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La ricostruzione di Notre Dame non segua l’esempio della Basilica di San Paolo

Dalle informazioni attuali, ancora piuttosto approssimative, risulta che l’incendio di Notre Dame sia dovuto a un incidente di cantiere. Questo ci libera dall’incubo dell’attentato ma ci indigna profondamente per l’inadeguatezza dei sistemi che avrebbero dovuto garantire la protezione da eventi che, comunque, possono sempre accadere.

In questi casi la tempestività è assolutamente prioritaria: un corto circuito, l’uso disattento della fiamma ossidrica possono essere causa di un incendio improvviso; se si interviene in tempo tutto si conclude però senza grandi danni. In un cantiere così importante, e soprattutto che coinvolge molte parti lignee, stagionatissime e quindi infiammabili facilmente, il sistema di protezione dal fuoco dovrebbe essere prontamente efficiente. Al momento dobbiamo ipotizzare che estintori e sistemi di spegnimento non fossero disponibili nell’immediato, forse a causa dei lavori di restauro, per cui gli operatori hanno abbandonato il cantiere senza riuscire a intervenire.

Le riprese televisive hanno mostrato chiaramente tre situazioni differenti in rapporto ai materiali: la copertura in legno delle cinque navate, tema architettonico alquanto insolito in una chiesa gotica, ha preso fuoco e questo si è propagato con rapidità, provocandone la distruzione; la guglia (flèche), che, smontata nel 1792 e realizzata – in uno stile alquanto diverso – da Viollet-le-Duc nel 1860, con struttura in ferro, ha resistito al fuoco finché non ha raggiunto un’alta temperatura e quindi è collassata; l’impianto murario in pietra sembra rimasto integro, sia perché più distante dall’origine dell’incendio, sia perché la pietra ha tempi di resistenza al fuoco decisamente più lunghi. Ci conforta in questa supposizione, che ipotizza l’integrità delle parti murarie, il mancato collasso dei tralicci del ponteggio addossati alle facciate.

La Cattedrale mostrava da tempo condizioni di evidente deterioramento, sia nella guglia svettante sia nelle statue sporgenti dalla facciata che avevano una funzione statica oltre che decorativa. I lavori di manutenzione erano stati avviati, ma presentavano ritardi e, soprattutto, erano molto parziali. Anche in passato Notre Dame ha subito danni e manomissioni, pur rappresentando il simbolo, insieme alla Tour Eiffel, di maggior richiamo per Parigi e per la Francia. Richiamo della cristianità, raccoglie tuttavia in sé anche il valore civico della città, raccontato nel romanzo di Victor Hugo del 1831 “Notre-Dame de Paris”, che costruisce le vicende della bella zingara Esmeralda e del mostruoso Quasimodo all’interno della Cattedrale in una ambientazione medievale noir.

Per fortuna, nel quadro del progetto di restauro della guglia, le sedici grandi statue di rame (i dodici apostoli e i quattro evangelisti), alte tre metri, che circondavano la guglia, sono state sganciate dalla guglia, lo scorso 11 aprile, con un’operazione spettacolare, per essere restaurate. Sappiamo che, fin dai primi momenti in cui si è propagato l’incendio, personale esperto, soprattutto del Museo del Louvre, ha portato in salvo alcune opere d’arte contenute nella Cattedrale. Ancora non sappiamo però cosa è andato perduto o danneggiato. Una seria preoccupazione è data dalle ricche vetrate. Queste, data l’alta temperatura raggiunta, potrebbero essersi deformate e, precipitate, aver causato la rottura degli inserti di vetro. Questo però, al momento, non è detto. In quanto alla facciata, la parte maggiormente nota e ammirata dai visitatori, non sembra essere stata seriamente coinvolta nell’incendio.

La domanda che tutti si pongono è se sarà possibile riavere Notre Dame nelle sembianze che aveva ancora ieri mattina. La risposta, al momento, non può che essere incerta: tutto ovviamente può essere ricostruito, soprattutto quanto realizzato in ferro nell’800, e, seppure non più originale, potrà risultare corrispondente alla situazione che ha preceduto l’incendio. E quanto tempo ci vorrà perché questo accada? Una valutazione certa potrà avvenire solo dopo un attento rilievo dei danni; ma sicuramente il tempo non potrà essere rapido. Auguriamoci che possa essere molto più breve degli oltre cento anni che sono stati necessari per la ricostruzione, in parte discutibile, della Basilica di San Paolo fuori le Mura dopo la sua distruzione a seguito dell’incendio del 1823.



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