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Salvini invasore di campo scatena l’ironia di Di Maio. Ma sulle competenze non si gioca a Ping pong

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Dopo aver diminuito a sorpresa il numero degli immigrati irregolari in Italia da almeno 500mila a 90mila come se fino al 2015 non fosse arrivato nessuno, ora si passa il cerino della mancanza di accordi di riammissione al presidente del Consiglio e al ministro degli Esteri. La lettera che il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha scritto l’8 maggio a Giuseppe Conte e, solo per conoscenza, a Enzo Moavero Milanesi non fa una piega quando sollecita un “salto di qualità” nella politica estera italiana “nella sua collegialità” perché gli obiettivi in materia di immigrazione riguardano aspetti economici e di politica estera non di competenza del Viminale. Salvini quindi, dopo aver ricordato che nel 2019 i rimpatri superano gli arrivi e i provvedimenti di controllo delle frontiere marittime, sollecita meccanismi di “condizionalità vincolante nelle relazioni con i Paesi terzi, tanto a livello Ue che sul piano bilaterale”. La sintesi è: io ho fatto il possibile, ora tocca a voi.

REPLICHE TRA IRONIA E DIPLOMAZIA

Fonti del M5s hanno replicato che invece i rimpatri sono competenza del Viminale: in realtà, lo sono dal punto di vista operativo, ma se non ci sono accordi… Luigi Di Maio è andato oltre: ha rilanciato la palla all’omologo vicepresidente del Consiglio commentando che “non può sempre essere colpa degli altri” e dicendosi deluso perché nel Decreto sicurezza bis “non c’è nulla sui rimpatri”, il tutto con quel sorriso ironico che fa venire la bile a Salvini. Non solo: visto che c’è da lavorare sugli accordi internazionali, “allearsi con Viktor Orban è la cosa peggiore che si può fare”. E così i sovranisti sono sistemati. Più formale la risposta del ministro Moavero che in una lettera al titolare del Viminale condivide l’idea di una clausola da inserire negli accordi bilaterali per incentivare i rimpatri “utilizzando i fondi della cooperazione a favore degli Stati di origine dei migranti”. Se collabori, ti premiamo, ma servirebbero ben altri stanziamenti europei rispetto ai soli fondi italiani della cooperazione.

UNA LETTERA SCRITTA IN RITARDO

La lettera di Salvini non fa una piega, ma sarebbe stata molto più utile 11 mesi fa, subito dopo la nascita del governo Conte. Se l’esecutivo si fosse mosso subito in ambito europeo (pur con toni duri) sollecitando accordi che sono nell’interesse comune visto che nessuno Stato vuole gli irregolari, cioè i migranti economici, forse le novità sul tema migratorio sarebbero state condivise o, nel peggiore dei casi, Conte, Salvini e gli altri avrebbero potuto legittimamente spiegare agli elettori italiani che l’Europa non vuole aiutarci. Invece molti devono avere dimenticato l’esito del primo Consiglio europeo al quale partecipò Conte nel giugno 2018: il presidente al ritorno si disse vincitore perché nel documento finale fu inserito il concetto di solidarietà in tema di immigrazione mentre nello stesso documento i ricollocamenti in Europa divennero volontari e non più obbligatori (e pur essendo obbligatori non avevano superato i 12.700 anziché circa 40mila) e da quel momento un’eventuale modifica del Regolamento di Dublino potrà avvenire solo all’unanimità perché ciascuno Stato membro deve dare il proprio consenso. Fu una disfatta.

Quasi un anno dopo, con l’approssimarsi delle elezioni europee Salvini sa perfettamente che le promesse fatte non sono state rispettate. Nelle settimane scorse, citando i 1.400 posti disponibili entro ottobre nei Cpr, i Centri per i rimpatri, disse che “se non ho posti dove trattenere non posso espellere” e ora nei prossimi comizi potrebbe citare la lettera a Conte e Moavero come un espediente: non è colpa mia se non ci sono accordi di riammissione. Avrebbe ragione perché è il grande problema di questi anni e di tutti i governi, anche se nel contratto di governo si ipotizzavano centri in ogni regione, che neanche Marco Minniti riuscì a ottenere, e se per mesi Salvini ha parlato di contatti con i Paesi di provenienza (non la Tunisia, quelli dell’Africa profonda) di cui non si sa più niente.

INVASIONE DI CAMPO? “DECIDO IO”

Un altro evidente espediente pre-elettorale è la bozza del cosiddetto Decreto sicurezza bis nel quale si ipotizzano norme che, come minimo, dovrebbero essere concordate con i ministeri delle Infrastrutture, della Giustizia e della Difesa, tutti per coincidenza retti da esponenti del Movimento 5 stelle. Di Maio avrebbe voluto anche riferimenti ai rimpatri, così sarebbe stata invasa anche la competenza della Farnesina. Nella bozza si prevedono una sanzione fino a 5.500 euro per “ogni straniero trasportato” nel caso che i salvataggi in mare avvengano contravvenendo alle indicazioni dell’autorità Sar competente; la sospensione della licenza fino a un anno o la revoca della stessa nel caso di nave battente bandiera italiana (come la Mare Jonio di cui si chiede il sequestro); una modifica al Codice della navigazione attribuendo al ministro dell’Interno il potere di limitare o vietare il transito nelle acque territoriali per motivi di sicurezza; modifiche al Codice penale con inasprimento delle sanzioni e nuove circostanze aggravanti in diverse situazioni, anche a maggiore difesa dei pubblici ufficiali. Salvini ha spiegato che, essendo l’immigrazione “una questione di sicurezza nazionale”, la decisione “su chi entra e chi esce è mia” in qualità di autorità nazionale di Pubblica sicurezza. Comunque sia, è evidente che quel testo del decreto non sarà mai approvato dal Consiglio dei ministri sia nel merito che nel metodo e che avrebbe un occhio attento anche al Quirinale perché certe competenze non possono passare da un ministero all’altro come in una partita di ping pong.

SBARCHI E RIPARTIZIONI IN EUROPA

Con il bel tempo e con la crescente instabilità libica ricominciano gli sbarchi anche se i numeri sono molto più bassi dell’anno scorso. In poco più di 24 ore si sono registrati circa 140 arrivi a Lampedusa, l’intervento della Guardia di Finanza sulla Mare Jonio con richiesta di sequestro avanzata all’autorità giudiziaria, almeno 60 morti in un naufragio al largo della Tunisia. Con numeri oggettivi, Salvini replica alla cronaca ricordando che quest’anno sono sbarcate 1.009 persone rispetto alle 9.959 del 2018, che i rimpatri finora sono stati 2.301 e che sono molto calate anche le vittime: tra morti e dispersi 403 nel 2019, 2.300 nel 2018, 3.139 nel 2017, circa 5.500 nel 2016.

Il presidente Conte ha preso in mano rapidamente la situazione dei migranti salvati da Nave Cigala Fulgosi e poi trasferiti su Nave Stromboli della Marina militare trovando un accordo per redistribuirli con Malta, Francia, Lussemburgo e Germania. Ma anche se pochi rispetto all’anno scorso, gli altri già sbarcati e quelli che certamente arriveranno non potranno tutti immediatamente essere sistemati altrove. Il mantra del “non sbarcano e non sbarcheranno” ripetuto dal ministro dell’Interno nei mesi scorsi non può essere applicato nella realtà. Si continua così, giorno per giorno, usando di nuovo l’immigrazione per la campagna elettorale mentre, da un lato, di Libia si parla pochissimo e, dall’altro, militari e forze dell’ordine vengono strattonati a seconda delle convenienze.

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