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L’Osservatore Romano spiega perché il papa è tornato nei balcani

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Per la terza volta dall’inizio del suo pontificato Papa Francesco è andato nei Balcani, l’area più dimenticata, instabile e povera del nostro continente europeo. Questo suo terzo viaggio balcanico, successivo a quelli compiuti a Sarajevo, dove per molti l’anima europea è morta ai tempi dell’assedio, e in Albania, dove ricchi fermenti di vita e intraprendenza si confrontano con un sistema che stenta ad assimilarli, lo ha portato in Bulgaria e nella Macedonia del nord, il Paese un tempo di Alessandro Magno e più recentemente di madre Teresa di Calcutta. Sembra strano che sia stato visitato solo oggi il luogo natio della Santa simbolo del cattolicesimo contemporaneo. Ma perché? Perché l’agenda del papa ha trovato spazio per questo terzo viaggio balcanico, per la casa di Madre Teresa, e per quella cittadina bulgara dove vivono i cattolici, modesto 1% di un Paese così modesto che nessuno lo ricorda? Perché dimenticarsene può essere esiziale, per chi lo patisce e per chi lo fa. Innanzitutto per loro, gli abitanti che di lì fuggono sempre più numerosi, e quelli che per stanchezza restano e non vedono che scegliendo le frontiere chiuse non fanno altro che rifiutare l’unico soccorso per non dimenticarsi anche di se stessi, nella più dolorosa delle solitudini.

Un destino che ci riguarda tutti e che il direttore dell’Osservatore Romano, Andrea Monda, in certo senso ha spiegato in modo molto chiaro, nell’editoriale che ha scritto per il suo giornale a poche ora dal viaggio del Papa di cui non molto si è scritto, presi magari da letterine tanto poco amorose quanto non significative di non noti accademici.

Attento alla sostanza continentale del messaggio di Bergoglio il direttore dell’Osservatore Romano lo ha colto soprattutto così: In questo viaggio in terre poste nel crocevia dell’Europa, luoghi di incontri e scontri tra le diverse anime, etnie e tradizioni, il Papa ha ricordato che questo continente è sempre stato (e lo è tuttora) posto di fronte a un bivio che non è geografico ma spirituale. Oggi la sfida è tra la sicurezza e la solidarietà, ma si tratta di una sfida antica. Lo ha ben colto il grande storico inglese Arnold Toynbee quando nel suo saggio-summa Il racconto dell’uomo, afferma che “l’uomo occidentale ha formalmente onorato, dal XIII secolo in poi, Francesco Bernardone, il santo che rinunciò a ereditare una ben avviata azienda familiare e fu ricompensato con le stigmate di Cristo per le sue nozze con la povertà. Ma l’esempio che ha seguito non è stato quello di san Francesco, ma quello del padre Pietro Bernardone, il ricco mercante di tessuti.”

C’è qui il cuore del messaggio ai tecnocrati rigoristi, che forse cominciano a capire il valore dei porti greci ora che si avvicinano i cinesi, come quello rivolto a noi che ci crediamo sicuri senza migranti dimenticando che le 100mila offerte di lavoro inevase riguardano la nostra economia, le nostre campagne, i nostri anziani genitori. Sicurezza? Solidarietà? Delegare il nostro fianco orientale al Cremlino è un calcolo fruttoso? Davvero ci renderà più sicuri? Davvero ci conviene? Ragionando così, non vedendo le nuove attenzioni russe a quelle terre e archiviando la cultura del mutuo soccorso, su quale solidarietà domani potremo contare? “Oggi- aggiunge Andrea Monda- nel cuore dell’Europa si aggira un Papa che ha scelto il nome di Francesco e pone all’uomo occidentale la domanda sulla direzione da intraprendere”.

Pensare una globalizzazione delle merci e delle materie prime che impedisce gli spostamenti umani al seguito sarà davvero sicuro anche per chi non è vittima di queste restrizioni? Il messaggio di Bergoglio da Sofia e Skopie potrebbe essere stato sottovalutato ma riguardava tutti noi europei. Senza la grandezza di Alessandro e la tenerezza di Teresa l’Europa rischia di smarrirsi pensando di mettersi al sicuro, come i bulgari che lasciano il loro Paese ma non vogliono che i migranti lo rivitalizzino, per essere sicuri che sarà solo loro, anche dopo essersene andati. Il bivio di cui ha scritto con eleganza il direttore dell’Osservatore Romano è qui, e per farcelo vedere il Papa è andata fino a Sofia e Skopie, perché, par di capire, se non lo si vede tutto non sarà possibile vederne parte.

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