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In Corea del Sud c’è l’inviato Usa e Kim lancia due nuovi missili (per avvisare Trump)

Dopo un test più limitato la scorsa settimana, oggi la Corea del Nord ha sparato due missili balistici a corto raggio in quella che sembra un’escalation della situazione collegata al sostanziale stallo dei negoziati sulla denuclearizzazione, che da circa un anno il presidente statunitense Donald Trump s’è intestato come pratica di politica estera personale (obiettivo: un deal, un accordo) arrivando fino al doppio faccia a faccia col satrapo Kim Jong-un.

I due missili sono stati lanciati dal nordest del paese, partiti da un’area vicino a Kusong, cittadina poco distante da Sino-ri, sede di un centro balistico del Nord. Hanno percorsa una traiettoria verso oriente; il primo ha viaggiato per circa trecento chilometri, il secondo poco più di duecento (mancano ancora verifiche quantitative, ma potrebbero essere caduti nel tratto di mare tra Giappone e Corea del Nord).

Le intelligence americane e sudcoreane sono al lavoro per raccogliere dati e informazioni con cui comprendere la tipologia di vettore, dice una nota diffusa da Seul (potrebbero essere simili a quello a combustibile solido, un Iskander russo modificato, che si è scoperto successivamente essere stato sparato in mezzo alla salva di proiettili di artiglieria che cinque giorni fa sono caduti sempre verso il Giappone).

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Come i lanci precedenti, questi di oggi non violerebbero la moratoria promossa dallo stesso Kim come impegno internazionale messo sui negoziati in corso, perché quella riguardava solo i missili a medio e lungo raggio, sebbene stavolta è stato lo stesso presidente sudcoreano, Moon Jae-in, a sottolineare che “non si può escludere” che il doppio test sia in violazione di risoluzioni Onu.

La dichiarazione di Moon ha un suo peso, e indica un certo nervosismo attorno al dossier. Il Palazzo Blu è stato il motore che ha dato lo scoppio iniziale alla fase negoziale che si prolunga senza troppa soddisfazione da oltre un anno (avviata quando Seul invitò una delegazione nordcoreana a partecipare alle cerimonie per le Olimpiadi invernali di Pyeongchang, dove poi i due team sfilarono sotto la bandiera di pace della Corea unita).

Moon, in diretta sulla KBS (la televisione pubblica), ha avvisato che “il ripetersi di questo genere di azioni può mettere a repentaglio gli sforzi per promuovere il dialogo e i negoziati”. Nelle stesse ore, in Corea del Sud c’era Stephen Biegun, inviato degli Stati Uniti per il dossier, che stava discutendo con il governo di Seul metodi per passare al Nord aiuti umanitari deviando legalmente il regime sanzionatorio ancora in atto.

La sovrapposizione temporale potrebbe non essere una coincidenza: Kim, con questo genere di manifestazioni muscolari, intende inviare messaggi. In questo caso, per esempio, potrebbe aver cercato di stressare la situazione per far capire che lui vuole qualcosa di più del supporto umanitario. Anche per Moon sui test potrebbe pesare una sorta di volontà di protesta contro lo stallo creatosi sui negoziati. Sarebbe, per il sudcoreano, una dimostrazione Kim-style che ancora il regime crede nei negoziati (sembra un’interpretazione ottimistica, per salvare il salvabile, dopo l’investimento di capitale politico che Moon ha fatto nella pace. Ndr).

Dopo l’ultimo incontro con Trump, infatti, il satrapo di Pyongyang ha dato una specie di ultimatum a Washington: o entro la fine dell’anno gli Stati Uniti si decideranno ad avviare l’eliminazione delle sanzioni anche senza la definitiva denuclearizzazione, oppure salta tutto. Nel frattempo Kim ha avuto contatti con Cina e Russia, due attori interni al dossier con l’idea di condurre una linea propria non necessariamente abbinata a quella americana, e ciò potrebbe avergli dato coraggio (copertura?) per questo genere di azioni.

Non è una casualità, infatti, che questi due test degli ultimi giorni, seguiti a un paio precedenti di marzo, siano i più seri da quando nel novembre 2017 Pyongyang testò l’ultimo missile balistico intercontinentale. Da lì, con l’avvio della fase negoziale, certi armamenti erano stati tenuti fermi come dimostrazione di buoni intenti.

Dopo il gesto di sabato scorso, Trump ha scritto su Twitter di continuare ad aver fiducia in Kim e di essere sicuro che il nordcoreano non sarebbe venuto meno agli impegni presi con lui. Però, “se nei negoziati tra Washington e Pyongyang si registrano pochi progressi nel prossimo futuro a medio-lungo termine, ci si aspetta di vedere l’inaugurazione di armi e capacità strategiche sempre più performanti” da parte del Nord, analizza un paper tecnico citato dal New York Times.


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