L’Europa è in ebollizione. A poche settimane dal decisivo appuntamento elettorale del 26 maggio il vento della rivolta soffia forte e non risparmia neppure la “ricca” Germania. Come fotografato da una rilevazione Swg, più della metà dei francesi supporta le proteste dei Gilet Gialli e 1 elettore tedesco e italiano su 4 si dice pronto ad emularli. Collera e insoddisfazione trafiggono il cuore pulsante del Vecchio Continente, lacerando anche gli Stati che sono (o vorrebbero essere) la forza trainante dell’Europa. Si indebolisce dunque la supremazia dell’asse franco-tedesco? Sembra di sì ma saranno le elezioni a stabilirlo.
Nei dati c’è poi la conferma di un sentimento dominante che attraversa l’Europa: la paura. Paura di un futuro incerto, paura di perdere il lavoro, paura di essere sopraffatti dalle fragilità del mondo contemporaneo. Da qui il timore per lo strapotere delle multinazionali. Emerge così lo sdoppiamento tra il cittadino consumatore, che utilizza costantemente i nuovi strumenti della globalizzazione, e il cittadino elettore spaventato e arrabbiato.
C’è infine un vuoto enorme in Europa ed è quello di una classe politica percepita come assente e corrotta dalla maggioranza dei cittadini degli Stati membri. Nel ‘900 il cittadino elettore, pur con tutte le sfumature del caso, ha creduto al ruolo della politica come titolare del mandato democratico e artefice del cambiamento. Oggi non è più così. Oggi prevalgono sentimenti di divisione anticamera di una nuova grande frattura sociale. Quella tra il popolo, escluso e dimenticato, e l’élite arrogante e indifferente.