La “lectio magistralis” di Jorge Mario Bergoglio non richiede citazioni dotte o note a piè di pagina, indispensabili per indicare la propria erudizione, ma uno sguardo contemplativo sull’uomo che vive nella metropoli odierna, il prodotto cioè di una rara capacità non solo erudita ma soprattutto mistica, fraterna e psicologica. C’è stato il mistico con l’urgenza del fare a rendere incalzante e capace di interrogare ieri sera nelle parole pronunciate da Papa Francesco.
LA CHIESA DI FRANCESCO NELLA SUA LECTIO MAGISTRALIS
Parlava alla sua diocesi nella cattedrale di Roma, San Giovanni in Laterano, a tantissimi preti e laici. E ha preso le mosse dal “funzionalismo”, quella malattia che vuole rendere tutto funzionale, che vuole mettere tutto al posto suo, come se la Chiesa fosse un museo. E invece non lo è e per essere tenuta diversamente ha bisogno di squilibrio. Ha usato proprio la parola “squilibrato” Jorge Mario Bergoglio per riferirsi al Vangelo, al senso della predicazione e dell’azione cristiana, e quindi alla Chiesa che vuole essere tale, cioè di Cristo. Questa Chiesa tenterà di vivere quotidianamente le Beatitudini, non si ridurrà a mero distributore di sacramenti, andando alla ricerca della pecorella smarrita, non fermandosi a pettinare quelle che sono nell’ovile. Anche questa immagine, il pettinare quelle pecorelle che sono nell’ovile, è stata di una forza e di una capacità comunicativa e suggestiva rara, ma forse superata di lì a breve da quella dei maestri di liturgia che però spargendo l’incenso lo fanno incensando se stessi invece che Dio.
Il suo cristianesimo è totale, ma contagioso, perché sa che la forza del discorso delle Beatitudini arriva anche a chi non crede, e quindi è quella la forza che sa portare le radici cristiane a essere vive. Il discorso sulle radici lo ha portato a esaltare l’importanza odierna degli anziani: in un mondo dove il virtuale rischia di renderci privi di radicamenti, gli anziani diventano anche una risorsa fondamentale per rimanere connessi, ma alla linfa che ci dà vita dalle radici. Questo radicamento non ha dunque esaltato una stasi, un’immobilità, ma il flusso, lo scorrere della linfa, che ha sempre bisogno di cambiamenti, come Bergoglio ha saputo sollecitare a fare alla sua Chiesa, rendendo positiva la famosa indicazione del “Gattopardo”: bisogna cambiare tutto perché nulla cambi.
Se la Chiesa vuole rimanere di Cristo deve cambiare sempre, seguendo e leggendo i segni dei tempi, vivendo il cristianesimo e il Vangelo come un accompagnamento fedele all’uomo e al suo bisogno di discernimento, di accompagnamento, di un amico. Ecco allora che l’avviso di Francesco all’uomo di oggi sui populismi è divenuto fraterno, radicato in un servizio che non ha paura di dirci la verità: i populismi crescono seminando paura. Ecco la forza dello “squilibrio evangelico”. Se un prete sembra esagerare nel servizio ai poveri, tutti i poveri, qualcuno può andarsene, qualche altro protestare, ha detto il Papa, e il vescovo se non è coraggioso può esortarlo a un po’ di equilibrio: “ma lo Spirito Santo non conosce equilibrio.”
CASAL BRUCIATO? È UN PROBLEMA DI DISTANZA
La scelta di Francesco di indossare sempre e solo la tunica bianca è risultata ieri in tutta la sua forza ed efficacia quando il discorso critico di clericalismo e funzionalismo ha preso il largo per arrivare a indicare, con implicito riferimento al drammatico caso di Casal Bruciato, che “se voi mi dite che è un problema politico, che è un problema sociale, che è un problema culturale, un problema di lingua: sono cose secondarie. Il problema è un problema di distanza tra la mente e il cuore. Questo: è un problema di distanza”. Avrebbe potuto dirlo anche indossando stole, tiare, paramenti preziosi; ma sarebbe stato parimenti efficace, vero? Avrebbe dimostrato di volerci parlare con lo stesso disarmante candore del valore per tutti noi di quel che accade a quella famiglia solo per le sue origini? La famiglia Omerovic l’aveva incontrata proprio lì, a San Giovanni in Laterano, un incontro che altri protagonisti di questa pagina buia potrebbero aver desiderato ma non hanno avuto. Come i protagonisti dell’incontro desiderato ma non verificatosi, anche gli Omerovic sono arrivati scortati all’incontro con Papa Francesco. E hanno fatto sapere che il vescovo ausiliare competente li aveva visitati. Perché? Perché il discorso delle Beatitudini non distingue, non discrimina. Ovvio che questa Chiesa abiti con il cuore, seguendo un’ispirazione squilibrata e che non si porta nella città seguendo piani pastorali, ma ascoltando il grido della gente.