Che l’Italia corra e comporti dei rischi, per sé e per gli altri, non è la supposizione di questo o quel soggetto e, segnatamente, del Fondo monetario internazionale (Fmi), ma l’evidenza nota a chiunque non sia accecato dal bisogno compulsivo di sostituire la propaganda alla realtà. Fa parte della ritualità accecante inscenare piagnistei e strepiti per le supposte ingerenze esterne nell’indicare la citata evidenza, ma è come prendersela con il bimbo della fiaba di Andersen per la denunciata nudità regale. Semmai i babbei sono tutti gli altri, che ancora magnificavano il taglio e le fattezze dell’abito inesistente.
Per avere contezza del pericolo non si deve ricorrere alle cifre perfide, elaborate da questa o quella fonte, scelta a caso fra le innumerevoli la cui adesione ai basilari dell’aritmetica è vissuta come pregiudiziale ostilità agli artefici di un “anno bellissimo”, sarà sufficiente far riferimento ai numeri prodotti dal governo. Certo non imputabile d’essersi antipatico da sé solo. Il deficit ora annunciato, per il 2020, è pari a 2,1 punti di prodotto interno lordo, mentre per il 2021 a 1,8. Fino a poche settimana prima erano, rispettivamente, 1,8 e 1,6.
Lasciate perdere tutta la faccenda del rispetto degli impegni presi e del continuo rinvio del ritorno dei conti pubblici a qualche cosa che sembri governato, perché, purtroppo anche in questo, il governo della novità non presenta alcuna novità. La questione è un’altra, decisamente più allarmante: per stare all’1,8% e 1,6 il governo, questo governo, aveva appostato l’aumento dell’Iva; ora afferma che arriverà a 2,1 e 1,8, dove l’ha condotto la drastica diminuzione della crescita, senza aumentare l’Iva.
Lo afferma, intendiamoci, nell’esposizione orale, perché nel compito scritto l’aumento dell’Iva c’è eccome. In base a quale miracolo, con una crescita ridotta che porta a un deficit più alto diventa evitabile quel che con una crescita più alta e un deficit minore era considerato necessario?
Risponde il presidente del Consiglio: perché faremo la spending review, taglieremo le tax expenditures (agevolazioni fiscali); e prenderemo altri provvedimenti.
A. per la revisione della spesa, detta in inglese o in ostrogoto, occorre preparazione e tempo, quel che si può fare in termini temporali così ravvicinati è un taglio per ragioni di saldo, ovvero il peggiore.
B. se il taglio della foresta delle agevolazioni si accompagna all’abbassamento delle aliquote Irpef è un conto, ma se servono per compensare le cifre ricordate porta ad un aumento della pressione fiscale, che già è aumentata a cura di questo governo, ovvero in direzione esattamente opposta a quella annunciata e reclamizzata.
C. per gli “altri provvedimenti” ci aggiorniamo a quando saranno dettagliati, fin da ora si sappia che:
1. non ce ne sono di capaci di realizzare così tanto in così poco tempo;
2. se si riferisce alle dismissioni sarebbe come dire che si vende patrimonio per compensare non debito ma spesa corrente, un suicidio.
I pericoli, dunque, sono evidenti e innegabili. Specie perché il nostro enorme debito pubblico resta comunque bilanciato da un più grande patrimonio privato, investito sia in immobili che in attività finanziarie. Se vi sentite sempre più osservati nei vostri privati beni non è una sensazione infondata, ma una assennata deduzione.