VERSO LA CRISI DI GOVERNO
Tra i successi dell’alleanza tra M5S e Lega va ascritto anche quello di aver messo sulla stessa lunghezza d’onda Ferruccio de Bortoli, Marco Travaglio e Luigi Bisignani. Un’impresa non indifferente. In due giorni i tre hanno espresso pensieri quasi sovrapponibili sulle condizioni e sulle aspettative del governo Conte. Con sfumature diverse, riconducibili ovviamente a stili diversi, tutti e tre hanno definito in crisi l’esecutivo gialloverde e farebbero fatica a scommettere un euro sulla sua sopravvivenza all’indomani delle elezioni europee.
Ha cominciato Marco Travaglio con l’editoriale di ieri sul Fatto quotidiano giornale. Come al solito, senza giri di parole. Eloquente il titolo: “Si chiama crisi”. «Chiamiamo le cose con il loro nome” ha esordito il direttore che ha ricordato la settimana di Salvini che ha, “nell’ordine”: delegittimato il premier Conte sulla guerra in Libia, lo ha messo in difficoltà con la direttiva sui “porti chiusi” che ha costretto lo Stato Maggiore della Difesa a una nota ufficiale, “tentato di commissariare i sindaci d’Italia”, “aggredito la sindaca di Roma Virginia Raggi” e “difeso la permanenza al governo del pluri-impresentabile sottosegretario Armando Siri”. Ed è proprio su Siri che Travaglio pone l’aut aut. Linea che è proseguita oggi, Travaglio ha risfoderato il format delle dieci domande – nato oltre un decennio fa su Repubblica -, domande che avrebbe posto a Salvini sul caso Arata se il leader leghista avesse accettato di concedere un’intervista al Fatto.
PERPLESSO DOPO L’INTERVISTA DI CONTE
Oggi Ferruccio de Bortoli, sul Corriere della Sera, e ovviamente con altri toni, esprime profondi dubbi sulla stabilità dell’esecutivo. Fa riferimento all’intervista concessa sabato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte a Massimo Franco e si mostra piuttosto perplesso di fronte alle argomentazioni dell’intervistato. Lo definisce uno straordinario avvocato. “Cammina con insospettata leggerezza sulle uova, non solo pasquali, dei dossier di governo”. È scettico sulla previsione di Conte che ha assicurato come, dopo le Europee, il suo governo vivrà non sopravviverà. L’editorialista ed ex direttore del quotidiano di via Solferino scrive:
crediamo sia consapevole — anche se dalle sue parole non si evince — che dopo le elezioni europee lo scenario sarà del tutto diverso. Compreso il suo destino. Del resto sa, per esperienza legale, che un arbitrato può saltare se uno dei litiganti risulta rafforzarsi troppo rispetto all’altro. Se Matteo Salvini avrà molti più voti di Luigi Di Maio e la tentazione di mandare all’aria tutto per chiedere le elezioni anticipate. Salvo fare i conti con l’oste, che si dimentica sempre in questi scenari, cioè il presidente della Repubblica cui spetta il potere di scioglimento delle Camere (in autunno poi non si è mai votato).
Illustra il cahier des doleances del governo italiano, dall’economia alla politica estera e conclude in maniera tanto garbata quanto feroce:
Mettere in pericolo la stabilità per qualche percentuale di voto in più. Mangiarsi un po’ di futuro italiano buttando la palla in là. Uno sforzo di sincerità, di verità e di trasparenza, soprattutto sulle precarie condizioni finanziarie, non muterà forse il destino politico del premier ma ne salverà l’immagine e il posticino nella Storia che già gli tocca. Ne abbia cura.
E INFINE BISIGNANI
Sempre oggi, il Tempo pubblica una lettera di Luigi Bisignani che non ha bisogno di presentazioni, tra l’altro autore del libro “L’uomo che sussurra ai potenti” e che non possiamo certo definire – per ragioni e storie diverse – oggi in linea con de Bortoli e Travaglio. Scrive che “la fine del governo Conte è la cronaca di una morte annunciata”. Scrive del mix di vanità e inesperienza, della litigiosità e dell’improvvisazione di Salvini e Di Maio artefici di un “clima bellico che capi di gabinetto e gran commis respirano sconcertati e attoniti”. Sottolinea come il presidente del Consiglio Conte ormai si sta giocando tutto sulla politica estera “scavalcando sistematicamente il ministro Moavero Milanesi”. E conclude: “Forse a Conte abbiamo chiesto troppo. È ora di tornare a votare prima che questi ministri si prendano a schiaffi tra di loro”.