UNA CONTRO-INCHIESTA
Una contro-inchiesta per dare il colpo di grazia al Russiagate. Questo il piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che giovedì con un ordine esecutivo ha autorizzato il procuratore generale William Barr a de-classificare informazioni segrete sulla lunga inchiesta giudiziaria condotta dal procuratore speciale Robert Mueller per investigare sulla presunta collusione del team di Trump con il governo russo alle elezioni presidenziali del 2016. Collusione che, stando al resoconto diffuso da Barr un mese fa (ritenuto parziale e equivoco da Mueller) non è stata trovata, mentre il rapporto dell’ex direttore dell’Fbi lascia aperta l’ipotesi di ostruzione alla giustizia. Non è abbastanza per Trump. Il presidente ora vuole cavalcare l’onda scavando a fondo in quel che la Casa Bianca ufficialmente chiama “attività di sorveglianza durante le elezioni presidenziali del 2016”.
L’inchiesta a lungo auspicata da Trump e dai repubblicani è stata affidata da Barr al procuratore del Connecticut John Durham, avvocato nominato dal presidente con una lunga lista di investigazioni alle spalle sull’operato dell’intelligence e in particolare di Cia e Fbi. Era stato lo stesso Barr a delinearne i contorni durante una controversa audizione di aprile di fronte all’House Appropriations Committee in cui aveva annunciato di voler gettare luce sulla “genesi” del Russiagate puntando il dito contro “lo spionaggio di una campagna politica” da parte dell’Fbi.
L’ordine esecutivo firmato questo giovedì dal presidente permette a Barr di rendere pubbliche tutte le informazioni che ritiene necessarie sull’inchiesta del Federal Bureau. Per di più, ha ricordato alla stampa la portavoce Sarah Sanders, “il presidente ha dato istruzioni alla comunità di intelligence di cooperare in fretta e pienamente con l’inchiesta del procuratore generale”.
LA REAZIONE DI CAPITOL HILL
L’annuncio ha da subito infervorato Capitol Hill. Barr è stato già accusato dalle opposizioni per la sua parzialità quando ha diffuso un riassunto di quattro pagine dell’attesissimo rapporto Mueller che un po’ sbrigativamente accantonava le accuse di collusione e ostruzione alla giustizia. Lo stesso Mueller in una lettera privata aveva protestato con il procuratore per l’equivocità del resoconto, seguito il 18 aprile dalla pubblicazione del report integrale di 448 pagine.
A far discutere è soprattutto il modus operandi scelto dal presidente. Il protocollo vorrebbe infatti che fosse il direttore della National Intelligence Dan Coats a far le pulci all’operato dell’Fbi e delle altre agenzie dei servizi. Affidare a un outsider come Barr un compito così delicato suona come uno smacco al n.1 dell’intelligence Usa, con cui Trump non ha mai avuto buoni rapporti.
Il rischio, paventato da alti ufficiali dell’intelligence, è che Barr possa centellinare a suo piacimento le informazioni da declassificare per porre in cattiva luce l’Fbi. O peggio: mettere in pericolo l’incolumità delle fonti ancora operative sotto copertura in Russia. Durissime le reazioni. “È uno schiaffo in faccia al direttore della National Intelligence” dice l’ex procuratore generale dell’Fbi James Baker ai microfoni del Washington Post. Sulle colonne dello stesso quotidiano ci va giù duro Michael Morell, già condirettore della Cia sotto la presidenza di Barack Obama: “è l’ennesima distruzione delle regole che indebolisce la nostra comunità di intelligence”. Coats per il momento si è limitato a un comunicato dai toni diplomatici. Il n.1 degli 007 ha garantito la collaborazione dell’intelligence con il Dipartimento di Giustizia di Barr, ma ha anche lanciato un avvertimento: “sono fiducioso che il procuratore generale lavorerà nel rispetto degli standard consolidati per proteggere informazioni altamente classificate che, se pubblicate, metterebbero a rischio la nostra sicurezza nazionale”.
I DEMOCRATICI
La mossa di Trump ha messo sul piede di guerra i democratici. La speaker Nancy Pelosi, reduce da un feroce battibecco social con il presidente, denuncia un tentativo di “copertura”, mentre il direttore della Commissione Intelligence della Camera Adam Schiff parla di un gesto “antiamericano”. Gli occhi ora sono puntati sulla Commissione Giustizia. Lì, secondo quanto annunciato dal presidente dem Jerrold Nadler, Robert Mueller sarebbe pronto a testimoniare sul rapporto Russiagate. Un’eventualità a lungo scongiurata da Trump, che infine ha lasciato a Barr la facoltà di decidere. L’audizione sarà a porte chiuse. Il procuratore “non vuole ritrovarsi al centro di uno spettacolo politico – ha precisato Nadler, spiegando però che ci sarà un resoconto scritto, “il popolo americano deve sapere cosa ha da dire”.
(Foto: GQ)