La situazione in Libia peggiora di ora in ora e non sembrano esserci soluzioni condivise all’orizzonte. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, alla Camera ha parlato di situazione “estremamente fragile e insidiosa”, con alcune centinaia di morti, parecchi feriti e migliaia di sfollati, che potrebbe portare a una crisi umanitaria e, di conseguenza, a nuovi flussi migratori. Dopo l’inizio delle operazioni militari, il generale Khalifa Haftar, che pure non sembra in grado di conquistare Tripoli com’era fin dall’inizio nelle sue intenzioni, non accenna a fermarsi. Conte non ha citato altre nazioni europee pur sottolineando che “non vi sono interessi economici o geopolitici che possano giustificare derive militari e in ultima analisi il rischio di una guerra civile”.
È la posizione di Emmanuel Macron a scaldare ulteriormente gli animi: la bocciatura dell’iniziativa dell’Unione europea in favore della pace che, secondo la Repubblica, sarebbe stata decisa dalla Francia ha fatto dire a Matteo Salvini che non starà a guardare, anche se non è chiaro a quale reazione pensi mentre la posizione del Movimento 5 stelle è più prudente e Luigi Di Maio è contrario a un’iniziativa militare puntando invece a un piano Onu di stabilizzazione. Fonti del Viminale hanno fatto sapere che il ministro dell’Interno sta sondando i partner internazionali per chiedere insieme uno stop alle ostilità mentre per ora non si teme un incremento delle partenze di migranti, ma la situazione è costantemente monitorata. Anche il 4 aprile al G7 di Parigi Salvini aveva sollecitato una soluzione comune.
L’audizione del direttore dell’Aise, Luciano Carta, davanti al Copasir avrebbe confermato la situazione di instabilità e per il momento non ci sono rischi per il personale italiano, anche se mai come in questa fase tutto può cambiare rapidamente. La presenza dei tanti attori in campo, la milizia di Misurata che regge l’urto, il mancato appoggio internazionale che forse Haftar dava per scontato rendono “stabile l’instabilità”, se si può usare questo ossimoro. Ci sono morti e feriti, ma nessuno sta prevalendo sull’altro e non si vede via d’uscita.
La nostra ambasciata a Tripoli resta operativa, non c’è stata evacuazione di personale diplomatico o militare e il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, ha confermato che restano in piedi la missione militare bilaterale, l’ospedale di Misurata e il supporto della Nave Capri nel porto di Tripoli. È probabile che, come sempre accade in queste situazioni, piani di emergenza per eventuali future evacuazioni siano pronti da tempo, ma al momento l’Italia resta lì mentre l’Ue ha spostato in Tunisia il proprio personale di Tripoli.
Conte ha confermato il sostegno al segretario generale dell’Onu, António Guterres, che punta a riportare alla trattativa le parti in causa e ha indicato in un “cessate il fuoco” e nel mantenere “l’integrità di Tripoli” gli obiettivi immediati. Questo è l’unico tema di coincidenza con l’opposizione che con Paolo Gentiloni, già presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, ha sollecitato appunto una soluzione politica chiedendo di non appoggiare Haftar perché è nell’interesse nazionale che l’Italia recuperi un ruolo a livello internazionale. Tutta l’opposizione è critica: Pd, Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno contestato l’assenza di una politica estera e in particolare la gestione del dossier libico che ci riguarda più di altri.
I toni preoccupati di Conte hanno dato l’impressione di trovarsi di fronte a un’emergenza imprevista, quando invece da tempo era chiaro che le tensioni stavano aumentando. Se l’Italia finisse con il ricoprire un ruolo di secondo piano in Libia, in prospettiva subirebbe danni economici e politici enormi, senza contare gli eventuali flussi migratori. Ecco perché da più parti viene sollecitata un’iniziativa politica decisa da attuare al più presto.