Ma la vedono o no, la corsa verso il burrone di conti che non tornano? Lo vedono o no che dopo le elezioni europee l’Italia sarà più isolata e gli altri più incattiviti, anche perché pungolati da quelli che i sovranisti italiani si sono scelti come alleati e che ne saranno gli aguzzini? Taluni, in effetti, non sono in grado di guardare al di là del proprio tweet, ma altri vedono eccome. Solo che osservano da un diverso punto di vista.
Sanno che la prossima Commissione europea sarà rigorista, laddove la presente non lo è affatto. I latrati sovranisti l’accusavano del contrario, ma quelli che son lupi sul serio sanno bene che, in futuro, un Moscovici se lo sognano. E sanno che Mario Draghi è in uscita, il che non cambierà la politica monetaria espansiva (altro che rigore!) della Banca centrale europea, di cui i nostri conti si sono assai giovati, ma andrà perdendo forza propulsiva. Lo sanno, ma sanno anche che la loro partita non consiste nel risanare i conti e mettere in sicurezza l’Italia, ma nell’utilizzare il pericolo per mettere in sicurezza il proprio potenziale elettorale. Non hanno in programma di chiamare i produttori a uno sforzo di ripartenza, ma di chiamare gli elettori a una diversa ripartizione dei voti. E per questo non serve loro un credibile percorso di riforme e provvedimenti, necessariamente spalmati nel tempo e con risultati posticipati, ma un incredibile fuoco d’artificio di promesse, la cui impossibile realizzazione possa essere attribuita come colpa dei nemici. Veri o presunti.
Chi sa fare di conto sa che essere il Paese con la più bassa partecipazione al lavoro e impegnarsi nel far smettere prima (del previsto e rispetto agli altri) di lavorare, aumentando la spesa pensionistica a carico del contribuente, non è sensato. Sa che quota 100 e il reddito di cittadinanza portano contributo alcuno alla crescita. Se prosegue non è tanto perché stabilito dal mitico “contratto” di governo, ma perché coerente con l’approccio scelto: daremmo tutto a tutti, se non fosse che le forze del male si ostinano a volere far valere l’aritmetica.
Sorte segnata, quindi? Non proprio, perché tutto ciò è talmente evidente da avere generato qualche (sebbene tardiva) resistenza. Il ministro dell’economia, ad esempio, ha scoperto che legare il proprio nome a questa tragedia non è solo un neo accademico, ma una corresponsabilità assai grave. Una parte della Lega s’è resa conto che il solo provvedimento che sarebbe stato gradito alla propria base sociale originaria non è stato adottato: il condono. Mentre il resto è visto per quel che è: ulteriore dilapidazione in conto ai produttori. E una parte del Movimento 5 Stelle ha capito che nella corsa verso il precipizio taluni salteranno fuori dal carro prima, mentre altri, e segnatamente loro, resteranno a bordo, con quel che segue.
In tutto ciò ci sono due assenti. Il primo è un’opposizione degna di questo nome. Non c’è, perché chi dovrebbe opporsi è in gran parte corresponsabile, salvo non s’aspettava d’essere scippato del ruolo governativo. Il secondo è l’Italia ragionevole e assennata, che ha perso rappresentanza. Anche perché ha pensato di potere accudire i propri interessi (come è più che giusto faccia) senza curarsi di quelli collettivi.
Il burrone però è lì. Non un trampolino di lancio, ma un pericolo mortale affrontato con propagandistico slancio.