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La promessa di Zelensky è la pace, vedremo se la manterrà

ucraina

Gli ucraini hanno scelto il cambiamento, e non è stato tanto un voto per Zelensky quanto piuttosto un voto contro Poroshenko. A pensarlo, in estrema sintesi, è Eleonora Tafuro Ambrosetti, ricercatrice dell’Ispi esperta di Russia, Caucaso e Asia centrale, autrice di un focus sull’Ucraina uscito ieri sul sito dell’Istituto per gli studi di politica internazionale intitolato “Ucraina: Zelensky, un comico come presidente”.

Ma cosa cambia, per l’Ucraina, ora che il suo presidente è un ex attore privo di esperienza politica? Quali le ripercussioni sul posizionamento internazionale e ancora, quali le aspettative dei cittadini che, in massa (oltre il 70% dei consensi), hanno votato per Vladimir Zelensky contro il presidente uscente Petro Poroshenko? Formiche.net lo ha chiesto alla ricercatrice dell’Ispi, in una conversazione telefonica.

Zelensky ha vinto nettamente. Quali sono le ragioni di una vittoria così schiacciante?

Sono tantissime, confermano gli ultimi sondaggi che erano stati pubblicati appena prima delle elezioni. Essenzialmente gli ucraini sono stanchi di una situazione economica molto pesante che ha visto il livello della vita dei cittadini scendere, addirittura l’Ucraina è diventato il Paese più povero d’Europa. Sono stanchi della guerra, Poroshenko aveva promesso di risolvere il conflitto in Donbass, ma è chiaramente una promessa difficile da mantenere visto che ci sono varie parti nel conflitto e trovare una soluzione è difficile vista anche la differente interpretazione degli accordi di Minsk tra la Russia e l’Ucraina. Sono stanchi della corruzione: Poroshenko aveva promesso di lottare contro la corruzione, ed è un tema veramente centrale perché non è solo stato al centro della rivoluzione di Euromaidan (2014, ndr), ma anche della rivoluzione arancione del 2004. Invece Poroshenko sembra proprio aver tradito le speranze dei cittadini, anche perché lui rimane una delle persone più ricche del Paese, e Zelensky ha sfruttato a suo favore questo punto debole dell’ormai ex presidente.

A cosa si riferisce?

Durante il dibattito che si è tenuto prima della chiusura della campagna elettorale, venerdì scorso, Zelensky a un certo punto ha iniziato a leggere le domande che i cittadini avevano postato per Poroshenko, e alcune erano veramente dure. Ne ricordo una: “Come fa a dormire la notte quando sa che i cittadini stanno passando dei tempi così difficili e lei invece è l’uomo più ricco del Paese?”, proprio una sfilza di domande simili, attacchi personali alla condizione di oligarca di Poroshenko. Per tutta questa stanchezza accumulata dai cittadini, è stato un voto di protesta. Non so fino a che punto gli ucraini fossero contenti di votare Zelensky, ma penso che sia stato più un voto contro un sistema che vedono vecchio, corrotto e inefficiente e hanno preferito scegliere qualcosa di totalmente nuovo anche se non offre garanzie. Perché Zelensky non è un politico.

Il nuovo presidente non ha nessuna esperienza ma ha incarnato la ricerca di rinnovamento che ormai sembra pervadere i cittadini non solo in Ucraina (pensiamo anche all’Italia). Quali sono i rischi, se ci sono, di un presidente inesperto?

Come ho detto, Zelensky non è un politico, ma si è circondato di advisor abbastanza validi e ha offerto una lista di ministri che ha rassicurato anche l’occidente, perché sono tutti possibili ministri e politici liberali, il che sembra confermare l’obiettivo dell’integrazione euroatlantica. C’è stata un’accusa, ma non si è ancora capito se sia vero o meno, che l’oligarca Igor Kolomoiski, proprietario della televisione dove Zelensky aveva il suo show, fosse anche dietro la sua candidatura a presidente. C’erano molti interessi economici, l’avvocato di Zelensky era anche l’avvocato di questo oligarca e lavorando assieme, il rischio che ci siano degli interessi specifici in gioco è abbastanza forte. I pericoli che si corrono con un presidente inesperto sono evidenti.

Ce ne dica qualcuno.

Stiamo assistendo a un’ondata di populismo non solo in Ucraina, non solo in Europa, ma proprio nel mondo. Pensiamo agli Stati Uniti. È evidente che un discorso politico che si fonda esclusivamente sull’opposizione, non è un discorso costruttivo o che possa ottenere risultati positivi per tutto il Paese. Le caratteristiche del populismo sono essenzialmente due: il carattere anti elitario, anti elitista, anti establishment; il secondo è il promettere cose poco realizzabili. Ci sono molti studi a tal proposito, da cui emerge che una volta al potere il movimento populista si scontra con i vincoli legali, logistici che impediscono di ottenere ciò che avevano promesso; c’è un ridimensionamento della loro retorica e del discorso politico. Una volta al potere, si rendono conto che ci sono molti più limiti rispetto a quando erano all’opposizione. Bisognerà vedere cosa succederà con Zelensky.

A livello interno, cosa si aspettano gli ucraini dal nuovo presidente?

Innanzitutto il cambiamento, è la cosa che desideravano di più e hanno fatto in modo che questo voto di protesta lo rendesse evidente. Si aspettano che lotti contro la corruzione e che ottenga risultati tangibili in Donbass, nella parte orientale del Paese che è ancora interessata da un conflitto molto doloroso per i cittadini. Tutti i miei conoscenti ucraini hanno un parente o amici in quelle zone e la situazione è drammatica, il che rende lo stato del conflitto un problema urgente. Probabilmente il fatto che Zelensky abbia offerto una speranza di risolvere il conflitto, è stato un elemento che ha pesato sulla scelta degli ucraini. Poroshenko ha continuato il discorso di scontro diretto con Putin che non ha portato a molti risultati, anzi ha portato a un ulteriore inasprimento della situazione. Zelensky, pur condannando le azioni della Russia, l’aggressione e l’annessione della Crimea, è stato l’unico candidato tra quelli che avevano delle chance effettive di riuscita, a dire “Parlerò con Putin, farò tutto quello che è necessario per risolvere il conflitto”, e questo ha offerto delle speranze mentre Poroshenko continuava sulla stessa strategia che non ha portato finora a molti risultati.

I rapporti con la Russia, quindi, sono destinati a cambiare?

È una situazione molto complessa. Il Cremlino da parte sua non ha espresso una preferenza netta per nessun candidato, a parte Yuriy Boyko candidato dell’ex partito di Viktor Janukovyč (ex presidente dell’Ucraina), e evidente candidato pro russo, ma non ha ricevuto moltissime preferenze se non nelle regioni orientali. A parte Boyko, il Cremlino non aveva alcuna preferenza, si diceva che propendesse per Zelensky proprio per questa offerta di dialogo che mancava sia da Poroshenko che da parte di Timoshenko. Bisognerà vedere se finalmente la nuova definizione di una leadership ucraina può portare a un superamento dell’impasse politico cui stiamo assistendo. Adesso si è bloccati su tutto: sull’interpretazione dei trattati di Minsk, sull’offerta di creare un contingente delle Nazioni Unite (Russia e Ucraina hanno proprio delle letture diverse riguardo alle caratteristiche di questa missione Onu). Bisognerà vedere se la nuova leadership di Zelensky riuscirà a sbrogliare questi nodi. Lui, peraltro, propone di allargare questo “Formato Normandia” integrando anche Stati Uniti e Regno Unito, vedremo se sarà un’offerta accettata dal Cremlino, anche se gli Stati Uniti, in realtà, sono già una parte fondamentale nei negoziati.

Si riferisce al ruolo di Volker (Kurt, rappresentante speciale del dipartimento di stato Usa per l’Ucraina, ndr)?

Sì, Volker è la persona, statunitense, che ha un dialogo diretto con il Cremlino per la risoluzione del conflitto. Vedremo se incorporarlo nel formato Normandia può avere dei risultati.

Mentre le relazioni con l’Unione europea che evoluzione avranno? Sappiamo che anche da parte dell’Ue, oltre che dagli Stati Uniti, ci sono sanzioni contro la Russia proprio in risposta al conflitto e all’annessione della Crimea.

Secondo me c’è una grande differenza tra gli Stati Uniti e l’Unione europea nell’applicare le loro sanzioni. L’Ue ha legato l’eliminazione delle sanzioni all’attuazione completa degli accordi di Minsk e al miglioramento della situazione in Ucraina; gli Stati Uniti hanno invece una varietà di sanzioni, dal “Magnitsky Act” (sanzioni contro importanti personalità russe, cui sono congelati i beni negli Stati Uniti e viene vietato l’ingresso in territorio americano, ndr), alle sanzioni per le presunte interferenze elettorali che rendono l’eliminazione delle sanzioni statunitensi molto più difficili. Nel caso dell’Ue c’è questo rapporto diretto tra il conflitto in Ucraina e le sanzioni, quindi è evidente che se si avanza da quel punto di vista una normalizzazione delle relazioni tra l’Unione europea e la Russia può essere una possibilità. Nel caso invece non si riesca ad arrivare ad una soluzione in Ucraina, è molto probabile che le sanzioni rimarranno o verranno rinnovate.

Vede una volontà di dialogo tra Ue e Russia?

Io credo che in Europa ci sia la volontà di arrivare alla normalizzazione dei rapporti con la Russia, anche perché queste sanzioni non hanno intaccato il sistema di interdipendenza tra Russia e Unione europea. Continuiamo a essere uno dei maggiori partner commerciali della Russia, la Russia continua ad essere il primo fornitore di energia per molti Paesi europei, anzi c’è stato addirittura un aumento della dipendenza. Anche in Italia, se si guardano i dati del 2017-2018, noi continuiamo a importare una parte sostanziale del gas ma anche una parte del petrolio dalla Russia. È evidente che la situazione di interdipendenza economica si accavalla con la crisi politica e per una questione di coerenza in politica estera dobbiamo necessariamente che il conflitto in Ucraina trovi una soluzione, altrimenti le sanzioni non si potranno eliminare. A meno che le elezioni di fine maggio per il Parlamento europeo non portino a una vittoria dei populisti e una rinegoziazione interna sulla decisione di imporre le sanzioni ed eliminarle.



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