spacci per democrazia diretta quelli che in realtà sono governi diarchici, personali, mentre la democrazia deve essere rappresentativa proprio perché consente le mediazioni.

Il Movimento 5 Stelle, però, nasce dal malcontento dei cittadini che non si sentono più rappresentati dai partiti e dalla politica. Se potesse suggerire uno strumento, un metodo per ritornare a parlare con i cittadini, cosa suggerirebbe?

È molto semplice: chiederei loro di dire in quale modello politico e statuale si vive meglio che non nel modello liberale della democrazia rappresentativa. Dove si vive meglio? In Argentina, in Venezuela, in Ungheria, in Russia o si vive meglio in Spagna, Francia, Italia e in Inghilterra? È semplice, le libertà fanno parte della qualità della vita dei cittadini, le libertà sono ormai poste ai primissimi posti degli indici della qualità della vita. Senza di queste è inutile che si invochi sicurezza e partecipazione. Bisogna andare a riprendersi i fondamentali della democrazia liberale e rappresentativa, come la libertà di informazione, di parola, e poi la democrazia interna ai partiti, la separazione dei poteri: cioè lo Stato liberale e di diritto. La democrazia è andata in crisi perché non è stata rispettata e quindi i cittadini hanno visto che era vilipesa e non ci hanno creduto più.

Quini una responsabilità che viene da lontano…

Se avessimo avuto nel passato governi più rispettosi delle norme, i cittadini ci avrebbero creduto di più, avrebbero capito e le avrebbero rispettate, invece purtroppo non è stato così. Lo Stato democratico, mi faccia aggiungere, è dinamico, non è che o siamo in democrazia oppure no, cerchiamo di avvicinarci il più possibile al modello perfettibile e l’Italia se ne era un po’ allontanata. Non tutti i governi hanno posto il tema dello Stato di diritto come fondante, e questo è il risultato.

Quella del Movimento 5 Stelle non è la prima proposta di riforma costituzionale, penso alle riforme Berlusconi e Renzi che poi non hanno superato la prova del referendum. C’è davvero bisogno di riformare la nostra Costituzione? E se sì, come?

Io credo che la stabilità sia un valore importante. La stabilità aiuta i cittadini a credere nelle istituzioni, perché sono di lunga durata, aiuta i mercati, insomma la stabilità aiuta l’amore per la democrazia. Adesso l’Inghilterra è un Paese in crisi, ma per anni è stato un esempio di stabilità. Io non credo che ogni governo si debba chiedere se è necessario fare una modifica della Costituzione, e comunque Italiastatodidiritto è neutrale su questo tema perché per noi la Costituzione va rispettata, poi se ci sarà una proposta di modifica si vedrà e se ne discuterà. Quello che so per certo è che abbiamo bisogno di un assetto liberal-democratico, il Presidente della Repubblica è un’argine formidabile alla difesa dell’assetto costituzionale. Basterebbe applicare e difendere questo concetto e non ci sarebbe bisogno di un’associazione chiamata Italiastatodidiritto. Lo Stato di diritto è la convenzione per la quale il potere trae legittimazione dal diritto e dal diritto è allo stesso tempo limitato. Italiastatodidiritto non si domanda il se ed il come, ma sta un attimo prima e dice: le regole vanno rispettate.



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