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Roma capitale dell’intelligence anti-terrorismo

terrorismo, Manciulli, Cia

Ormai da qualche anno sappiamo che il pericolo si nasconde in casa, il pericolo dei radicalizzati sul web, di qualche esaltato che si lascia suggestionare da scenari apocalittici, di soggetti difficili da scovare se non seguendo il filo di un piccolo indizio o monitorando costantemente il mondo di Internet. In gran parte dell’Occidente si cerca di lavorare sulla prevenzione oltre che sulla repressione e l’Italia su questo ha molto da insegnare. Non che ciò limiti il problema dei combattenti di ritorno, i foreign fighters, ma sullo sfondo resta l’esigenza della deradicalizzazione che il Parlamento nella scorsa legislatura aveva provato a regolare con la legge Manciulli-Dambruoso approvata solo dalla Camera e che l’attuale Parlamento, invece, finora ha sbagliato a non considerare importante.

Per tutto questo si annuncia di grande interesse la conferenza internazionale “Bridg&” (Bringing Radicalized Individuals to Disengag&) promossa dal Governo e dall’intelligence italiana, in programma martedì 7 maggio a Roma e alla quale parteciperanno i rappresentanti delle principali agenzie di intelligence impegnate sul fenomeno della radicalizzazione, delle Forze armate e di polizia. Tra gli altri, il direttore generale del Dis, Gennaro Vecchione; il coordinatore del controterrorismo dell’Unione europea, Gilles de Kerchove; Lorenzo Vidino della George Washington University; Farhad Khosrokhavar dell’Observatoire de la radicalisation Maison des Sciences de L’Homme (Parigi); Fatima Sadiqi dell’Università di Fez; Miriam Estrin di Google; Augusto Zaccariello del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria; Claudio Galzerano, direttore del Servizio per il contrasto dell’estremismo e del terrorismo esterno della Polizia di prevenzione; Marco Rosi, comandante del Reparto antiterrorismo del Ros dei Carabinieri. La collaborazione internazionale c’è già, ovviamente, ma con questa conferenza si tende a migliorarla affinando strategie e scambi di informazioni.

Gli attentati compiuti negli ultimi anni in Europa (e anche quelli sventati) erano stati organizzati prevalentemente da soggetti che già vi abitavano e hanno dimostrato che si tratta di una minaccia più pericolosa perché più difficile da individuare, anche per la rapidità con cui filmati e chat nascoste sul web aiutano a raggiungere certi livelli di estremismo. Non è una novità ed è sufficiente ricordare l’ultima relazione dei Servizi segreti al Parlamento nella quale si scrive che in Italia “uno degli ambiti di maggior impegno è stato rappresentato dal fenomeno dei ‘radicalizzati in casa’, un bacino sempre più ampio e sfuggente che richiede una serrata attività di ricerca e monitoraggio volta a cogliere per tempo segnali anticipatori di possibili transizioni dalla radicalizzazione all’attivazione violenta. È in questa sensibilissima fase che si gioca una partita importante sul piano della prevenzione” che porta poi alle centinaia di espulsioni per motivi di sicurezza nazionale. Nella prevenzione, grande attenzione va riservata ai giovani: lo ricordò alcune settimane fa in un convegno l’ambasciatore del Marocco, Hassan Abouyoub, per il quale i minori immigrati vanno aiutati a integrarsi altrimenti “tra 15 anni saranno una bomba atomica”. Gli esperti che si confronteranno alla conferenza lo sanno meglio degli altri.



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