Che connessione c’è tra Ogm, inflazione e Tibet? La domanda è difficile e sembrerebbe una di quelle fatte apposta per trarre in inganno. Invece Bill Emmott è riuscito a trovare i fili che legano i tre. Lo spiega bene in un articolo pubblicato sul The Guardian e tradotto oggi sul Corriere della Sera.
Ebbene, come già la scorsa settimana si preannunciava poco prima del G7 di Washington a cui ha preso parte anche il nostro Mario Draghi, Cina e India rappresentano “fonte alternativa di crescita a sostegno dell’economia mondiale”. Finalmente Emmott espone come questi Paesi in via di sviluppo (Pvs) riuscirebbero a fare da cuscinetto nella caduta libera dei grandi giganti occidentali. Si parte da una considerazione: se “la crescita cinese e indiana contribuirà allo sviluppo globale, è necessario che queste due economia siano accoppiate, non sganciate”. Il Fondo monetario internazionale ha rassicurato che le due rimarranno a braccetto. Tuttavia anche queste sono state colpite dal “mostro” che stravolge i sogni globali: l’inflazione. Se negli anni ’80 la recessione che colpì l’Occidente danneggiò i Pvs perché questi sostanzialmente non erano altro che “importatori” e fruitori di prestiti delle banche occidentali, oggi la situazione è nettamente diversa. Molti di quei Paesi si sono trasformati “in fortissimi esportatori di capitali” e la loro esportazione non si concentra più solo ed esclusivamente a vantaggio degli Stati Uniti d’America. Emmott lo scrive esplicitamente: “La Cina esporta di più nell’Unione europea che negli Stati Uniti”.
Ma come fanno Cina e India a crescere in un momento in cui tutti retrocedono? La risposta è nei loro risparmi. Il flusso di capitale che esiste tra le due aiuterà lo scambio commerciale tra i Paesi più poveri e, cosa che ci coinvolge ancor più da vicino, “sosterrà la crescita globale”.
E allora cosa c’entrano Tibet e Ogm? “Le recenti ribellioni in Tibet – spiega Emmott – agitano il vessillo della religione e dell’autonomia, ma la miccia è stata accesa anche dal rancore per le disuguaglianza sociali ed economiche e l’inflazione, che sembrano favorire i colonizzatori cinesi a scapito dei tibetani”. Milton Friedman ha individuato l’origine dei mali in “un eccesso di liquidità in un momento in cui i beni scarseggiano”.
Ma non finisce qui. Ad aggravare la situazione già di per sé tutt’altro che rosea ci si mettono anche la scelta internazionale di usare biocarburanti al posto del petrolio e la resistenza agli Ogm. Questi due fattori porterebbero, infatti, a far impennare il prezzo del petrolio.
La conclusione di Emmott? Se non vorrà versare altro sangue, e non solo in Tibet, la Repubblica Popolare cinese, una volta concluse le Olimpiadi, dovrà pensare a come contenere l’inflazione “rivalutando la sua moneta e imponendo freni più efficaci all’espansione monetaria”. Con ciò si causerà “una crescita più lenta nei Paesi poveri”. Ma, dice Emmott, “una volta tanto non sarà colpa dell’America”.