Il Partito democratico non è disposto a dare corda a schermaglie mediatiche solo per guadagnare un lancio di agenzia. Per questo, spiega Lia Quartapelle in una conversazione con Formiche.net, il tema del salario minimo – su cui negli ultimi giorni M5S e Pd si sono scontrati, dovrà essere affrontato in Parlamento, dove le leggi si fanno. “Finora – sostiene Quartapelle – non abbiamo visto da parte del Movimento 5 Stelle nessun interesse a confrontarsi nel merito di una proposta in sede parlamentare”. E sulla scia della vittoria del socialista Sanchez in Spagna, la deputata dem suggerisce al Pd di ripartire dalle sue radici socialiste, attualizzandole, per tornare a stare tra la gente.
Onorevole, l’ultimo scontro tra Pd e M5S è sulla proposta del salario minimo. Di Maio ha detto che il Pd si deve “redimere”, sembra quindi che non ci siano margini di dialogo, è così?
Io credo che di teatrini gli italiani dovrebbero averne abbastanza guardando a quello quotidiano inscenato da Di Maio e Salvini. In particolare su una questione che è così rilevante come quella dei salari in Italia non servono schermaglie sui giornali, non serve utilizzare il tema per posizionarsi nel dibattito politico ma serve una discussione seria tesa ad arrivare a delle vere modifiche parlamentari e a un risultato. Chiaramente parliamo di un confronto in Parlamento, dove le leggi si scrivono.
C’è stata qualche proposta?
Finora non abbiamo visto da parte del Movimento 5 Stelle nessun interesse a confrontarsi nel merito di una proposta né in sede parlamentare né preparando la discussione parlamentare. Dopo che ogni notizia del giorno diventa il pretesto per un litigio e uscire nelle agenzie di giornata da parte di M5S e Lega, non penso sia il caso di accodarci a questo sistema creato per nascondere l’incapacità di risolvere i problemi del Paese. La questione dei salari per noi va affrontata, attendiamo però che si voglia farlo davvero senza strumentalizzazioni.
Qual è la proposta del Pd sul salario minimo?
Noi poniamo due questioni: uno, un aumento vero dei salari passa da un taglio del cuneo fiscale ossia togliere una parte del costo del lavoro che ricade su imprese e lavoratori. Su questo abbiamo cercato un confronto con la maggioranza già in altre occasioni: decreto dignità, legge di bilancio, def, non c’è stata nessuna apertura da parte della maggioranza. La sensazione che abbiamo è che non ci sia una reale volontà di agire sulla cosa più immediata che è il taglio del cuneo fiscale. La seconda tematica, che riguarda la concertazione aziendale, i premi aziendali, delle cose più “tecniche”, vanno discusse in Parlamento. Finché non vediamo delle proposte che fanno bene all’Italia è difficile dire che, in astratto, si può avere un accordo.
Questo fine settimana si sono tenute le elezioni in Spagna che hanno visto la vittoria del Partito socialista di Sanchez. Il suo programma, con aumento della patrimoniale sulle rendite superiori ai 10 milioni, aumento dell’Irpef per i più ricchi, tassa sulle transazioni finanziare, ha più un sapore grillino che democratico?
La prima grande differenza tra Sanchez e i grillini è che Sanchez è l’esponente di una formazione che ha una cultura di governo radicata. Il risultato rilevante di Sanchez è che stando al governo ha guadagnato 5 punti, che è l’opposto di quello che vediamo accadere per i grillini. I grillini sono promesse, chiacchiere, comunicazione, pochi fatti e quando ci sono sono dannosi. Sanchez è proprio il contrario: è un’azione di governo che stando al governo conquista. E poi c’è un altro tema, quello della riconciliazione nazionale.
Ci spieghi meglio.
La Spagna negli ultimi anni con la vicenda del separatismo catalano ha rischiato una divisione del Paese pericolosissima. Per questo uno dei due temi forti della campagna elettorale di Sanchez è stato il tema della riconciliazione con i catalani e di ripensare l’assetto complessivo dello Stato per mettere insieme senso di unità nazionale e richieste di una maggiore autonomia a livello locale. Questo è un passaggio importante, istituzionale nazionale e politico. Istituzionale perché si ripensano le istituzioni non per distruggerle ma per adeguarle a delle forme più contemporanee; nazionale perché Sanchez si fa carico di un senso di unità di tutto il Paese, e poi un passaggio politico perché a differenza dei nazional-populisti lui parla di riconciliazione, di unità, mentre i nazional-populisti prosperano nelle divisioni e le alimentano.
Questa vittoria dei socialisti spagnoli ha aperto anche il dibattito sui socialismo in Italia, come lei ha scritto su un post su Facebook. Ci spiega meglio?
In questa crisi di senso io credo che andare a riscoprire, per attualizzarle, alcune delle nostre radici non ci faccia male. Noi per troppo tempo siamo stati un partito solo di governo, che pensava che amministrare, governare, gestire, fosse la cosa che ci caratterizzava. Oggi abbiamo bisogno di mantenere questa cultura di governo, ma riscoprire anche il senso ideale di quello che facciamo, in che direzione vogliamo cambiare la società. Per farlo, riscoprire le radici della nostra cultura politica non può certo farci male. In tanti Paesi d’Europa i partiti socialisti – Portogallo, Spagna, Svezia, Finlandia – stanno vivendo una fase in cui dimostrano che si può resistere alle ondate di destra, quindi andare a riscoprire come si può essere socialisti oggi può essere un modo per ispirarci.
Come si può fare, senza cadere nei preconcetti e nelle semplificazioni?
Quando si parla di socialismo in Italia si pensa al periodo ’89-’94, la caduta della Prima Repubblica, le responsabilità – che ci sono state eh – de Partito socialista insieme agli altri partiti e poi si pensa alla declinazione più estrema della parola socialismo, Alexandria Ocaso Cortez, Jeremy Corbyn, Bernie Sanders. Non è solo questo essere socialisti: socialisti sono anche uomini con la cultura di governo come Sanchez, come Costa, che all’interno della loro azione di governo sanno cosa voglia dire essere solidali, umanitari e hanno un’idea di sviluppo del proprio Paese, sono europeisti. Ecco, guardare in questa direzione potrebbe essere un giusto punto di partenza.