Il compromesso ad essere onesti c’è. Resta da capire se poi quanto uscito a notte fonda dal Consiglio dei ministri più velenoso dell’era gialloverde risolverà effettivamente i problemi di bilancio romani. Il cosiddetto Salva-Roma (qui l’articolo di ieri con tutti i dettagli sul provvedimento) entrato a Palazzo Chigi non è lo stesso uscito dopo la mezzanotte. E il motivo è presto spiegato.
In attesa di modifiche da parte del Parlamento (se e quando ci saranno), succederà più o meno questo. Lo Stato continuerà a versare un contributo di 300 milioni l’anno alla struttura commissariale che gestisce lo stock di debito capitolino maturato fino al 2008. Soldi che vanno ad aggiungersi ad altri 200 milioni raccolti a mezzo inasprimento Irpef. In cambio però i 75 milioni annui di interessi sui bond emessi a partire dal 2003 (giunta Veltroni) e in scadenza al 2048 andranno a carico del Campidoglio.
I commi stralciati dalla norma originaria infatti riguardavano proprio la possibile assunzione a carico del bilancio dello Stato degli “oneri derivanti dal pagamento degli interessi e del capitale delle obbligazioni del Comune attualmente inclusi nella massa passiva della gestione commissariale per il piano di rientro del debito pregresso della capitale”. Gli oneri, si legge nella relazione tecnica all’ ultima bozza del decreto, ammontano a 74,8 milioni annui dal 2020 al 2048 e sono posti a carico di un Fondo presso il Tesoro. Di fatto, sarebbero passati in capo al Mef a fronte della riduzione del trasferimento annuale a carico della gestione commissariale e quindi a somma zero per i conti.
Diversamente, il Salva-Roma integrale, presente nelle versioni precedenti del decreto, prevedeva che si ponesse fine nel 2021 alla struttura commissariale di Roma che dipende direttamente da Palazzo Chigi. Parte del debito storico, secondo la norma, sarebbe passato al Tesoro con l’obiettivo di ridiscutere un bond ad oggi molto caro per la gestione finanziaria commissariale. Collateralmente il Campidoglio dovrebbe rinegoziare i prestiti, dando vita a una vera e propria ristrutturazione del debito, che darebbe vita a dei risparmi. Ma non è andata così.