Giorgia Meloni sarà la vera rivelazione di queste elezioni europee. A sostenerlo in una conversazione con Formiche.net è Alfredo Antoniozzi, candidato con la lista di Fratelli d’Italia per la circoscrizione centro, che nel suo passato ha una militanza nel Popolo delle libertà, in Forza Italia e nel Nuovo centrodestra nonché una lunga esperienza al Parlamento europeo all’interno della famiglia dei popolari europei. “La saldatura tra popolari e socialisti in Europa non ha prodotto niente di buono per il nostro Paese, ma solo nomenclatura”.
Come mai la scelta di candidarsi con Fratelli d’Italia?
Ho fatto la scelta di candidarmi, da indipendente, per le liste di Fratelli d’Italia perché abbiamo fatto un patto con Giorgia Meloni per costruire insieme, come me e tanti altri esponenti moderati, democratici, liberalpopolari in tutta Italia un soggetto politico di centrodestra che abbia una base più ampia. In considerazione del fatto che Forza Italia, perlomeno nei sondaggi ma comunque negli ultimi anni, è arretrata molto nel panorama politico, oggi si parla di 8, 9, 10%, è evidente che c’è un mondo moderato di espressione centrista che non trova più collocazione in Forza Italia e che non si sente rappresentato. Ecco perché con Giorgia Meloni abbiamo iniziato questo percorso e tanti altri – al sud l’onorevole Fitto, nelle isole altri esponenti moderati – si sono candidati in questa campagna elettorale perché le europee sono l’inizio del cantiere per la costruzione di un nuovo soggetto politico di centrodestra che possa dare casa ai milioni di italiani che si sentono smarriti e che in questa maniera trovano una collocazione più rispondente al loro pensiero.
Insomma, partire dall’Europa per arrivare a un possibile nuovo centrodestra unito anche in Italia…
Io credo che l’affermazione di questo progetto consentirà alla Lega di verificare che nel centrodestra ci sono le condizioni per una alleanza affidabile con un soggetto affidabile con il quale, magari, andare a elezioni politiche rompendo questo governo che a nostro avviso non è adeguato alle esigenze del Paese. A questo progetto guardano oramai migliaia e migliaia di amministratori, milioni di cittadini, quindi ritengo che il percorso che è iniziato da qualche tempo porterà dei grandi risultati e in questi risultati Giorgia Meloni, che è una donna molto in gamba che riscuote grande successo, potrà contare su una piattaforma ampia anche espressione del mondo popolare.
Negli scorsi giorni Silvio Berlusconi ha detto che “Giorgia Meloni ha paura di non superare il 4%”. Pensa che FdI riuscirà a oltrepassare la soglia di sbarramento?
Io capisco le esigenze di Forza Italia di smarcarsi da un tema molto delicato che è la sua possibile estinzione, però io credo che non solo sarà superato il 4%, ma credo che la vera novità di questa campagna elettorale sarà proprio Giorgia Meloni.
Lei ha una lunga esperienza in Europa, ma nella famiglia popolare. Adesso passa alla famiglia dei conservatori e riformisti. Cosa mancava al Ppe?
Ho militato nel gruppo popolare ma devo essere sincero, l’ho abbandonato proprio in virtù di alcune considerazioni. Intanto la saldatura tra popolari e socialisti in Europa non ha prodotto niente di buono per il nostro Paese. Diciamo che questa saldatura ha prodotto tante cariche, presidenza della Commissione, presidenza del Parlamento, varie presidenze di commissioni, insomma sotto il profilo della nomenclatura è sicuramente un’alleanza che ha giovato, sotto il profilo dei contenuti, invece, io credo che il Partito Popolare abbia un po’ smarrito il senso della propria nascita, della sua esistenza, a tutela di alcuni grandi valori che sono non negoziabili e che invece nell’abbraccio con i socialisti spesso sono stati sottovalutati se non traditi.
Il motto di Fratelli d’Italia per queste europee è “Cambiare tutto”. Proviamo a essere più specifici dando le tre priorità da cambiare nell’attuale Ue.
È chiaro che in uno slogan si cerca di includere con una battuta più argomenti, quindi ecco spiegato “Cambiare tutto”. Entrando nello specifico, invece, sotto il profilo economico-finanziario, ad esempio, la flessibilità e non la rigidità in campo economico per noi è fondamentale. Il fatto che non si possa superare il 3% è inadeguato per le esigenze di un Paese che invece deve investire se vuole avere un volano di occupazione e crescita, quindi la rigidità sul 3% va modificata. Vanno rivisti, come secondo aspetto, i parametri e gli accordi e i trattati sulle nuove migrazioni.
Cosa intende con “nuove migrazioni”?
Le nuove migrazioni degli ultimi anni hanno altre dinamiche che un tempo erano sconosciute. L’Europa nasce su trattati, ma l’evoluzione nel settore delle grandi migrazioni impone un cambiamento. Quello che accade oggi, insomma, non accadeva vent’anni fa e non se ne può non tenere conto. Vanno rivisti i sistemi di accoglienza, vanno rivisti i sistemi economici di supporto, va rivista complessivamente una politica sulle migrazioni che vede l’Italia come protagonista essendo l’avamposto dell’Europa nel Mediterraneo.
Da cosa si dovrebbe partire?
C’è da fare una politica in quei Paesi, ad esempio. Se da un lato si chiede il blocco di queste migrazioni, dall’altro però bisogna fare accordi con questi Paesi laddove riusciranno a bloccare i migranti.
Un po’ sul modello dell’accordo con la Turchia?
Ci vuole un nuovo rapporto con i Paesi del mondo africano, in virtù del quale l’Europa può assumersi l’onore di fare investimenti in quei Paesi, perché si attenui la necessità dei migranti, ma con l’impegno da parte di questi stessi Paesi che ci sia una lotta alla migrazione in virtù di questi investimenti che fanno sì che questa manodopera preziosa, laddove si attivino iniziative economiche. La fuga pura e semplice da quei Paesi pone un tema che poi diventa difficilmente rimediabile, ecco perché va rivisto tutto. Io credo che la prossima legislatura debba rappresentare il cantiere della nuova era delle migrazioni e del governo dell’Europa delle migrazioni.
Il terzo punto, invece, delle priorità da cambiare in Europa?
Il Made in Italy, il dato commerciale. Noi dobbiamo pretendere che l’Europa tuteli la filiera dei nostri prodotti. Una tutela forte di questo marchio è necessaria per evitare che la nostra economia e le nostre aziende abbiano delle ricadute negative derivanti ad esempio dalle contraffazioni, che oramai sono ovunque.