La commissione elettorale
Per il momento, il vero risultato delle elezioni municipali di Istanbul è 7 a 4, ossia il verdetto dello Ysk l’Alta Commissione Elettorale che dà ragione al ricorso presentato dall’Akp il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo che governa il Paese dal 2002 e di fatto dà al presidente Recep Tayyip Erdogan una seconda, preziosissima opportunità per rimettere le mani sulla città più importante della Turchia moderna. Aveva perso Istanbul per poco più di 20mila voti lo scorso 31 marzo. Le elezioni amministrative nella megapoli sul Bosforo si ripeteranno il prossimo 23 giugno.
La decisione dello Ysk arriva dopo settimane di consultazioni fra l’organo centrale e le commissioni elettorali locali e dopo numerose pressioni da parte del partito islamico di maggioranza e da parte dello stesso presidente che, con buona pace dei richiami all’unità nazionale e alla conciliazione, ha più volte rilasciato dichiarazioni incendiarie con le quali metteva in dubbio l’affidabilità dei risultati.
La delusione del Partito repubblicano del Popolo
Grande delusione per il Chp, il Partito repubblicano del Popolo, principale voce dell’opposizione e che alle scorse elezioni ha fatto segnare un cospicuo aumento di preferenze oltre ad avere conquistato le prime tre città del Paese. Un successo davvero troppo schiacciante per un presidente che ha ormai nelle sue mani tutto il potere, ma gli sta venendo a mancare quello su cui ha costruito la sua ascesa politica, ossia la volontà popolare.
Ekrem Imamoglu, il candidato del Chp, ormai ex sindaco di Istanbul, Kemal Kilicdaroglu, capo dell’opposizione, e altri dirigenti si trovano in riunione. Fonti vicine al partito, interpellate da Formiche.net, hanno parlato di sentenza inaspettata e hanno anticipato che domani ad Ankara ci sarà una riunione di tutta la dirigenza. Si sta muovendo anche Imamoglu, aveva ricevuto le insegne della città il 17 aprile scorso, radunando qualche giorno dopo una folla oceanica sulla spianata di Yenikapi che di solito ospita i trionfi di Erdogan. Era un chiaro messaggio che, almeno nelle sue intenzioni, il clima nel Paese era cambiato. Ieri sera si è limitato a diffondere su Twitter un video in cui consumava la prima Iftar la cena che rompe il digiuno del Ramadan, invocando pace e serenità per Istanbul e per il mondo e spiegando che attendeva serenamente la decisione dello YSK.
Decisione che è arrivata, ma che di serenità ne porta davvero poca. Il verdetto potrebbe dare luogo a nuove tensioni. Già nelle scorse ore, per le strade di Istanbul è stato riscontrato un aumento della polizia in tenuta antisommossa e dei mezzi di sicurezza.
C’è poi il problema più grosso. Con questa decisione, sullo Ysk pesa in modo inequivocabile il dubbio che abbia perso la sua indipendenza, tanto più se si considera che i suoi membri vengono eletti dallo Hysk, il Cms turco, da tempo sotto controllo quasi totale della presidenza della Repubblica.
La Nato
Ci sono poi gli effetti collaterali che rendono quelli a venire mesi sulla carta molto poco tranquilli per la Mezzaluna. Dopo l’annuncio dello Ysk, il cambio della lira sul dollaro è crollato, arrivando a sfiorare le sei TL. Ci sono poi le tensioni internazionali, con il Segretario Generale della Nato, Jens Stoltenberg, che si è detto preoccupato per la decisione della Turchia di impiegare il sistema di difesa missilistico S-400, di fabbricazione russa, pensando alle sanzioni che potrebbero imporre gli Stati Uniti se Ankara dovesse andare avanti con questo piano. In una conferenza congiunta con il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, Stoltenberg ha chiarito che la Nato sta facendo il possibile per evitare la strada delle sanzioni. Ma gli attriti fra Erdogan e Trump non sono pochi e questa forzatura elettorale potrebbe contribuire ad aumentarli.